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30 ottobre 2008

Avviso ai naviganti: non guardate i sondaggi nazionali, mi raccomando..

Qui il commento-video dove David Plouffe (il manager campaign di Obama) ricorda che si stanno svolgendo 14/15 corse elettorali differenti, non c'entra il consenso a livello nazionale. Plouffe è uno che va poco in tv, dategli un occhiata.

22 ottobre 2008

Ritagli del giorno

Qualche giorno fa Joe Biden dichiarò: "Carbone pulito? Non esiste un carbone del genere". Una posizione sensata, che Obama condivideva e McCain pure. Poi McCain cambiò opinione e prese a menare duro su Biden. Poi tutti cambiarono opinione. Come mai? Chiedetevi cosa c'è sotto i piedi della gente dell'Ohio, della Pennsylvania e della West Virginia, ricordate che sono Stati cruciali per guadagnare l'elettorato bianco e lavoratore e tirate le fila.
Cosa temono di più i manager di Cnn, Nbc, Cbs ed Abc? Che il giorno delle elezioni finisca tutto presto. Che uno o l'altro candidato abbia vinto mentre in California si sta ancora votando. Che fare se dai dati degli exit polls degli Stati che stanno votando e dai voti contati sulla costa est emerge chiaramente che c'è un candidato che ha vinto? Dire quello che sta succedendo? Aspettare? Gli ascolti scenderebbero se tutto si sapesse subito. Il dubbio resterà e probabilmente i diversi gruppi troveranno un accordo. Una ipotesi come questa non era prevista: di solito i democratici vincono al nord della costa est e perdono il Sud. Il problema è che quest'anno Obama è in vantaggio in Florida, North Carolina e Virginia. Se prendesse quei tre, gli basterebbe molto poco altro. Le Tv incrociano le dita perché resti qualche dubbio fino alle dieci ora di New York.
E per finire, i casini elettorali proseguono. il Pew research center pubblica un rapporto che spiega che tra l'aumento degli iscritti al voto, la probabile alta partecipazione e i disordini non risolti dopo il 2000 e il 2004, i rischi che il giorno del voto sia un disastro sono tutt'altro che remoti. Il rapporto ha come sottotitolo più o meno: "E che succede se convochiamo le elezioni e poi si presentano tutti?". Questa è la pagina elettorale del Pew, non c'è il link diretto al rapporto, cercatelo sulla pagina, è l'electoral preview

13 ottobre 2008

Un piano per la crisi (e un po' di sobrietà)

Uno dei punti deboli di Obama e McCain nei dibatti è stata la vaghezza sulle risposte da dare al precipitare della crisi economica. Il repubblicano aveva annunciato un pacchetto di proposte, ora dice di aspettare ancora qualche giorno (forse mercoledì durante il dibattito). In compenso ha spiegato di sapere di essere indietro ed aggiuto di essere pronto a combattere. Obama ha invece detto qualcosa nell'Ohio in crisi. Tagli alle tasse per le imprese che assumono, credito alle piccole imprese, ricontrattazione dei mutui, moratoria di nove mesi per il riscatto delle case da parte delle banche. A Toledo, Obama è stato abbastanza populista (My plan is made of four letters: J-O-B-S, ha detto) ma anche ispirato. Dopo aver illustrato il piano ha parlato del futuro: basta spendere a credito, basta indebitarsi, usciti dalla crisi, gli americani dovranno reimparare a risparmiare. “Non tutti si indebitano perché scelgono di farlo, ma abbiamo visto cosa vuol dire per il Paese vivere così". Non basterà Obama a cambiare un'abitudine radicata nella società americana, ma che ne cominci a parlare è confortante. Un po' di finanza in meno e un po' di ambiente in più non sono un brutto programma. Qui il video del discorso di Obama a Toledo, alla stessa pagina anche il comizio di McCain.

