Sono otto milioni e più del 22 per cento dei registrati al voto. In California hanno regalato la vittoria a Clinton senza contraddire le previsioni. Andrà allo stesso modo nel Lone Star state? Difficile da dire. Obama ha avuto tempo per lavorare anche su di loro e senza il loro voto Clinton è perduta (lo scrivono in tanti, Newsweek per tutti). Il voto latino è stato una delle basi cruciali di Bush per due elezioni consecutive e doveva diventare, nei progetti di Karl Rove, una delle colonne portanti di una maggioranza repubblicana durevole. Le rilevazioni sulle intenzioni di voto in Texas e altrove indicano che il voto ispanico si sta spostando verso i democratici. L'atteggiamento sull'immigrazione del G.O.P. (non quello del presidente, né di McCain fino a quando è diventato il frontrunner) hanno contribuito molto a questo cambiamento, così come il ruolo attivo giocato dai sindacati e da diverse organizzazioni democratiche di base nel movimento per la regolarizzazione degli anni passati. Ecco un'analisi del New Statesman di Austin sulla gara per il voto ispanico. Sembra che Clinton abbia perso gran parte del suo vantaggio. Su Politico il racconto di una comunità difficile da definire: nuovi migranti e vecchie comunità, conservatori perché religiosi e politicizzati, urbani e rurali. Si fa presto a dire ispanici: in uno Stato che era un vecchio pezzo di Messico il senso di comunità che si respira altrove è diverso, nel voto del 2004 la scelta degli ispanici è stata fatta ascoltando i media in inglese. La scelta potrebbe essere generazionale, sostiene il Philadelphia inquirer (i giovani per Obama) Il Seiu e gli altri sndacati che hanno endorsed Obama potrebbero fare la differenza. Poi ci sono i neri sfollati in Texas dopo Katrina: vogliono votare e potrebbero contribuire a cambiare la geografia politica dello Stato.
1 marzo 2008
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