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12 settembre 2009

Toh, chi si rivede

Il governatore del New Mexico, Bill Richardson avrebbe dovuto essere tra i pezzi pregiati dell'amministrazione Obama. Poco dopo essere stato nominato, era stato incriminato per un affare di soldi elettorali (o simili). Ieri è stato prosciolto, ma il suo posto a Washington nel frattempo è stato occupato. Richardson è stato tra i primi sostenitori importanti del presidente durante le primarie, è governatore di uno Stato conquistato dai democratici, è un latino ed uno dei migliori diplomatici su piazza. Lo stile è quello Carter, posti difficili, gatte da pelare, conoscenza dei meccanismi di altri posti (è stato ambasciatore all'Onu). Pochi giorni fa l'archivio fotografico Reuters mostrava delle sue foto a La Havana. Ufficialmente un viaggio per promuovere i prodotto agricoli del New Mexico...ma siamo seri. Nella foto, è addirittura con il diavolo in persona. Richardson sta forse lavorando su Cuba e visto che nel suo Stato si vota nel 2010, chissà che non finiscano per trovargli un posto a DC.

27 marzo 2009

Cala l'immigrazione negli States

La crisi toglie un altro argomento alla destra repubblicana, quella più xenofoba e senza idee. Il bollettio del Labor statistics ci racconta che dal 2006 la popolazione immigrata è stabile - dopo una crescita ininterrotta di anni. La disoccupazione tra i foregin born, i nati all'estero, è pure in aumento. Non è il muro con il Messico, che non c'era e che, semmai, impedisce l'ingresso degli undocumented workers, gli irregolari. E' la crisi. Stime indicano che anche il flusso migratorio irregolare è in declino. Anche la domanda informale di lavoro è quindi in calo. Insomma: l'immigrazione la fa il mercato del lavoro, non c'è nessuna invasione in atto. Non negli Stati Uniti e non in Europa. Quando la domanda non tira, cala anche il flusso migratorio. Non è che si interrompa del tutto, la mano invisibile dle mercato non esiste, ma una reazione alla domanda c'è.

1 giugno 2008

Florida e Michigan, raggiunto il compromesso. I Clinton hanno perso e (forse) promettono sfaceli


Le delegazioni degli Stati ribelli verranno ammesse alla convention di Denver, divise sulla base del risultato del voto per la Florida e 69 a 59 per il Michigan (i voti uncommitted assegnati a Obama ed Edwards sulla base degli exit polls). Ciascun delegato conterà per mezzo voto. La commissione del partito democratico riunita ieri a Washington ha discusso e litigato per ore, con il publico diviso in fazioni che urlava e faceva il tifo e la tensione alle stelle. Clinton non ha ottenuto quel che voleva e, di fatto, ha perso la nomination. Per la senatrice ci sono circa 29 delegati in più rispetto a ieri, ma ne mancano 170 per raggiungere Obama. Per il senatore dell'Illinois una vittoria importante, che dimostra la sua presa sull'apparato democratico, la sua leadership anche nei corridoi. La presa dei Clinton sul partito democratico sembra essere svanita, nonostante il rappresentante di Hillary nella riunione di ieri ha annunciato che la senatrice potrebbe portare la faccenda davanti alla commissione di garanzia della convention. Sarebbe una mossa da Sansone, ma non si può escludere. L'atteggiamento dei fan di Hillary preoccupa per il futuro della campagna, a Obama (che nel frattempo ha mollato la Trinity Church) serviranno uomini e donne bianchi e dal pedigree patriottico per tenere certi Stati nella coalizione democratica. Le cronache del NYT, del Washington Post, di Time, il commento di John Nichols di The Nation.

21 marzo 2008

L'ex amico di famiglia Richardson appoggia Obama. Niente nuovo voto in Michigan. Per Clinton diventa davvero dura

