5 settembre 2008

Retorica marziale e cambiamento, the Mack prende le distanze dal partito


Niente cattiverie nella nottata di Saint Paul. Non è roba per McCain. Ma un po' di furbizia sì. In un discorso molto retorico e indovinato, McCain completa il lavoro fatto dai suoi il giorno prima. Lui è il maverick, il cane sciolto. Il suo partito fa schifo? Otto anni di Bush sono un disastro? Che problema c'è? Il senatore dell'Arizona porterà il cambiamento a Washington, caccierà le lobbies, governerà a prescindere dalle appartenenze di partito e, naturalmente, difenderà la primazia degli Stati Uniti d'America.
"Il partito di Reagan e Roosevelt (Theodore), torna alle origini", ha detto, dopo aver criticato implicitamente i suoi. Con chi oltre a lui, che, e questo è un dato incontrovertibile, ha lavorato in maniera indipendente, spesso meglio con gli avversari che con i suoi? Qui in Minnesota non si sono viste facce nuove tranne una, quella della vice Palin, che non ha niente di nuovo, ma rappresenta anzi la parte peggiore della coalizione che sostiene il Grand Old Party. Certo, McCain è uno che fa da solo, ma questo, da un punto di vista razionale e del governo di un Paese come gli Stati Uniti, non è tranquillizante. Un Paese non è una squadriglia di aerei.
E poi, di nuovo, sulla sua storia personale, bella e terribile, che però non rende McCain uno pronto per comandare più di quanto quella di Obama non renda adatto lui. Può servire però a parlare agli elettori, a farsi conoscere, anche se per quello c'è già stata una giornata intera.
Il messaggio di cambiamento non era all'origi
e della campagna McCain, che ha saputo però riprenderlo e renderlo digeribile alla sua base. Programmi? Poco o niente, sappiamo che la sua presidenza farà tornare grande gli US of A ma è evidente che nemmeno lui sa come: a un certo punto si è infilato in una spiega sul fatto che c'è la globalizzazione e ci sono le nuove tecnologie imbarazzante. Non è roba per lui. E non sarà Sarah Palin a spiegargliele. Cosa vuol fare se presidente? Centrali nucleari, meno tasse che creeranno benessere - tremate disoccupati dell'Ohio, ve lo raccontano da otto lunghi anni - trivellazioni ("we are going to do it and we are going to do it now"), botte sull'Iran, la Russia. E poi qualche attacco non scorretto a Obama, che però caratterizza come un liberal anni 70.
McCain sarà un osso duro. Anche i suoi strateghi sanno fare il loro lavoro e l'impressione dalla serata di ieri, non da stasera, è che Karl Rove o qualche suo adepto ci abbiano messo lo zampino. Ma non nel discorso di oggi. Quella sembra farina del sacco di McCain.

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