12 ottobre 2008

Pennsylvania on their mind

Oggi e domani sono i giorni della Pennsylvania. Oggi quattro rapidi stop, quartiere per quartiere, per Obama a Philadelphia. Domani (domenica) si confrontano McCain-Palin da una parte, Hill&Bill più Joe dall'altra. Lo Stato sembra in mani democratiche, qui vinse anche Kerry. La discesa della coppia reale accanto a Biden suonano come uno sforzo finale di imbarcare i lavoratori bianchi del midwest. Clinton (Bill) andrà anche in Ohio nei prossimi giorni. Ieri il governatore Rendell, che ha sostenuto Hillary fino alla fine, ha detto che a Obama serve un'enorme partecipazione al voto per prendesi lo Stato. Sembra esagerato. Quello a cui stiamo assistendo, però, è il tentativo democratico di farla finita con i Reagan democrats, quei lavoratori bianchi in difficoltà che da trent'anni scelgono di votare su questioni identitarie, morali e contro i loro interessi. A meno di sorprese clamorose, colpi di scena, inettitudine totale dei sondaggisti e di chi segue il processo elettorale (compresi noi), l'ultima questione da risolvere per Obama è questa. Se ci riuscisse con dei numeri consistenti, se portasse a casa molti voti di maschi bianchi - più di quelli che gli bastano per vincere - per i repubblicani comincerebbe un calvario. Dovrebbero reinventare una coalizione vincente. Domani vedremo i Clinton e parleremo con qualche esemplare bianco della Pennsylvania. Vi sapremo dire.

6 ottobre 2008

Volano palate di fango

La controffensiva di Obama è da repubblicani. Dopo Palin che parla di legami con il terrorismo, ecco il sito sulla vicenda Keating, vecchio scandalo finanziario che lega il nome di John McCain a quello di Charles Keating, un magnate americano condannato per frode. La campagna Obama è tornata all'attacco inviando milioni di e-mail ai suoi sostenitori in cui si rimanda a questo video di 13 minuti. Lo scandalo risale al 1989-91, quando, in seguito alle spregiudicate scelte del presidente Keating, il californiano Lincoln savings & loans, uno dei più importanti e rispettati istituti di credito, finì in un colossale buco nero di insolvenza verso i propri clienti. Cinque senatori in carica, tra cui McCain, furono oggetto di un'inchiesta del Senato per interventi a favore di Keating. Domani il dibattito.

5 ottobre 2008

Obama previene le pizze di fango (con gli attacchi)

E' l'unica carta forte rimasta per modificare l'andamento dei sondaggi (a meno di colpi di scena incredibili e tenendo conto che dei sondaggi no ci si deve fidare nemmeno adesso). Sono gli attacchi personali, il reverendo Wright, i weathermen, Barack Osama, l'aborto, i fucili, la paura. Gli americani ci hanno creduto nel 2004, scossi dall'11 settembre e, ingenui come sono, rimbambiti dal complotto neocon (complotto perché ha demolito pezzi della democrazia americana, non perché non ci piace). E allora, la campagna Obama goes on the offensive e produce uno spot che sostiene più o meno “Stanno messi così male che mi collegano ai terroristi". Lo staff, dice Politico, che ha l'esclusiva di questa notizia, chiama questa mossa political jujitsu. Nelle arti marziali si vince usando l'aggressività degli avversari. Un po' come da noi, quando i leghisti si insultano con i dipietristi. Stessa eleganza.

3 ottobre 2008

Numeri veri: i democratici avanti nella registrazione al voto negli swing states

La dinamica narrativa di questa campagna elettorale è chiara: prima la Palin e il rilancio dei repubblicani nel periodo subito successivo alla Convention, poi il prevalere dei temi economici per la crisi finanziaria più grave della storia degli Stati uniti dai tempi della Grande Depressione. Questi ultimi hanno assunto un’enorme importanza e hanno sospinto Obama molto in alto nei sondaggi.

