29 febbraio 2008

Ohio/2 - Fango e Nafta

Su Talking Points Memo trovate una nuova polemica al veleno: un membro dello staff di Obama avrebbe confessato al consolato canadese di Chicago che gli attacchi del senatore al Nafta sono solo chiacchere elettorali, non c'è bisogno di preoccuparsi. Obama nega. E anche secondo David Leonhart del New York Times nessun candidato democratico avrebbe posizioni veramente radicali sul Nafta. La rabbia degli elettori, invece, sarebbe genuina.

Ohio/1 - Il paradigma delle nuove paure

In Ohio è stato inventato l'aeroplano, grazie ai fratelli Wright. Ed è uno stato decisivo per le presidenziali di novembre (vedi la nostra scheda sull'Ohio). Oggi lo è anche per le primarie: se la Clinton perdesse si dovrebbe ritirare dalla competizione. Qui si combatte per guadagnarsi il fardello elettorale dell'uomo bianco - inteso come elettore democratico maschio e lavoratore. Nel 2004 anche in Ohio si era votato sul tema della sicurezza, e Bush aveva vinto. Oggi in agenda troviamo gli oltre 200 mila posti di lavoro persi e la paura del futuro; sotto accusa la dislocazione degli impianti industriali e le regole del commercio internazionale.

Come riportato più volte da America2008, molti temono il ritorno del populismo e del protezionismo; oggi tocca ancora all'Economist. Grazie ai politici populisti i democratici avevano vinto il governatorato e un seggio senatoriale - quello di Sherrod Brown - nel 2006, quando la gerarchia delle paure era già mutata (leggi qui un reportage dall'Ohio proprio di due anni fa che racconta il cambiamento).

Mamma, il mercato! Alle primarie la paura fa 90

Per ora rimandiamo a dopo le analisi a proposito delle "fasi". Avremo tempo per approfondire questo punto: se siamo, o non siamo, alla crisi conclamata e definitiva del liberismo senza "se" e senza "ma", nonché alla fine di una stagione culturale e politica durata all'incirca un trentennio. I segni ci sono: il Washington consensus è morto, il rapporto tra mercato e politica muta, a livello globale, anche a causa della crisi attuale del credito. Per gli Usa la notizia sarebbe duplice: si seppellisce il reaganismo in economia e in politica. Il tramonto del conservatorismo assertivo della moralità e del libero mercato, quasi che la scomparsa di William Buckley coincidesse con la crisi delle sue idee.

Ben Bernanke, il presidente della Fed, è uno studioso della Grande Depressione e della crisi giapponese degli anni '90, e sembra essere un convinto sostenitore dell'aumento dell'offerta di denaro facile quando l'economia è in crisi. Sta garantendo liquidità, e le ragioni sembrano essere più psicologiche che economiche. Per molti anni a venire l'economia americana rischia di avere tassi di crescita molto bassi, a essere ottimisti: é una società dove oggi non si può più spendere come pare e piace e le famiglie combatteranno con i denti per rinegoziare mutui e debiti; di questo dovrà occuparsene lo stato più del mercato. Sotto la lente delle primarie tutto sembra ingigantirsi: è l'effetto del voto di martedì in Ohio, uno degli stati dove la crisi dell'economia (quella reale) si è fatta sentire di più. L'economia che fa paura è il tema di queste primarie.

28 febbraio 2008

Un americano su cento vive in carcere

Spesso si parla dei dati sulla disoccu- pazione americana. Quando non c'è la recessione la percentuale di americani che non lavorano è bassa. Altrettanto spesso si polemizza sul metodo di rilevazione (negli Usa basta lavorare qualche ora a settimana per non essere registrati come disoccupati). Quello che non si tiene mai da conto è la quantità di gente che vive dietro le sbarre. Un rapporto pubblicato dal Pew research institute ci dice che in galera c'è un americano adulto su cento: 1,6 milioni nei carceri federali, 723mila nelle prigioni locali. Naturalmente (guardate l'intervista a Jeffrey Stonecash su questo blog) non tutti gli americani sono uguali: un ispanico su 36 vive in cella e un afroamericano su 15 (uno su 9 nel caso della fascia d'età tra i 20 e i 34 anni). Come ha dichiarato Susan Urhan, direttrice del programma del Pew che ha redatto la ricerca, "l'alto tasso di carcerazione non sta ottenendo risultati sul livello di sicurezza". Ma il tasso di disoccupazione si riduce dell'uno per cento.

Buckley contro Chomsky

Ecco il video dello storico confronto tra il pacifista Chomsky e il conservatore Buckley

La morte del padre del conservatorismo Usa


È morto ad 82 anni William Buckley, il poliedrico e sofisticato polemista che è riuscito a "portare il pensiero conservatore al centro del discorso politico americano". Così il New York Times ricorda il fondatore della rivista, considerata una sorta di Bibbia per la destra americana intellettuale, National Review (sul sito troverete un dossier e diversi obiuaries). Ma fu con il programma televisivo "Firing line", condotto dal 1966, e per 33 anni, che Buckley conquistò una grande popolarità. Si trattava di una serie di faccia a faccia, alcuni diventati celebri come quello del 1969 con Noam Chomsky dal titolo "Il Vietnam e gli intellettuali". Come anche gettonitissimo sulla rete è il video dei duelli verbali tra Buckley e Gore Vidal, scelti dall'Abc per commentare, da destra e da sinistra, le convention del 1968 "La più grande conquista di Buckley è stata quella di rendere il conservatorismo, inteso non come politica elettorale repubblicana ma sistema di idee, rispettabile nell'America liberale del dopoguerra" scrive ancora il Nyt. Ecco il ricordo di Ann Coulter una delle stelle del neoconservatorismo

27 febbraio 2008

Prussiani o negoziatori? Il ritorno del Soft Power

Prussiani o negoziatori? Unilateralismo o multilateralismo? Il 14 febbraio avevamo segnalato un'intervista di Affari Internazionali a uno dei consiglieri di Obama per la politica estera, Philip Gordon. Oggi riportiamo l'intervista a Stephen Zunes, dell'Università di San Francisco, apparsa su Liberazione, che traccia un quadro delle differenze tra i consiglieri della politica estera di Obama e Clinton.
"Soft Power", il potere della persuasione del modello americano, è la fortunata formula inventata da Joseph Nye all'inizio dei '90 per descrivere la natura dell'egemonia americana: la forza del modello culturale piantato sulle fondamenta della forza dei cannoni. Questi ultimi hanno prevalso dopo il 2001, e ancora una volta Obama si vuole offrire quale uomo del dialogo e della rottura: anche rispetto alle proposte di politica estera della Clinton e al profilo dei suoi, dalla Albright a Holbrooke passando per Berger.

Altri materiali: un lungo reportage di James Traub dal magazine del New York Times del novembre 2007 su Obama e la politica estera; una sorta di album delle figurine degli uomini di Obama del New York Sun; un'intervista di "Europa" a Lawrence Wilkinson (l'ex capo dello staff di Colin Powell al Dipartimento di stato) sulle reazioni pavloviane alla questione di Cuba tipiche dell'establishment americano; e, per concludere, la recensione apparsa su Affari Internazionali del volume di Mario Del Pero "Libertà e impero": un "manuale" di storia delle dottrine americane di politica estera che spiega l'intreccio tra ideologia, ideali e interessi che ne ha caratterizzato lo sviluppo.