Avevano visto insieme l'ultimo Super Bowl a Santa Fe, i due Bill. Eppure il governatore del New Mexico (l'unico ispanico del Paese), ex ambasciatore Onu e ministro ai tempi di Clinton ieri ha annunciato che appoggerà Obama. Un bel colpo basso per Hillary. Richardson può ben dire di essere un esperto di politica estera, ha trattato con i nord coreani e gli iraniani ed è stato candidato più volte al Nobel per la pace. Nel testo in cui sostiene il senatore dell'Illinois spiega che sarebbe un ottimo comandante in capo, un argomento teso a smontare quello opposto di Hillary sulla scarsa esperienza internazionale di Barack. Di ieri anche la notizia che non si voterà in Michigan. Potrebbe essere un guaio alle elezioni di novembre, quando McCain potrà dire che i democratici hanno snobbato Florida e Michigan, ma per adesso è un disastro per Clinton. Senza la ripetizione del voto, calcolano a Politico, Hillary dovrebbe vincere con il 15 per cento di margine ovunque per avere speranze. Se si escludono gli Stati dove Obama è in vantaggio netto, il margine necessaro diventa 40 per cento (le serve il 70). La scelta di Richardson, come quella velata di Nancy Pelosi (“bisogna scegliere il candidato con più voti") lascia poi intuire che una parte consistente dell'establishement democratico abbia deciso che il candidato deve essere Obama.

2 marzo 2008

"Los amigos de Obama" colpiscono ancora

Dopo il reaggaetton per le primarie della California i mariachi pro-Obama per il Texas. FE-NO-ME-NA-LE

1 marzo 2008

I latinos del Texas ultima spiaggia di Hillary

Sono otto milioni e più del 22 per cento dei registrati al voto. In California hanno regalato la vittoria a Clinton senza contraddire le previsioni. Andrà allo stesso modo nel Lone Star state? Difficile da dire. Obama ha avuto tempo per lavorare anche su di loro e senza il loro voto Clinton è perduta (lo scrivono in tanti, Newsweek per tutti). Il voto latino è stato una delle basi cruciali di Bush per due elezioni consecutive e doveva diventare, nei progetti di Karl Rove, una delle colonne portanti di una maggioranza repubblicana durevole. Le rilevazioni sulle intenzioni di voto in Texas e altrove indicano che il voto ispanico si sta spostando verso i democratici. L'atteggiamento sull'immigrazione del G.O.P. (non quello del presidente, né di McCain fino a quando è diventato il frontrunner) hanno contribuito molto a questo cambiamento, così come il ruolo attivo giocato dai sindacati e da diverse organizzazioni democratiche di base nel movimento per la regolarizzazione degli anni passati. Ecco un'analisi del New Statesman di Austin sulla gara per il voto ispanico. Sembra che Clinton abbia perso gran parte del suo vantaggio. Su Politico il racconto di una comunità difficile da definire: nuovi migranti e vecchie comunità, conservatori perché religiosi e politicizzati, urbani e rurali. Si fa presto a dire ispanici: in uno Stato che era un vecchio pezzo di Messico il senso di comunità che si respira altrove è diverso, nel voto del 2004 la scelta degli ispanici è stata fatta ascoltando i media in inglese. La scelta potrebbe essere generazionale, sostiene il Philadelphia inquirer (i giovani per Obama) Il Seiu e gli altri sndacati che hanno endorsed Obama potrebbero fare la differenza. Poi ci sono i neri sfollati in Texas dopo Katrina: vogliono votare e potrebbero contribuire a cambiare la geografia politica dello Stato.

Dove va il Texas repubblicano?

Con 23 milioni di abitanti, otto milioni e passa di ispanici e quasi tre milioni di afroamericani il Texas è tra gli Stati che pesano nelle primarie. Martedì potrebbe regalare il colpo finale di Obama alla campagna di Clinton o restituire slancio all'ex first lady. Come molti altri Stati del Sud il Texas è stato un incubo democratico dagli anni di Reagan in poi: il presidente Bush è stato governatore, i due senatori sono repubblicani e 19 dei rappresentanti pure (contro 13 democratici). Nelle ultime elezioni di mid-term un piccolo spostamento: il Grand Old Party ha perso due seggi alla Camera. I segnali di cambiamento ci sono: dei 7 milioni e 800mila elettori registrati quasi 698mila hanno già espresso il loro voto, più che tre volte tanto quelli che hanno spedito il loro voto per posta nel 2004. Nello stesso anno alle primarie avevano votato 840mila persone in totale, il segnale di una enorme partecipazione e grande mobilitazione democratica c'è. Nello Stato la popolazione aumenta, i centri urbani si popolano di gente venuta anche dal Nord e diventano più blu che in passato (Austin, Dallas lo sono già ora si parla anche di Houston). Su The Nation Mary Mapes arriva quasi a teorizzare un impensabile e incredibile rivincita democratica. Sarà difficile, ma se così fosse c'è un uomo che Obama o Clinton dovranno ringraziare. Di mestiere fa il presidente degli Stati Uniti.