31 agosto 2008

La Convention repubblicana è (quasi) rimandata

Per ora questa storia è all'insegna del cinismo generato dalla paura dello spettro di Katrina. Intanto domani i repubblicani, in sostanza, faranno saltare il primo giorno di Convention. Una coda di paglia lunga da Minneapolis alla Louisiana.

Gustav rovina la festa repubblicana (o forse no)

La drammatica situazione di New Orleans, che viene evacuata in queste ore, cambia il programma della convention di Minneapolis. Bush e Cheney rimarranno a Washington. Dopo il disastro e l'incompetenza di Katrina ci mancherebbe altro, farsi fotografare al party serale mentre a New Orleans si annaspa sotto l'acqua. Questa notizia potrebbe ritorcersi contro McCain - il ricordo della pessima figura e la constatazione che nulla è stato fatto per fermare l'acqua - oppure essere una manna dal cielo. L'assenza di Bush e Cheney renderà meno evidente la vicinanza tra il candidato e il presidente. E poi la giornata di domani, si dice, potrebbe diventare una specie di gara della solidarietà, McCain potrebbe tenere il suo discorso di giovedì dalle regioni colpite, in diretta sul grande schermo. Insomma, la tragedia potrebbe diventare un'ottima occasione di propaganda.

Il neoconservatore scontento della Palin

David Frum è l'inventore della locuzione "asse del male", che il presidente fece sua quando Frum lavorava come Special assistant e speechwriter del Presidente Bush. Oggi è uno scholar dell'American Enterprise Institute. Qui l'appunto sulla Palin apparso nel suo blog: non approva per nulla la scelta di McCain. E sostanzialmente fa sorgere il dubbio che l'abbiano scelta gli advisor, mica lui: "I'd guess that John McCain does not have a much better sense of who she is, what she believes, and the extent of her abilities". Possibile?

La piattaforma dei democratici...

...riassunta molto molto bene da Alessandro Coppola su Rassegna.it
E qui l'introduzione all'analisi dettagliata.

L'effetto convention e i sondaggi

Lo chiamano "bounce", è il rimbalzo positivo nei sondaggi provocato dalla Convention di partito. Per la Gallup le giornate di Denver hanno regalato a Obama 8 punti percentuale. Quanto è importante in vista della corsa finale? Il guru di Crystal Ball Larry Sabato fornisce lo storico di tutti i "bounce" del dopo convention di democratici e repubblicani, dal 1960 a oggi (utilizzando sempre la Gallup). Risultato? Impossibile dire quanto influisca realmente: per Sabato contano i fondamentali elettorali (l'importante è non steccarla la Convention, come avvenne per McGovern nel 1972). Dice Sabato:
The Crystal Ball's readers are hereby forewarned. Pretty propaganda shows can move polls temporarily, but it is the election fundamentals that determine the general election outcome.
Comunque vada alla fine i democratici hanno avuto quasi sempre un rimbalzo positivo maggiore dei repubblicani: in questo non c'è differenza tra Kerry e Clinton; la media del "bounce" in 40 e passa anni è stata del 6,8%. A leggere i numeri offerti da Sabato è evidente che non si può inferire in modo scientifico sull'effetto "bounce"; e lui lo snobba. Ne traiamo un'unica conclusione, alla Catalano: "meglio una Convention bella che una brutta". E allora a Obama è andata bene.

30 agosto 2008

Palin, la polvere si deposita, le analisi cambiano

Ecco un video di Michael Tomasky che sostiene che la scelta è insane, folle - queste grandi firme dal vivo sono sempre più impacciate e brutte che non nelle loro fotine su internet, tranne quelli di CNN, che probabilmente vanno a dormire con uno strato di cera in faccia. Ora, Tomasky è un sostenitore abbastanza chiaro di Obama, ma non è ingenuo. The Nation parla di scelta disperata. Non hanno tutti i torti, inesperta, con qualche scheletro nell'armadio, Palin sembra fatta apposta per farsi impallinare. Se sei forte e sicuro, non vai a tentoni in questo modo. Palin potrebbe anche risultare un colpo di genio, ma di quelli tentati per disperazione. Sempre dal GuardianAmerica, un ritratto di quello che viene definito The barracuda. Mother Jones dedica un ampio servizio a Feminists for life (?!?), l'organizzazione di cui Palin è membra. Certo è che con Palin e con l'inseguimento delle politiche di Bush, che sta abbracciando una ad una, quello McCain si presenta davvero come un ticket di destra. Rispetto a Bush-Cheney i ruoli sono invertiti (la religiosa è il vice, il falco è il presidente), ma il risultato probabilmente non cambia. Del resto, ancora un media britannico, politicamente piuttosto più a destra, l'Economist parla delle proposte del senatore dell'Arizona come di “politica estera da falco, tagli alle tasse irresponsabili e discussioni su aborto e religione. Sembra sempre di più il Bush III". Proprio quello che i democratici stanno cercando di far capire.