Ancora uno scontro Tv...che non cambia le cose

Nuovo confronto televisivo a due. Se in Texas i due contendenti democratici avevano mostrato il volto buono, ieri non è andata così. Hillary sta tentando in ogni modo di uscire dalla palude nella quale non avrebbe mai pensato di trovarsi e lo fa ringhiando - probabilmente ascoltando Mark Penn, il suo spin doctor costoso quanto non particolarmente efficace. Ma lo sguardo non è brillante, gli argomenti sono vecchi e i giornalisti della Nbc cattivelli. Tim Russert, l'uomo di “meet the press", una colonna del giornalismo Tv statunitense incalza l'ex first lady sul Nafta e lei si lamenta per come i media l'hanno trattata in questi mesi. I due sono sempre più specifici sui singoli temi ed hanno molto discusso, come al solito, di Sanità. Tra le novità uno scambio su chi ha attaccato chi, la foto di Obama in Somalia ("Se Clinton dice che lei non c'entra, mi fido") e l'imbarazzato “non voglio e non cerco il sostegno di Farrakhan" dello stesso senatore in testa ai sondaggi. Alla fine ha più o meno vinto Obama e il motivo è proprio l'aggressività fuori luogo di Clinton alla quale il senatore dell'Illinois rispondeva con calma. Se volete rivedere il dibattito, il video è sul sito Nbc per la trascrizione e il video c'è il New York Times.

26 febbraio 2008

Ancora populismo.. ma anche Wall Street..

Gli americani le chiamano "buzz word". Un tormentone, quello che è divenuto il tema del populismo nelle pagine dei giornali americani: oggi ne parla Politico, sostenendo che il "populismo economico" dei democratici ha colpito prima i candidati alle primarie e ora anche il Congresso, che ha - udite udite - deciso di aumentare le tasse sulle grandi compagnie petrolifere. Obama ha fatto largo uso della retorica anti-establishment, ma oggi ha ricevuto l'appoggio del senatore Chris Dodd, che si era ritirato dalle primarie democratiche dopo il caucus dell'Iowa.
Dodd è uno degli uomini più vicini a Wall Street e alla finanza nel partito democratico; è un ex dell'entourage dei Clinton; ha buone credenziali anche in politica estera, quelle che mancano a Obama. Per Hillary piove sul bagnato, mentre per Obama aumenta l'ebbrezza dell'outsider che si fa - o prova a farsi - establishment.

Ancora Nafta..

La campagna elettorale in un paese di 300 milioni di abitanti. il caso Nafta è un'ossessione nella Rust Belt, è derubricato a tema secondario in Texas. Per ora, però, il ritorno del "populismo economico" è uno dei segni caratterizzanti questa campagna elettorale: tutte le grandi testate economiche tradizionali, dall'Economist al Wall Street Journal passando per il Financial Times, temono un ritorno della cultura del protezionismo in nome della difesa del popolo americano. Se questo dibattito arriverà a generare politiche in controtendenza rispetto a quelle degli anni '90 si avranno ripercussioni mondiali. Quanto meno è possibile supporre, qualora vincesse un democratico, un ritorno massiccio dell'interventismo pubblico nell'economia delle aree depresse. Staremo a vedere: comunque vada la dottrina economica e politica della "Terza Via", quella degli anni '90, non ha retto alla prova del consenso elettorale nel decennio successivo (leggi qui il reportage del Wahington Post sui test di populismo di Hillary Clinton).

Ancora sondaggi..

A una settimana dalle primarie dell'Ohio e del Texas i sondaggi di New York Times/Cbs danno in vantaggio Obama tra gli elettori democratici a livello nazionale; il Texas sostanzialmente alla pari e l'Ohio ancora con in testa la Clinton. Su "Behind the Numbers" altre notizie sull'elettorato democratico: tra di essi 7 elettori su 10 esprimono soddisfazione per una candidatura tanto della Clinton che di Obama, ma tra gli indipendenti quest'ultimo continua ad andare più forte. E trovate molte altre cifre interessanti.
Da rileggere l'ottima intervista a Stanley Greenberg, il sondaggista della "Terza via", apparsa su "Europa" prima del Supermartedì.

25 febbraio 2008

Il Nafta al centro dello scontro tra i candidati democratici

L'accordo di libero scambio con Canada e Messico entrato in vigore nel 1994 - è per quello che l'Ezln occupò San Cristobal de las Casas il 1° gennaio di quell'anno - è diventato uno dei principali terreni di scontro tra i candidati democratici. La campagna si sposta di Stato in Stato e a seconda della situazione di quel territorio la issue che prende il sopravvento cambia. Se ci sono i voti dell'Ohio, quelli dei sindacati e l'endorsement di Edwards da cercare, il commercio internazionale non può che diventare cruciale. Ecco la cronaca dal Washington post degli scambi del giorno in materia, un articolo di Sarah Anderson di Ips sui difetti del Nafta e l'agenda democratica. Una valutazione degli effetti del Nafta (al 2006) in Messico, Usa e Canada la trovate qui (cliccando sul pdf). Un fatto concreto è che i candidati democratici parlano di limitare il potere delle corporations e alzare le tasse ai ricchi (Obama), litigano su chi è più anti Nafta e promettono milioni di posti di lavoro verdi. E' retorica da campagna elettorale? Forse. In Italia nemmeno il riconoscimento delle unioni di fatto.

Il gioco si fa sporco...

Drudge report è l'equivalente politico di Dagospia in Italia, ma più forte. Diffonde i risultati elettorali prima degli altri, spara siluri, diffonde gli attacchi che le campagne si fanno a vicenda. E da oggi la prima notizia di Drudge è quella sopra la quale campeggia la foto del candidato Obama vestito da somalo. Il sito sostiene che la foto sia stata messa in giro dallo “staff stressato" di Hillary. La risposta di David Plouff manager della campagna di Obama è stata durissima. Sembra di capire che nello scontro interno alla campagna dell'ex first lady sull'atteggiamento da tenere nei confronti dell'avversario abbia vinto chi - Mark Penn - era per ricominciare ad usare la cattiveria. Dopo lo "Shame on you Barack Obama" riferito a un volantino del senatore dell'Illinois sul Nafta, è stata la volta della presa in giro. Più o meno HRC ha ridicolizzato il discorso sul cambiamento spiegando che non è parlando che scompaiono le nuvole, il sole ci scalda e tutto migliora (qui il video da Huffington post)

Pagherete caro, pagherete tutto

Sono immagini dure, da sconsigliare alle persone più sensibili. Sono di domenica 17, ma a lungo non ce la siamo sentiti di pubblicarle. E' la versione riadattata e tradotta del video "Yes, We Can" dei ragazzi di "Amici" di Maria De Filippi, con il contributo di Totti, Panariello, Ferilli, Scotti, Gattuso... Alleanza Nazionale ha protestato formalmente (non è uno scherzo).

24 febbraio 2008

Obama ai raggi X, Clinton all'assalto e il ritorno di Nader

Era previsto e sta accadendo. Dopo esser diventato il favorito, Barack Obama viene passato al setaccio. E' una caratteristica tipica delle campagne Usa ed è una buona abitudine fino a quando non diventa uno sport. Il caso della frequentazione di William Ayers e Bernardine Dohrn due ex membri dei Weathermen divenuti professori a Chicago, ad esempio, ricorda un po' le polemiche sugli anni 70 in Italia. Il Guardian ritiene che la storia degli ex ribelli possa rappresentare la fine della luna di miele del senatore dell'Illinois con l'universo - che forse arriva troppo tardi per fermarlo. Chi è davvero Obama si chiede un editoriale del Washington Post che confronta alcune scelte liberal ed altre più conservatrici e moderate. L'ultimo numero della New York review of books gli dedica un ampio ritratto mentre i nemici hanno ripreso a raccontare per mail che è musulmano, non saluta la bandiera ed è amico di Farrakhan. Ieri Hillary Clinton è tornata all'assalto insinuando che il suo avversario distribuisca notizie false sulla sua posizione sul commercio nell'Ohio colpito dal Nafta. Il Wall street journal prosegue nella sua serie di note preoccupate sulle posizioni democratiche proprio sul commercio internazionale. E l'ex paladino dei consumatori e leader del Green party Ralph Nader annuncia che correrà anche lui. Sarà una campagna infinita.