Però è il caso di parlare di numeri reali, in modo da restare con i piedi per terra: per ora i democratici stravincono nella corsa alla registrazione elettorale (qui un altro nostro post che lo segnalava). Nell’articolo utile e molto dettagliato di Rhodes Crook su Crystal Ball alcuni numeri: al momento i democratici hanno registrato (nei 29 stati laddove la registrazione avviene dichiarando l’affiliazione di partito) 1 milione e 300 mila nuovi potenziali elettori rispetto al 2004; i repubblicani ne hanno persi 800 mila. E la registrazione è andata particolarmente bene in alcuni stati chiave: in Iowa, per esempio, Bush nel 2004 ha vinto le elezioni per soli 10 mila voti, avendo dalla sua un vantaggio in termini di elettori registrati di 4 mila individui; a oggi i democratici hanno registrato 100 mila elettori in più dei repubblicani, e sono molto avanti nei sondaggi. In Colorado i repubblicani sono ancora avanti (sempre in termini di registrazioni) ma di poco: lì i democratici hanno recuperato molto, ma gli elettori registrati come indipendenti sono la vera maggioranza.

29 settembre 2008

Che s'ha da fa pe' campa..

Sabato 27 settembre era la giornata nazionale della Caccia e della pesca. E quindi si promettono mari e monti anche a cacciatori e pescatori: ecco come Obama dimostra la sua sensibilità riguardo il tema.

“Hunting and fishing are not just recreational pursuits, they are part of our national heritage. America’s hunters and anglers uphold a tradition that connects generations and brings families and friends together across our great nation. Today, we celebrate this tradition and the conservation legacy of hunters and anglers.

“National Hunting and Fishing Day is a time to reaffirm our commitment to America’s sportsmen. As President, I will protect the right to bear arms, increase access to places to hunt and fish, take on polluters and clean up our streams and lakes, and protect our nation’s important wildlife habitat and wetlands. I will enhance programs that encourage young people to hunt and fish and respect and protect the outdoors.

“Our nation’s sportsmen have made sure that this and future generations can enjoy our natural resources and wildlife. As President, I will stand with them and ensure that America’s hunting and fishing heritage endures.”

26 settembre 2008

Alta tensione: bailout e primo dibattito appesi a un filo

Nella notte americana è saltato l'accordo sul pacchetto di salvataggio per Wall street. La maggior responsabilità, sembra di capire, è dei repubblicani. Il pacchetto Paulson, che non è un bel pacchetto, pone più problemi a loro. Sarà un'amministrazione repubblicana a spendere soldi a palate, creando un precedente e rompendo con l'ideologia (ipocrita quando si guardano i conti lasciati da Reagan e Bush) dei conservatori. Il piano Paulson è brutto perché concede potere discrezionale al Tesoro, perché salva coloro che hanno prodotto la crisi e perché è un tentativo di tornare, per quanto possibile, alla situazione preesistente. Un tentativo di Pelosi e Frank democratico di spostarlo troppo, diciamo a sinistra, lo farebbe saltare (su questo i dem hanno posizioni diverse, perderebbero qualche voto e in Senato non possono). Ora il G.O.P. ha presentato una controproposta targata McCain. Così costringerebbero i dem a votare con Bush, prendendo loro le distanze. Le cronache narrano di una notte di urla al Congresso e alla casa Bianca.
Sullo sfondo ci sono le presidenziali. Questo atteggiamento repubblicano si spiega con la necessità di distanziarsi da Bush, non farsi dire dall'elettorato fedele che spendono e far prendere la responsabilità del pacchetto Paulson ai democratici. Se non funzionasse potranno accusare, se funzionasse, Paulson è dei loro e loro non hanno speso. Ancora in forse il dibattito - che si farà - anche questo un segnale delle difficoltà repubblicane, ampiamente registrate dai sondaggi. McCain prova a buttarla in caciara. Il Weekly standard, organo della destra, spiega che la sua è una mossa presidenziale. Ma dopo la figura fatta con David Letterman (vedi il video qua sotto), l'atteggiamento del senatore è poco credibile. Più tardi aggiornamenti e una qualche rassegna degli articoli sul web.