23 febbraio 2008

Conti in tasca: "denaro e politica", una fiction americana

Continua il feroce scontro tra New York Times e John McCain. Il Times ha indagato sul rapporto tra il senatore e una lobbista: nel 2ooo avrebbero avuto una relazione e quest'ultima avrebbe ricevuto alcuni favori. McCain ha costruito un'immagine di uomo integerrimo, firmando con un democratico una legge che riorganizza il sistema dei finanziamenti alla politica (la McCain-Feingold del 2002), e lo scandalo ne mette in dubbio la moralità. I risvolti sono i più diversi: il funzionamento del sistema dei media americani; la capacità di McCain di utilizzare la vicenda per compattare i repubblicani contro il nemico liberal del Times, che pure gli aveva garantito il suo endorsment (leggete qui cosa ha detto il conservatore anti McCain Rush Limbaugh il 21: molto conciliante); il rapporto tra le lobby e la politica.

Per ricostruire come è organizzato il sistema di finanziamento di una campagna presidenziale leggete qui l'articolo di "From the Field". Su come funzioni il rapporto tra business e politica guardate qui (sempre da "From the Field") su una delle tante polemiche Obama/Clinton. Trovate tutto: una company che danneggia la comunità; un senatore (Obama) che se ne fa paladino e propone la sua riforma; lo stesso politico che, in realtà, ha rapporti con la company in questione; quindi le accuse della sua rivale (la Clinton); la scoperta che anche la Clinton ha una stretta relazione con la suddetta società; la riforma che si perde nel porto delle nebbie di una commissione del Congresso.

22 febbraio 2008

Bianchi, neri, donne e latinos. Ma davvero è solo questione di razza e genere?

Il politologo Jeffrey Stonecash non la pensa così. Il professore, intervistato su Liberazione, studia i numeri e ragiona della lentazza degli spostamenti elettorali e del fatto che, in diversi Stati, il voto nero è anche voto di censo o di classe che dir si voglia. Ecco l'intervista (raccolta prima del Supertuesday)

L'eterno ritorno del populismo americano/2

Nel video trovate l'intervento conclusivo della Clinton nell'atteso dibattito di questa notte con Obama, tenutosi a Austin. Lui ha utilizzato toni populistici affrontando i temi economici, lei qui esalta il popolo americano e il suo coraggio di fronte alle difficoltà (il punto era sui veterani di guerra: è la parte nella quale lei ha funzionato meglio). Nel post qui sotto il link all'articolo di America2008 sull'eterno ritorno del populismo americano.

ps. Obama ha fatto capire di essere disposto a incontrare Raul Castro nel caso diventasse presidente. Chissà i cubani di Miami..

21 febbraio 2008

L'eterno ritorno del populismo americano/1

Il populismo è parte integrante della tradizione politica americana. Ciclicamente si affaccia un campione della "gente comune", che muove guerra all'establishment e agli interessi particolari ed egoistici. Il contadino e il piccolo proprietario terriero contro il finanziere aguzzino; il lavoratore contro i monopoli e i robber barons; l’imprenditore e la sua famiglia contro i burocrati (nella sua declinazione conservatrice e anti-statalista). Obama è una nuova frontiera del ribellismo populista che muove guerra alle élite di Washington: il suo presunto candore richiama la semplicità della gente comune, i suoi appelli all'unità oppongono il "We the People" del preambolo della Costituzione all'egoismo delle classi dirigenti. Il popolo, stufo e intimorito dalla crisi economica, aspettava un nuovo incantatore.

Leggete qui l'articolo di approfondimento di America2008.

Su Marco Polo una riflessione sulla crisi delle "Political Machine": quando arrivano tempi duri, la parola vince su l' esperienza e l'organizzazione "scientifica" della politica.

John McCain e la lobbysta. Perché adesso?


Il New York Times di ieri lancia un missile contro la moralità del candidato McCain raccontando di una sua relazione con la lobbysta 40enne Vicki Iseman. MCain e la donna hanno negato, ma non è questo il punto. Perché notizie come queste escono quando escono? Quanto e perché i media tengono nei cassetti le rivelazioni sui candidati? Howard Kurtz prova a rispondere dalla sua rubrica sul Washington Post

La spin machine di Hillary ha fuso?


La chiacchiera che intasa i commenti di esperti e navigati giornalisti è quella sul momento in cui, dopo la vittoria in Wisconsin, Obama è uscito sul palco in Texas mentre Clinton parlava in diretta televisiva. Lo ha fatto per rubarle gli schermi? Era lei che era in ritardo? O cosa? Non è molto importante. Quel che suona interessante è che John McCain, nella notte del Wisconsin abbia raccolto l'argomento di Hillary “parole vuote" contro “esperienza" e li abbia messi al servizio della sua campagna contro Obama - che a questo punto anche lui percepisce come il front runner. Guardate il montaggio dei discorsi su Talking Point Memo Quanto al modo di digerire le sconfitte da parte degli spin doctors di Hillary, c'è un buon punto sul Time

20 febbraio 2008

Guardiamo (molto) avanti...

I democratici sono dati in vantaggio sui repubblicani per le elezioni presidenziali di novembre (anche se oggi, politicamente, nove mesi sono quasi un'era geologica). Il conteggio è della Rasmussen, ripreso e commentato da Marco Polo: 284 grandi elettori per i democratici, 14 in più di quelli necessari per vincere. L'Ohio è di nuovo la chiave, come nel 2004.

Dopo il Wisconsin: saltano gli schemi, si riscrivono le analisi

Obama vince bene in Wisconsin (prende il 58%), rafforzando le tendenza segnalata ieri: acquisire consensi tra i sostenitori potenziali di Hillary Clinton. Fino alle primarie della Virginia aveva tenuto lo schema di un elettorato democratico diviso in due poli, da una parte i neri e bianchi con una laurea in tasca a favore di Obama, dall'altra un elettorato più femminile, sindacalizzato, meno acculturato e con un reddito più basso per la Clinton. Gli exit polls del Wisconsin mostrano che Obama sta sfondando in tutto l'elettorato teoricamente più favorevole alla Clinton. Il voto dei sindacati (un terzo dell'elettorato democratico del Wisconsin è iscritto a un sindacato) si è diviso tra i due candidati; il 5 febbraio in New Jersey e California la Clinton aveva vinto e si era assicurata nettamente il consenso dei sindacalizzati (anche lì il 30% dell'elettorato democratico). E il senatore si comporta da frontrunner: rompe l'etichetta e si presenta in tv quando la Clinton non ha ancora finito il suo discorso del dopo voto.

Anche il vecchio Arthur Herbert Fonzarelli (uno di Milwaukee, la città industriale del Wisconsin da cui proviene Fonzie) sarebbe quindi potuto divenire un elettore di Obama. Due mesi fa tutto ciò era fantascienza, segno che la geografia politica del paese è in fase di trasformazione. Le primarie si fanno sempre più interessanti: dal voto dei latinos a quello della Rust Belt operaia, l'Ohio e il Texas che andranno a votare il 4 marzo offrono nuovi e importanti spunti di approfondimento per America2008.

Hawaii e Wisconsin: Barack Obama fa 10

Le isole Hawaii erano un poco come l'Arkansas per Hillary, d'accordo. E poi si votava in un caucus, il terreno sul quale Obama ha fino adesso mostrato di giocare meglio grazie a una macchina di volontari capace di mobilitare la base democratica in senso stretto. Il Wisconsin invece era di quegli Stati che, in teoria, dovevenao favorire l'ex first lady. Gli exit polls dicono che l'86% degli elettori era bianco mentre le donne erano il 58%. Obama ha vinto di quasi 200mila voti, pareggiando tra le donne e prendendosi quasi l'80% del voto maschile. Il risultato dei voti di oggi mette in guai seri Hillary Rodham Clinton, non premia i suoi attacchi dell'ultim'ora. Il voto del 4 marzo diventa l'ultima spiaggia: al massimo Hillary può pareggiare. Un bel guaio anche per i superdelegati e il Dnc, che dovranno trovare una qualche formula per scegliere il candidato presidente. Il Guardian-America sostiene che Hillary non aveva un piano B che prevedesse un pareggio nel supertuesday. Politico spiega perché la sconfitta in Wisconsin è un problema per Hillary.

19 febbraio 2008

La crisi industriale cambia l'agenda economica?


Lo Stato cruciale delle prossime primarie, quelle del 4 marzo, sembra essere l'Ohio. E' quello che si definisce uno swing state - uno Stato in bilico, dove nessuno è certo di vincere - ed è tra quelli dove sono stati persi più posti di lavoro da quando il Nafta e le regole del commercio internazionale che prevedono l'apertura delle frontiere sono entrati in vigore. In Ohio (e anche in Wisconsin) vivono molti operai ed ex operai bianchi che rappresentano una delle basi classiche dell'elettorato democratico e per corteggiarle serve insistere sul tema del commercio e veicolare un messaggio populista. Persino i repubblicani fanno così, da quando vivono al realtà della chiusura delle fabbriche. Politico fa il ritratto del deputato Steve Chabot, eletto a Cincinnati. I candidati democratici, per vincere nello Stato del midwest si stanno allontanando dalla vulgata globalizzatrice degli anni 90 (quella di Bill Clinton) come ci fa notare il New York Times.

Oggi primarie, guardando al 4 marzo/Clinton

Le primarie di oggi in Wisconsin sono un test importante ma non decisivo. E' uno stato che avrebbe dovuto favorire la Clinton (elettorato democratico tradizionale, molti blue collar bianchi e sindacalizzati) e che ora da in lieve vantaggio Obama nei sondaggi. La Clinton ha preferito impegnarsi da subito sulla data del 4 marzo, le primarie di Texas e Ohio. Anche qui un fetta di elettorato sulla carta pro- Clinton: in Ohio vale lo stesso discorso del Wisconsin, ma qui Hillary è data sopra Obama di 15 punti. In Texas un terzo dell'elettorato democratico è ispanico, una fascia di elettorato che in California ha sostenuto con forza la Clinton. Con la Pennsylvania (22 aprile) si tratta di tre stati che insieme assegnano quasi 500 delegati. Le possibilità di vittoria della Clinton passano tutte di qui: dimostrare che nelle elezioni dove di fa campagna su grande scala è lei a vincere, mentre Obama ce la fa nei caucus e negli stati piccoli. Si ritorna all'obiettivo principale della Clinton: confermarsi come unico candidato presidenziabile. Se si fanno delle proiezioni, nessuno, a oggi, sembra in grado di ottenere un numero sufficiente di delegati in queste primarie: per questo segnare punti nel dibattito pubblico conta quasi quanto vincere uno stato.

Oggi primarie, guardando al 4 marzo/Obama

Oggi le primarie del Wisconsin e delle Hawaii. In queste ultime Obama vincerà facile (è lo stato in cui è nato), in Wisconsin è dato in vantaggio. Rifacciamo ancora il punto: Obama ha vinto 22 stati su 35, vincendo sempre nelle ultime 8 primarie. Per la prima volta è davanti alla Clinton nei sondaggi nazionali e nella conta dei delegati. A suo favore va anche l'esito delle ultime primarie di Maryland e Virginia: ha vinto in stati dove l'elettorato non corrisponde al profilo dell'elettore pro-Obama (cioé nero, o giovane e/o con un college degree in tasca). In queste elezioni accade qualcosa che sfugge alla demografia elettorale, e per questo sono così interessanti. Secondo Economist/YouGov in Virginia Obama ha conquistato il voto dei bianchi (52%), dei latinos (54%, ma lì sono una comunità piccola) e degli over 65 (55%). Tutti segmenti di elettorato che la Clinton avrebbe dovuto conquistare facile.

18 febbraio 2008

Primarie, primarie, primarie

Un testo in italiano per approfondire l'origine delle primarie in America e riflettere sulla loro emigrazione qui da noi: "Alle origini delle primarie - democrazia e direttismo nell'America progressista", del politologo Enrico Melchionda (Ediesse, 2005).
Un'innovazione di inizio '900 che ha contribuito alla smobilitazione dei partiti di massa americani e all'affermazione del plebiscitarismo, nonostante nascesse per divenire strumento per ottenere più democrazia.
Qui un estratto dall'introduzione al volume che mette in relazione il caso italiano con quello americano, e qui uno speciale del Centro per la Riforma dello Stato uscito nell'ottobre 2005, in occasione delle primarie del centro-sinistra italiano per scegliere il candidato alle politiche del 2006.

Edwards' watch

A chi andrà l'endorsement di Edwards? L'11 febbraio Edwards aveva deciso di annullare un incontro con Obama, che però si è tenuto ieri. Nonostante questo la Clinton è data ancora in vantaggio nel "borsino" sulla collocazione finale di Edwards. Per seguire la corsa tenete d'occhio questa pagina dell'Huffington Post.

Kosovo 1999 - 2008

L'America che fu ci ha regalato il Kosovo indipendente. Nel 1999 la politica estera americana e la non - politica europea hanno infilato il Kosovo nei binari che percorriamo oggi, che portano all'indipendenza di un mini-stato formato su base rigidamente etnica del tutto incapace di sostenersi economicamente. E che crea nuovi problemi all'Europa (vedi la Spagna, che non può riconoscerne l'indipendenza per paura di tensioni con i baschi). E' curiosa la tempistica: la guerra del Kosovo fu una dimostrazione di forza di un modello di interventismo liberale sperimentato all'apice del successo post-guerra fredda degli Usa, ma diviene indipendente quando gli Stati uniti non hanno più la forza di essere una guida da imitare o la "lonely superpower". Giusto per ricordare le differenze tra il passato e il presente, andatevi a cercare (purtroppo non è reperibile on-line) "Il bacio di Madeleine, ovvero come (non) negoziammo A Rambouillet" di Federico Fubini, apparso sul secondo numero di Limes del 1999. E per pensare all'America di oggi guardate l'intervista di Marilisa Palumbo a Bruce Jentleson (ex consigliere di Al Gore) apparsa su "Europa".

Deontologia del superdelegato

Neanche fossero senatori a vita italiani. In attesa delle primarie di Winsconsin e Hawaii di domani, il tema del momento per i media americani è il comportamento che terranno gli 800 superdelegati che partecipano per diritto alla convention democratica. Ricordiamo ancora una volta di chi si tratta: membri del Congresso, del Democratic National Committee, governatori, rappresentanti locali del partito, vecchi leader democratici. Su di loro si esercitano grandi pressioni, ma per ora il punto fondamentale è questo: i tanti superdelegati che provengono dal livello locale (i singoli stati) devono comportarsi secondo coscienza oppure adeguarsi al risultato delle primarie del proprio stato? E' un dibattito che nessuno pensava di affrontare un mese e mezzo fa: nel 2006 anche Rita Levi Montalcini non aveva idea in quale putiferio sarebbe finita (qui la lista completa dei superdelegati che hanno già dichiarato per chi voteranno).