Come ti salta l'accordo

La paura fa 90. Il teatro di ieri (raccontato qui sotto) non ha funzionato. Un blocco di repubblicani non vuole l'accordo, anche molti democratici sono scontenti (se volete leggere una critica al piano di salvataggio proposto da Paulson, ecco il blog di Robert Reich). I democratici non si assumono da soli l'onere di appoggiare il piano di Paulson, per quanto emendato dalla mediazione del Senato, e cercano di cambiare alcuni elementi di contenuto e di dare al Congresso un potere di controllo dell'operato dell'esecutivo (sul Washington Post una ricostruzione delle diverse posizioni. Per inciso, come in Iraq, il modello della soluzione per l'amministrazione Bush è sempre la stesso: la situazione è gravissima, datemi carta bianca).

In sostanza, il piano Paulson era il seguente: prendo 700 miliardi di dollari dai contribuenti americani, il li giro a Wall Street (come mi pare: il piano è lungo tre pagine) perché aggiustino le cose e poi incrociamo le dita. Nelle ricostruzioni giornalistiche pare che McCain fosse più contro che a favore dell'accordo, comunque non ha parlato; i democratici non vogliono restare con il cerino in mano, cioé a difendere un piano impopolare nel quale sono loro e il presidente contro un gruppo di repubblicani. Quanti guai e quanto è seria la situazione.

Come ti incastro il giovanotto

Quella foto non va bene. Ancora teatro: siccome ci sono guai grossi, i grandi invitano il giovanotto a partecipare alla loro discussione, lì nell'angolino. Il vecchio zio dall'altra parte in fondo è già a casa sua, gli occhi sono comunque sul ragazzo. E' un momento di una difficoltà enorme: bisogna sbrigarsi a trovare una soluzione - almeno provvisoria - prima che il Congresso si fermi per le elezioni; bisogna (per un presidente repubblicano) far dimenticare che il candidato del suo partito ha assunto come consiglieri alcuni responsabili di questa crisi (non è retorica, è proprio così).

E quindi tutti allo stesso tavolo, il ragazzino e il nonno che addirittura è corso a casa perché c'era bisogno di lui (qui il racconto del Washington Post che spiega l'irrilevanza di John McCain nella discussione di ieri al Senato attraverso la quale si è cercato l'accordo sul bailout: o forse McCain non vuole l'accordo, chissà). Obama, lì in mezzo, ha solo da perdere. Prima la campagna elettorale, prima vincere.

Ci sarà tempo (se si vuole, se ha senso) per essere magnanimi con questa piccola gente che sta facendo i bagagli lì alla Casa bianca. Non bastavano i leader democratici del Congresso per andare nella villetta di Bush? Obama è troppo attento ai simboli per non capire che in certi momenti apparire vicino a Bush è peggio che stare accanto al reverendo Wright.

E leggete qui un articolo apparso su Politico sul processo di normalizzazione dei candidati: da "diversi" a "John Kerry II e George W. Bush III".

25 settembre 2008

Candidati in fuga/2

La reazione di David Latterman all'annuncio di che John McCain non avrebbe partecipato al suo programma per dedicarsi ai problemi dell'economia. Molto divertente.

Candidati in fuga/1

McCain fugge. Punto. Il suo ritorno al Senato non comporta nulla di importante: è Chris Dodd, Chairman del Senate Banking Committee, ad avere ora il pallino in mano. McCain starebbe lì al Senato ad aspettare la proposta di legge di Dodd: se vuole proporre degli emendamenti lo può fare anche dal Mississippi, dove avrebbe dovuto incontrare Barack Obama nel primo faccia a faccia presidenziale. Più importante, per un candidato presidenziale, spiegare al paese come risolverebbe quei problemi una volta in carica. Se non fosse stato candidato, da senatore McCain in questa vicenda avrebbe avuto un ruolo secondario: ecco perché il suo ritorno a Washington suona ridicolo.