17 febbraio 2008

Le primarie non sono uno sport per signorine/2

E nemmeno le elezioni. Da Marco Polo un background bibliografico sulla madre di tutti i brogli elettorali (le elezioni presidenziali del 2000) e un riferimento a The History and Politics of Voting Technology: In Quest of Integrity and Public Confidence, di Roy Saltman. Un testo importante sulla storia delle tecnologie elettorali americane.

Mica tanto primarie

Secondo il sito Democratic Convention Watch, grazie al sostegno dei "superdelegati" Hillary Clinton è ancora in testa in vista della convention democratica di Denver e non è un caso se ha chiesto a tutti di schierarsi già da ora.. I superdelegati sono parlamentari, governatori e membri della direzione del Partito Democratico che partecipano di diritto alla convention. Erano 796 ma uno (il deputato Tom Lantos) è venuto a mancare giorni fa. Il professore di Yale Ted Bromund sulla rivista conservatrice Commentary ricostruisce la nascita dell'istituzione dei delegati: i democratici, dopo la disastrosa campagna di McGovern nel 1972, erano diventati secondo lui una "coalizione di vittimismi". I superdelegati furono istituiti negli anni '80 per bilanciare il voto dei cittadini e dare un "premio di maggioranza" al candidato dell'establishment del partito in grado di coalizzare i vari vittimismi. Nelle prime elezioni in cui i superdelegati furono fondamentali nel decidere il candidato democratico, quelle del 1984, finì niente male: i repubblicani vinsero in 49 stati su 50.

Le primarie non sono uno sport per signorine/1

Nessuno ha votato Obama ad Harlem. Vi pare possibile? Il New York Times riporta storie di ordinaria corruzione nelle primarie dello stato di New York.

i nuovi alleati di Obama: chi è la Seiu, il sindacato dei servizi che invidiamo all'America

Il Service Employees International Union (Seiu), con i suoi 2 milioni di iscritti, è una delle più importanti organizzazioni sindacali americane. Sicuramente la più dinamica. Rappresenta soprattutto i lavoratori dei servizi, come quelli delle pulizie o del settore ospedaliero (anche i dottori della serie ER ne fanno parte). E’ definita dai media “purple ocean” per la caratteristica maglietta viola che distingue i suoi membri durante le manifestazioni. La Seiu è affiliata a Change to Win, movimento che intendeva riformare la AFL-CIO, la grande organizzazione ombrello dei sindacati americani. Nel 2005, tuttavia, ha dato vita a una storica scissione in polemica con l’immobilismo della AFL-CIO rispetto ai problemi dei lavoratori non sindacalizzati, che oggi la Seiu è in grado di intercettare in stati come il Texas, la Florida, il Nevada... Anche la United Food and Commercial Workers (UFCW), l’altra associazione che ha effettuato l’endorsement per Obama, ha rotto con l’AFL-CIO. Per Obama l’appoggio di questi gruppi potrebbe avere un ruolo importante nella riconquista dei latinos, schierati in maggioranza con Hillary.

16 febbraio 2008

Il voto dei democratici bianchi/2

Per chi si volesse divertire con sondaggi e analisi c'é il ricchissimo sito Pollster.com, una sorta di portale del sondaggio che fa capo a YouGov, una multinazionale del settore. Buona parte delle analisi sul profilo degli elettori democratici sono basate sugli exit-polls delle primarie (l'attendibilità non è sempre delle migliori..). Un intervento su Pollster.com contesta l'ipotesi che i bianchi votino poco Obama: anzi, lo farebbero con decisione fin dal principio. Al contrario di "Behind the Numbers", però, non si scompone il voto degli elettori bianchi democratici attraverso la variabile dell'educazione. Comunque sia, fatevi un giro su Pollster.com.

Il voto dei democratici bianchi/1. L'education gap

Anche la rubrica del Washington Post "Behind the Numbers" ("Dietro i numeri") torna sul tema dell'education gap: i bianchi con un basso livello di istruzione votano per la Clinton, mentre Obama va molto bene tra chi ha frequentato il college (vedi qui e qui gli interventi sul tema di America2008). In questo caso trovate il dato comparato tra 14 stati.

Bianchi "non-college"

             %Totale  Clinton  Obama  Clin.-Ob.
New Hampshire 44 44 35 9
South Carolina 23 38 16 22
Florida 35 56 15 41
Arizona 34 59 33 26
California 23 50 37 13
Georgia 16 64 35 29
Illinois 28 50 46 4
Massachusetts 32 68 29 39
Missouri 48 63 33 30
New Jersey 24 73 24 49
New York 23 65 31 34
Tennessee 44 76 17 59
Maryland 16 61 32 29
Virginia 23 57 42 15

Bianchi "college degree"

             %Totale  Clinton  Obama  Clin.-Ob.
New Hampshire 51 35 37 -2
South Carolina 21 33 32 1
Florida 32 51 33 18
Arizona 35 46 45 1
California 29 42 51 -9
Georgia 27 48 48 0
Illinois 29 32 67 -35
Massachusetts 53 52 46 6
Missouri 27 35 61 -26
New Jersey 35 60 38 22
New York 48 57 40 17
Tennessee 23 51 42 9
Maryland 37 48 47 1
Virginia 39 40 58 -18

Nel loro post gli autori del blog, Jon Coen e Jennifer Agiesta, sembrano voler mettere in discussione la "presidenziabilità" di Obama: gli elettori bianchi con un basso grado si scolarità accetterebbero con più facilità una presidente donna piuttosto che un nero. Ma allo stesso tempo riportano un dato: nelle primarie della Virginia la maggioranza dei bianchi ha votato per Obama (il 52% contro il 48% di Hillary, ma con i non laureati sempre a favore della Clinton). Più Obama diventa celebre, meno il colore della pelle è un problema: come per le star del basket...

15 febbraio 2008

La chiave per vincere in Ohio? Le idee del senatore populista Sherrod Brown

Non ha appoggiato nessuno dei due candidati, ma nelle elezioni di mezzo termine del 2006 Sherrod Brown si ripreso un seggio senatoriale in Ohio. Lo Stato del midwest è tra quelli più colpiti dalla fuga delle fabbriche verso la Cina, Cleveland la città dove la crisi dei subprime ha fatto più vittime. In questa intervista alla direttrice di The Nation, Katrina Vanden Heuvel il senatore fornisce la sua versione della ricetta economica per convincere gli elettori del suo Stato.

Unions, due colpi per Obama

La Seiu nazionale (Service employee international union) e la Ufcw (United Food and Commercial Workers) hanno deciso di sostenere Barack Obama. Il primo è il sindacato più dinamico e interessante degli Stati Uniti, conta 1,9 milioni di iscritti ed è quello che cresce più rapidamente per numero di iscritti. Il Seiu è considerato dal National Journal una delle prime 20 organizzazioni di advocacy del Paese. Gli iscritti al secondo sono 1,3, 69mila dei quali in Ohio. La Seiu aveva dato libera scelta ai suoi gruppi locali e molti stavano con Edwards fino al suo ritiro. I lavoratori dei supermercati, delle pulizie, i custodi, impiegati pubblici con mansioni di servizio (autisti di scuolabus, bidelli) si schierano dunque con l'idea di Hope&Change del senatore dell'Illinois che potrà dunque contare su due macchine elettorali in più. I due sindacati sono giovani, diversi e - come tutti quelli dei servizi - contano molte donne. Basterà per l'Ohio e il Texas?

14 febbraio 2008

Chi porta il fardello?

Europa e Stati Uniti discutono da 25 anni di come dividersi il "fardello" degli interventi "fuori area": cioè fuori dai confini naturali della Nato. L'amministrazione Bush da mesi chiede che gli Europei si facciano carico della guerra in Afghanistan, abbandonando la loro riluttanza ad usare la forza. Lo storico Andrew Bacevich ridicolizza questa richiesta dicendo che è semplice nostalgia di qualcosa che non può più essere. Dall'altra parte Phillip Gordon, consigliere di Obama per la politica estera, dice su Affari Internazionali che se vincono i democratici gli Europei dovranno decidere se essere più coinvolti o meno. Un'intervista che vale la pena leggere perchè ci dice quale potrebbe essere la linea in politica estera del senatore dell'Illinois.

Il duello visto dal Potomac

Il programma di Hillary Clinton, sostiene Alessandro Coppola su Rassegna.it, apparirebbe troppo radicale anche a molti socialisti europei. Eppure il vero cambiamento sembra essere rappresentato da Obama. Contano la sua non appartenenza ad una delle dinastie politiche americane e il suo messaggio populista. Ma Obama vince anche perchè riporta al centro della politica americana quelle città impoverite e a maggioranza nera che erano state emarginate a favore degli immensi sobborghi della classe media bianca.

13 febbraio 2008

La corsa dei superdelegati

Sono 795 in tutto, sono i deputati, senatori, governatori e membri del Dnc. A questo punto è certo che giocheranno un ruolo nella nomina del candidato democratico. Non è certo se si tratterà di un ruolo di ratifica di quanto emerso nelle primarie - anche senza un candidato dotato della maggioranza assoluta necessaria - o se decideranno per conto loro. Per adesso 229 sono con Hillary Clinton, 140 con Obama, mentre 349 non si sono schierati. Politico da oggi dedica una pagina al conteggio dei superdelegati schierati che aggiornerà con il passare dei giorni e dei voti Stato per Stato. Una curiosità: Clinton è in vantaggio nettissimo dentro al Dnc e lieve tra senatori e deputati. Tra i governatori è pareggio.

Il Big Tuesday a Bologna

Domani 14 febbraio, alle 15, commento sul voto del Big Tuesday all'Università di Bologna. Il titolo è "Dopo il Big Tuesday. Le primarie e la corsa verso la Casa Bianca". L'iniziativa si svolge alla Facoltà di Scienze Politiche, presso la Sala dei Poeti. Partecipano Tiziano Bonazzi, Fabrizio Tonello e Federico Romero. America2008 sarà lì a presentare il suo lavoro e festeggiare San Valentino.

Stai a vedere che ora gli americani votano

Tradizionalmente negli Stati Uniti si vota poco: nel 2004 che pure fu un anno di grande affluenza ai seggi, votò per le presidenziali poco più del 60% dei cittadini con più di 18 anni. L'analisi fatta dall' "Istat americano" evidenziava notevoli differenze di reddito e istruzione tra chi votava e chi no. Il supermartedì ha visto però un'inversione di tendenza decisa: l'affluenza è aumentata notevolmente, raddoppiando in alcuni casi. America 2008 ha analizzato il voto in 3 stati del Supermartedi: California, Georgia e Missouri. Clinton ha prevalso laddove l'affluenza è aumentata di meno mentre Obama ha beneficiato dell'afflusso di elettori nuovi. Ma dove l'affluenza è addirittura raddoppiata è finita testa a testa. Si confermerà questa tendenza?

Obama vince, Hillary licenzia, McCain prosegue: prossima tappa le Hawaii

Obama vince ancora in Maryland, Virginia e Washington D.C. La conta dei delegati ora è 1078 per lui e 969 per la Clinton (secondo la Nbc). Si vince a 2025. La prossima grande sfida è il 4 marzo per Ohio e Texas, dove la Clinton è data favorita nei sondaggi. Nel mezzo le primarie di Wisconsin e Hawaii, che potrebbero dare un'ulteriore spinta a Obama in vista del 4 marzo. Intanto salta anche il numero due dello staff elettorale della Clinton, Mike Henry (qui il testo della sua lettera di dimissioni).
Fino a oggi la Clinton era riuscita a costruire un muro attorno al suo gruppo: prendendo spunto da Bush e rompendo con la tradizione democratica del "leaking" (la fuga di notizie), fedeltà e silenzio erano divenute caratteristiche del suo staff. Oggi non è più così, e dopo i licenziamenti le voci cominciano a correre. Qui l'interessante analisi di Joshua Green dell'Atlantic sulle tensioni che hanno attraversato lo staff dei consulenti della Clinton. A monte il fallimento dell'obiettivo principale della campagna: fare della Clinton l'unica candidata "presidenziabile" del campo democratico.

12 febbraio 2008

Le primarie di oggi e le fratture del voto democratico

Oggi i sondaggi prevedono la vittoria di Obama in Virginia e Maryland (vota anche Washington D.C.). La Virginia è una sintesi della frattura che si è manifestata nel partito democratico: il 20% dell'elettorato democratico dello stato è nero, ma potrebbe rappresentare quasi il 40% dei partecipanti alle primarie, regalando un vantaggio notevole a Obama. Per la Clinton si prevede il successo nel sud-ovest dello stato, una zona rurale e in crisi economica, con caratteristiche simili alle contee del Missouri e del Tennessee dove lei era riuscita a vincere.

Frankenstein o Partito democratico?

Il discorso di Spello che ha lanciato lo slogan elettorale di Veltroni "Si può fare" ha un precedente, e non appartiene a Obama. Guardate il video.

11 febbraio 2008

Cattive notizie per Obama?

Edwards aveva promesso di annunciare il suo endorsement per uno dei due candidati dopo il Supermartedì del 5 febbraio. Giovedì ha discusso con Hillary Clinton, oggi doveva incontrare Barack Obama. L'appuntamento è stato annullato. Edwards controlla 26 delegati già eletti, e gode di un buon seguito in alcuni stati. Buone notizie per Hillary dopo tanti guai?

La conta dei delegati: un terno al lotto collettivo


I media americani e mondiali non erano più abituati a una corsa per la nomination così serrata, per questo stanno dando i numeri. Osservate qui la conta dei delegati vista dalle televisioni più importanti degli Stati uniti:

NBC: Obama 943, Clinton 895

ABC: Clinton 1.127, Obama 1.110

CBS: Obama 1.134, Clinton 1.131

CNN: Clinton 1.148, Obama 1.121

Solo la Nbc conta i delegati effettivamente conquistati fino a ora (per questo vi consigliamo di tenerla come punto di riferimento), gli altri si basano su calcoli riguardanti le dichiarazioni di voto dei quasi 800 superdelegati ammessi alla convention per diritto. Circa 300 sembrano aver dichiarato il proprio voto, mentre gli altri aspettano di osservare l'evoluzione della competizione tra Clinton e Obama. Quindi la cosa più seria è attenersi ai numeri reali, come fa la Nbc. Ma persino in quel caso si tratta di un misto di dati reali e proiezioni (in realtà i delegati dei caucus devono ancora essere formalmente eletti: ciò avviene in una convention statale che non fornisce, di solito, alcuna sorpresa). Intanto, nelle primarie di domani Obama è dato in forte vantaggio sia in Maryland che in Virginia: vincendo con un margine ampio sarebbe primo in qualsiasi classifica.
Che notizie arrivano in Italia? Se prendete il sito "Repubblica.it" (o di chiunque altro) vi renderete conto che si prende il dato di una fonte (in questo caso la Cnn), lo si "cucina" e lo si ripropone aviarato e senza spiegazioni. Good Job!