Come giustamente mette in evidenza Electoral-vote.com (la sua ricostruzione della giornata di oggi è perfetta), l'interruzione della campagna elettorale per dedicarsi ai problemi dell'economia è solo un colpo di teatro: in più gli permette di risparmiare soldi (si parla comunque molto di lui, ma non spende per gli spot elettorali previsti in questi giorni). E s Obama si presentasse lo stesso al dibattito? Come si comporterebbe la Commissione sui dibattiti?

Quando il gioco si fa duro.. si gioca in pochi campi

Prima di tornare sull'unico, vero grande tema di questa fine di campagna elettorale (la crisi e il crollo di Wall Street) una nota importante: in passato avevamo accennato all'ambiziosa strategia dei 50 stati di Obama, che richiamava quella del presidente del partito democratico Howard Dean.

Una strategia per competere in tutti gli stati, anche quelli dove i democratici sono naturalmente perdenti, con diversi obiettivi: impegnare i repubblicani su più fronti, avendo dalla propria più soldi, volontari, entusiasmo; guardare al futuro, a un partito più "compatto", più omogeneo nel messaggio e nell'identità in tutti gli stati; rafforzarsi dove i trend demografici mostrano grandi potenzialità per il partito democratico, come accade nell'ovest. Più in generale si trattava una strategia di rafforzamento "dell'apparato di partito democratico" (gli americani non userebbero mai un espressione del genere), non condivisa da tutti: una parte crede che risorse ed energie vadano utilizzate in pochi e strategici collegi elettorali che tradizionalmente garantiscono la vittoria in uno stato. Con l'avvicinarsi del 4 novembre si torna a questo approccio.

La notizia di un paio di giorno fa è che lo staff elettorale di Obama lasciava il Nord Dakota per spostarsi altrove, dandolo per perso dopo averci provato; osservando gli spostamenti di truppe e gli investimenti nella campagna elettorale (gli indicatori migliori della strategia elettorale di un candidato) si intuisce che nel prossimo mese e mezzo la campagna si concentrerà su: Michigan, Pennsylvania, New Hampshire, Virginia, North Carolina, Florida, forse la Georgia, ovviamente l'Ohio, Colorado, New Mexico e Nevada. Comunque non sono pochi gli stati nei quali si sceglie di giocare, ma ormai il dado è tratto. La strategia dei 50 stati, però, pagherà soprattutto al Congresso.

24 settembre 2008

Aiuto, Obama ci toglie la pistola. La Nra scende in campo

Ecco uno degli spot pagati dalla National rifle association. In questo parla un veterano, poi c'è il cacciatore della Pennsylvania e quello della Virginia. Se volete vederli tutti, andate pure sulla pagina NRA di Youtube. Buon divertimento (si fa per dire)

16 settembre 2008

La crisi finanziaria, il voto e il populismo americano

In questo bell'articolo Dionne ricorda che da circa un secolo le campagne elettorali si vincono utilizzando l'arma del populismo culturale; i democratici attaccano l'élite economica e i repubblicani i liberal delle università e di Hollywood. La scelta di Sarah Palin ha rafforzato la solita immagine repubblicana: il popolo vero dell'America contro i saputelli di Harvard che usano il governo per applicare le loro teorie astruse. Anzi, l'inesperienza è il vantaggio della Palin, perché è incorrotta, una ragazza pura che non conosce i trucchetti di Washington, esattamente come tanti milioni di americani. Dionne, insieme ad altri, sostiene che questa storia (in grado di spostare il tema del "change" dal campo di Obama a quello di McCain - i repubblicani evidentemente sono ancora i più bravi a inventare le sceneggiature per il pubblico elettorale) potrebbe finire con la crisi di Wall Street, così grande da riportare la realtà nel dibattito elettorale.