Aggiornamenti dai campi di gioco/2

Se volete seguire la questione dei possibili brogli nelle primarie repubblicane dello stato di Washington guardate Talking Points Memo, che sta osservando con attenzione l'evolvere della situazione. McCain è stato dichiarato vincitore dal partito, Huckabee contesta. Vedremo se diventerà un caso.

Aggiornamenti dai campi di gioco

I risultati delle primarie del week-end sono noti: Obama - Clinton 4 - 0 e Huckabee - McCain 2 - 1. Per Obama, Washington, Maine, Louisiana e Nebraska; per Huckabee Kansas e Louisiana; per McCain, Washington; per la Clinton il licenziamento della manager della sua campagna elettorale, Patti Solis Doyle (insomma, esonerata l'allenatrice: la nuova manager è una vecchia conoscenza dei tempi della presidenza di Bill. Continua l'operazione "usato sicuro").
Come al solito Obama va molto bene nei caucus, mentre nello stato di Washington potrebbero esserci stati brogli che hanno favorito McCain. Nebbia sul conteggio generale dei delegati: alcuni media danno in vantaggio la Clinton (il dato lo riporta la sempre inaffidabile "Repubblica": quando capiranno che Veltroni cerca di copiare Obama lo cambieranno); per la Nbc il primo posto è di Obama. Non guasterebbe la presenza dei supervisori Osce, che Washington vorrebbe mandare alle elezioni russe invece di badare a casa propria. Domani Washington D.C., Maryland e Virginia.

9 febbraio 2008

Da oggi a martedì sette Stati al voto

Ci risiamo, una nuova tornata, nuovi vincitori, nuova disputa su chi è in testa nella corsa per i delegati. Tra sabato e martedì si tengono primarie e caucus in Lousiana, Nebraska, Washington, Virginia, Kansas (Rep.), Maine (Dem), Virgin Islands (Dem), Washington D.C. Finora obama ha vinto nei caucus e in Lousiana è favorito. Washington e Virginia diventano dunque i territori di conquista. Alla fine della tre giorni Obama potrebbe essere in vantaggio. Clinton aspetta i turni successivi, in Stati dove la favorita è lei. L'ombra di Michigan e Florida, con i loro delegati non ammessi alla convention e quella di una decisione presa dai superdelegati aumenta la tensione e le discussioni.

8 febbraio 2008

Democratici divisi o no? La fine dell'onda lunga reaganiana?


Secondo Matt Bai del domenicale di NYT la maratona per la nomination democratica non dividerà l'elettorato del partito. Secondo Richard Adams del Guardian, numeri alla mano la candidatura alla presidenza si decide inevitabilmente nei corridoi della convention di agosto. Con conseguenze sulla tenuta della baracca. I numeri delle primarie segnalano il ritorno della politica progressista? David Frum lancia l'allarme sul Financial Times. L'onda lunga cominciata con l'elezione di Reagan governatore della California (e non interrotta da Clinton) è alla fine? L'autore, che lavora all'American Enterprise Institute, non ne sarebbe contento.

Non è solo un duello di personalità…

Hillary e Obama rappresentano due segmenti diversi dell'elettorato democratico, uno più "professionale-progressista-alto reddito" (che vota Obama) e uno più "femminile-moderato-conservatore" che vota Hillary. Per la prima volta, queste due subcoalizioni si cristallizzano durante le primarie attorno a candidati alternativi, all'incirca della stessa forza, e questo comporta seri rischi di rottura nel partito e nell'elettorato.

Su America2008 un intervento di Fabrizio Tonello

"Yes, We Can": Da Dolores Huerta a Ceppaloni

Lo slogan "Yes, We Can" sbarca nell'Italia di Ceppaloni. Parole e linguaggi trasmigrano e mutano di senso. Obama ha tradotto in inglese e fatto suo lo slogan "Si, se puede", lanciato da Dolores Huerta nel 1972 durante il digiuno di protesta di Cesar Chavez, allora a capo della lotta contadina degli ispanici della California e icona dei chicanos. "Si, se puede" è anche il motto del sindacato fondato da Chavez e Huerta, lo United Farm Workers. Obama ha fatto suo lo slogan un paio di anni fa: "Yes, We Can" era il nome di un programma di educazione politica per giovani neri. 20 persone da formare come organizzatori di campagne elettorali, con particolare riguardo a quelle nei ghetti neri, dove serve un grosso sforzo per portare le persone a registrarsi nelle liste elettorali. "Yes, We Can" si è trasformato, quindi, in un videoclip che ha musicato il discorso del New Hempshire di Obama. Il video, infarcito di celebrità, ha fatto il giro del mondo. E lo slogan, alla fine, è arrivato in Italia.

7 febbraio 2008

Anche Romney scende, il GOP si ricompatta?

L'idea di poter unire le falangi del partito dietro una sola campagna, quella di John McCain, sembra solleticare i repubblicani, che vedono la corsa per l'altro campo allungarsi all'infinito. Ieri Mitt Romney ha sospeso la sua campagna. Sospendere vuol dire mantenere i delegati alla convention ma smettere di correre. L'ho fatto per non indebolire il partito. I repubblicani sono svelti ad azzaccare le mosse giuste. Stanno uscendo con un candidato difficile per Clinton e si preparano prima a farlo correre. A quando il ritiro di Huckabee e l'annuncio di una coalizione con McCain?

Edwards, Napolitano, Clark o Webb? Qualche idea per il vice

Due elenchi di vice presidenti possibili. Famosi e sconosciuti, i punti di forza e le debolezze di ciascuno. Uno di Chris Cilizza, l'altro del New York Times. Il secondo è un infografica, bisogna cercarselo nella pagina della politica del sito del Nyt.

Le (qualche) analisi post voto


Chi ha vinto e perché? Tutti concordano nel dire nessuno. Obama rosicchia tra i maschi bianchi, Clinton stravince tra le donne bianche, si tiene i latinos e così via. La base democratica tradizionale e l'apparato locale degli Stati blu è con l'ex first lady e si è visto. Obama ha una campagna capace di penetrare dove ha spazio e modo di farlo (caucus e Stati medi o piccoli, esclusi Georgia e Illinois). E di guadagnare più delegati della sua concorrente, mantenendo più che aperta la corsa. Sui soldi, poi, il senatore dell'Illinois è nettamente più forte. Quello che nessuno sa è se il momentun (come si dice) che aveva generato dal trionfo in South Carolina in poi è destinato a durare quanto serve. Nei prossimi giorni sono caucus e Stati dove, tutti scrivono, Obama ha buone possibilità (Politico per tutti), che non sia un gioco dei media per vendere copie, contatti e pubblicità? Qui un'intervista a John Roos, politologo già direttore di campagne elettorali, comparsa su Liberazione sui pericoli di divisione nella base democratica (e altro). L'analisi di Mark Schmitt su American Prospect vale la pena.

6 febbraio 2008

Giorni tristi alla Casa bianca


Liz Cheney, figlia del vice-presidente americano Dick Cheney ed ex-consigliere di Powell e Rice al Dipartimento di stato, non mostra entusiasmo per il buon risultato di John McCain: la sua nomination sarebbe un "giorno triste" per tutto il partito repubblicano.

In gita al PD (quello italiano)

Domani due fieri rappresentanti di questo blog vanno alla sede nazionale del PD a Roma - alle 15, Via Sant'Andrea delle Fratte 16 - dove interverranno in un seminario di analisi del voto del Big Tuesday. L'iniziativa è organizzata con il Centro per la Riforma dello Stato e l'Osservatorio Geopolitico sulle Elites Contemporanee. Da Turigliatto a Fisichella, si offre a tutti lo stesso servizio. Contattateci numerosi.