Ieri McCain (che adesso guida il gioco) è andato bene e male allo stesso tempo: bene perché è stato il più veloce ad attaccare le lobby corrotte di Wall Street (guardate assolutamente questo spot nel quale appare il palazzo della Lehman), male perché ha raccontato che "i fondamentali dell'economia vanno bene", e per gli elettori i fondamentali sono il loro portafogli, che è assai più vuoto di prima. Secondo Gaggi, sul Corriere di oggi, la velocità di McCain nell'attaccare Wall Street rafforza la sua immagine di repubblicano "diverso"; è l'occasione per presentarsi ancora una volta come Maverick, anche se i democratici dovrebbero trovarsi più a loro agio sui temi economici. Nei sondaggi McCain va ancora molto bene, ma sono precedenti al fallimento della Lehman (qui un altro link, a un articolo di Balz, sul ritorno dell'economia come tema principale della campagna elettorale).

10 settembre 2008

Amenità elettorali/2

Esistono solo due stati nei quali il sistema "winner takes all" non si applica, il Maine e il Nebraska. I voti elettorali di questi due stati (rispettivamente 4 e 5) possono essere divisi tra più partiti, anche se questo nella pratica non è mai accaduto. C'è uno scenario nel quale potrebbe essere importante provare a conquistare almeno uno dei 5 voti elettorali del Nebraska, ovvero se le elezioni si concludessero in pareggio (269 a 269). Può accadere se Obama conquista esattamente gli stessi stati di Kerry più Iowa, New Mexico e Nevada (scenario possibile). Per questo i democratici hanno aperto un ufficio elettorale a Omaha, la città più multiculturale del Nebraska. Sai mai..

Amenità elettorali

Negli Stati uniti votare a volte è complicato. Le organizzazioni a difesa dei diritti civili hanno spesso denunciato i trucchi attraverso i quali le minoranze vengono disincentivate ad andare al voto nel giorno delle elezioni (per esempio, la collocazione di poche macchine per il voto nei quartieri più popolari).

Civil rights groups fear that an unprecedented minority voter turnout due to Democratic presidential nominee Barack Obama might be countered by efforts to intimidate or otherwise block people who seek to cast their ballots.

Ieri 42 associazioni hanno incontrato il Segretario alla giustizia per ottenere rassicurazioni (anche se i suoi poteri in materia sono limitati) rispetto al corretto svolgimento delle operazioni di voto nei quartieri più "a rischio". Ecco il link all'articolo dell'Associated Press che racconta dell'incontro di ieri.

8 settembre 2008

Ancora Virginia e sondaggi

Qui accanto c'è una mappa elettorale con i dati stato per stato. E' aggiornato ogni giorno. Non riprende i sondaggi nazionali. Nei quali, oggi, McCain supera Obama per la prima volta. Presto per dire se è l'effetto convention, quello Palin o una tendenza destinata a durare. Vedremo tra una settimana se c'è da preoccuparsi - il GOP che abbiamo visto a Minneapolis era vecchio, di destra e senza idee, non sarebbe un bene trovarselo di nuovo al potere. In Virginia la registrazione è andata così, a livello nazionale, invece, ci sono 2 milioni di democratici in più e 340mila repubblicani in meno rispetto al 2004.

E poi ci sono queste cose..

Altro che Sarah Palin o le folle da stadio di Denver. Le battaglie elettorali si vincono, soprattutto, con la bassa cucina e l'organizzazione. Mentre in Ohio si cambia la legge per la registrazione al voto allo scopo di favorire la partecipazione (e quindi i democratici, in questo caso, che nel 2004 persero lo stato per 100 mila voti), in Virginia (altro stato in bilico) si discute sulla registrazione al voto degli studenti che risiedono nel loro campus: i democratici li stanno registrando in massa, ma è in corso una battaglia sull'interpretazione della legge che permetterebbe di farlo (alcuni pensano che i ragazzi dovrebbero tornare a votare a casa nello stato dei genitori, altri no). Tra poco il Board of Election della Virginia farà conoscere le nuove guide linea sulla questione: la penna che le scriverà sarà democratica o repubblicana?