Occhio alle mappe


Questa non è la mappa delle elezioni di martedì ma quella delle presidenziali del 2004 in cui i democratici vinsero nei grandi stati della costa e dei grandi laghi e persero nel resto degli Stati Uniti. Il confronto con la mappa dei risultati del supermartedì mostra come in molti casi gli stati blu a maggioranza democratica abbiano preferito l'usato sicuro di Hillary Clinton mentre in quelli rossi dove aveva vinto Bush ora ha prevalso Obama.

Guardiamo avanti...

Ricapitoliamo: per i democratici valga il post qui sopra e quello qui sotto. Per i repubblicani McCain è decisamente in testa, mentre Huckabee va forte al sud: insieme sarebbero il ticket repubblicano ideale. In West Virginia McCain ha fatto spostare i suoi voti sul candidato degli evangelici contro Romney e Huckabee ha vinto: che l'avversione a Romney possa essere la base di un dialogo? Per i dati un occhio sempre a Politico.com.
Prossime tappe di rilievo: 12 febbraio, le primarie del Potomac; 4 marzo (prima era questo il vero Big Tuesday) Ohio e Texas. Ecco l'elenco:

9 Febbraio: Louisiana, Kansas (R).
10 Febbraio: Maine (D).
12 Febbraio: Distretto di Columbia, Maryland, Virginia.
19 Febbraio: Hawaii (D), Washington, Wisconsin.
4 Marzo: Ohio, Rhode Island, Texas, Vermont.
8 Marzo: Wyoming (D).
11 Marzo: Mississippi.

Hillary nei grandi Stati, Obama bene ovunque

California, New York, New Jersey e un altro drappello. Hillary Clinton ha pescato quasi tutti i jolly del Supermartedì e può guardare con più calma al domani. Tra gli Stati grandi Obama stravince dove doveva (Illinois, Georgia) ma non riesce in nessun colpaccio. Il senatore di "change e hope" raccoglie consensi in un numero tale di Stati a nord, ovest e sud da poter dire di essere ancora in corsa. Torna ad essere l'inseguitore ed ha ancora soldi e qualche numero dalla sua. Clinoton ha preceduto Obama di un'ora, salendo sul palco e parlando da presidente. Qualche asprezza in entrambi i discorsi, Hillary più maligna ("Quando se ne vanno le telecamere il presidente resta solo e deve sapere cosa fare") e Obama aggressivo con l'obbiettivo di mobilitare la massa di volontari da cui dipende. Il sito più agile da consultare è probabilmente quello del Politico

McCain molto forte, i value voters con Huckabee

California e New York più diverse vittorie sparse portano il senatore dell'Arizona a essere il front runner più credibile. L'evangelico ex governatore si prende il Sud e quasi cancella Romney dalla cartina. McCain corteggia Huckabee nella prima uscita. Le talk radio conservatrici tra gli sconfitti della coailizione repubblicana.

5 febbraio 2008

Il Supertuesday ai seggi


La parata dei Giants si è mescolata con i volantinatori delle campagne di Hillary e Barack a New York. Dal Paese arrivano notizie di partecipazione alta e tempo incerto. E come sempre ci sono guai ai seggi (abbiamo notizia di un isolato scomparso dalle liste a Brooklyn). Niente di intenzionale, non è la Florida del 2000 o l'Ohio del 2004. Per chi stanno votando e per cosa gli americani? Sul sito del New York Times ve lo raccontano loro con decine di interviste registrate davanti ai seggi in tutto il Paese - qualcuno spieghi ai media italiani come si costruisce un sito di notizie e approfondimenti vivace.

4 febbraio 2008

Oh my god, è arrivato il Supertuesday


Mancano circa dodici ore all'apertura dei primi seggi. Clinton-Obama e McCain-Romney: non c'è nessun vincitore davvero certo. E pensare che la Florida si trova senza delegati democratici per aver scelto di spostare indietro le sue primarie. "Mai un voto come questo" è la lettura data da un bel pezzone della vigilia scritto dal direttore dell'edizione americana del Guardian Michael Tomasky. Ecco lo speciale Cnn dove seguire l'arrivo dei dati in tempo reale dalla notte di martedì (nella sera della South Carolina anche quello di Politico non era niente male). E per finire una scheda con qualche dato generale sulle corse più importanti.

Repubblicani, il voto religioso resta diviso

Ecco i risultati di un'indagine del Pew research centre alla vigilia del voto. I primi due candidati a beneficiare del voto dei value voters sembrano essere John McCain e Mike Huckabee. I due hanno il 34% ciascuno. Mitt Romney, che crede che il diavolo sia fratello di Gesù e per questo fa fatica a convincere gli evangelici resta indietro al 17. La differenza con l'ultimo rilevamento è che sia McCain che Romney fanno passi avanti, mentre Huckabee resta fermo. Il suo 24% potrebbe comunque pesare in diversi Stati a maggioritario secco.

Robert De Niro con Obama in New Jersey, primo sorpasso nei sondaggi nazionali

Niente di meglio che un attore italo-americano e un vecchio senatore irlandese per scaldare i cuori dell'elettorato di New Jersey e New York, ricco di nuovi arrivati, certo, ma tradizionalmente composto dalle comunità europee sbarcate sotto la statua della libertà all'inizio del secolo scorso. E' il giorno dopo il superbowl, nevica e invece dei soliti 20mila ci sono solo 3-4mila persone. In sala, nel palazzetto dello sport dei New Jersey Nets, anche l'ex governatore (irlandese) Codey e il sindaco nero di Newark, Corey Booker. Un politico stile Obama che ha vinto promettendo di risollevare le sorti di una delle città più pericolose del Paese (105 omicidi) che trova enormi difficoltà. Persino il New Jersey è diventato incerto. In un suo sondaggio Cnn regala due punti di vantaggio al senatore più amato del momento a livello nazionale. Nella media delle ultime cinque rilevazioni Hillary resta in testa di due punti pur avendo perso quasi tutto il vantaggio di un mese fa.

La famiglia è importante/2

E' vero: se Hillary Clinton diventerà presidente nel 2012 saranno 24 anni che alla Casa Bianca c'è o un Bush o un Clinton. Ma la politica americana è da sempre una questione di famiglia. Se i casi delle dinastie Roosevelt o Kennedy sono troppo poco basti pensare che il 10% degli attuali parlamentari è parente di ex-parlamentari e che dei 10.000 parlamentari di tutti i tempi il 17% poteva essere ricondotto a 700 famiglie-chiave.

Amigosdeobama.com

I supporter musicali di Obama impazzano in rete. Il remix del suo discorso "Yes, We Can", curato dal figlio di Bob Dylan e interpretato da star di ogni sorta, ha già fatto il giro del mondo; per il pubblico ispano-americano della California il reggaeton del sito amigosdeobama.com. Imperdibile per il testo e per il mini video-romanzo di una ragazza ispanica, Gaby, che passa dall'indifferenza alla militanza per Obama a seguito di un dramma familiare.

3 febbraio 2008

Sondaggi impazziti/4

Ora Obama è in vantaggio in California, i due sono a tre punti a livello nazionale e negli scontri diretti con gli avversari Obama batte McCain che batte Clinton. Quanti numeri vedremo ancora nei prossimi due giorni?

Le talk radio contro McCain

Se John McCain è il candidato pericoloso per i democratici e sente la marea dalla sua parte, ha molti problemi in casa. Rush Limbaugh, forse il più popolare di tutti, Ann Coulter e molti altri commentatori e conduttori di quelle talk radio che hanno fatto la fortuna di Bush, sono schierati con Mitt Romney e, soprattutto fanno una campagna aggressiva contro quel liberale pericoloso del senatore dell'Arizona. E intanto il miliardario mormone ha vinto il caucus del Maine (è il terzo di fila).