Forse non tutti sanno che...


Spostandosi in auto si ascolta molto la radio e stasera un redattore del Wall street journal spiegava che il Census bureau computa la ricchezza solo fino a un milione. Un bel guaio per capire come sono distribuiti i redditi. Spieghiamo: se uno è già milionario e da uno passa a tre milioni, l'istituto di statistica non registra questo passaggio, mentre registra un passaggio da 800mila a 900mila dollari. Forse ho capito male, perché già così i dati sulla redistribuzione verso l'alto dei redditi sono abbastanza inquietanti.

Più Stato=meno economia? Non secondo i numeri

Bella analisi di John E. Schwarz sul Washington Post. Usando i numeri ci ricorda due cose che contraddicono la vulgata economica in voga da trent'anni e usata anche in questa campagna dai repubblicani (ieri un deputato del Colorado sosteneva alla radio che Obama vuole creare il socialismo, ci credeva e parlava dell'Europa, non della Bulgaria degli anni 70). Sotto i presidenti democratici - che nella vulgata sono quelli che tassano, spendono e non creano economia e lavoro, i posti di lavoro in America sono aumentati di una media di 2,5 milioni l'anno contro l'1,4 dei repubblicani. Schwarz ci ricorda anche che i settori nei quali gli US sono davanti agli altri sono quelli che godono - o hanno goduto per il loro sviluppo - di un consistente investimento pubblico. Banalità che è sempre bene ricordare.

"Riscrivete quella bio", Sarah Palin su Wikipedia

Ecco una notizia divertente appena senita su NPR, la radio pubblica americana che magari averne. Un verificatore delle voci di wikipedia, che tutti possono contribuire ad elaborare, ha scoperto, facendo il suo lavoro, che la voce Sarah Palin è stata modificata, da una sola persona che ci ha lavorato per ore due giorni prima dell'incarico da McCain. La voce è stata riscritta sia per quanto riguarda l'aggettivazione (esempio non esatto: "è una donna politica" diventa "è una delle più interessanti e capaci donne politiche") che per quanto riguarda la biografia: una parte in cui si racconta del servizio fotografico fatto per una rivista di moda viene ridimensionata. Non è la prima volta e non sarà l'ultima, ma non è una bella figura. La voce adesso è immodificabile se non dallo staff di wikipedia.

29 agosto 2008

fuori il veggente

A proposito del casting del partito repubblicano per un ruolo da candidato vicepresidente (qui sotto trovate le informazioni che vi servono sulla prescelta), un anonimo commentatore di passaggio su America2008, a seguito di questo post di ieri, aveva scritto :

"McCain deve cercare di guadagnare il maggior numero di voti dei sostenitori della Clinton senza però scontentare la base. Sarah Palin sembra essere il biglietto vincente della lotteria: 44 anni, Governatrice dell'Alaska col 90% di gradimento, mamma di 5 figli di cui il maggiore soldato in Iraq e il più piccolo affetto dalla sindrome di Down, conservatrice, apprezzatissima dall'apparato del GOP. Mi chiedo come possa farsi scappare quest'occasione".

Esci allo scoperto! Ci avevi preso. Non abbiamo premi da consegnare, in realtà..

Sarah Palin è il vice di McCain: religione, fucili, inesperienza.

E' una donna la scelta di McCain. La governatore dell'Alaska Sarah Louise Palin, nata l'11 febbraio 1964 a Sandpoin, nell'Idaho, segue Geraldine Ferraro come candidata alla vicepresidenza Usa. Per i repubblicani si tratta di una prima volta. L'annuncio è studiato benissimo, per togliere dalle prime pagine dei siti la notizia del discorso di Obama. La scelta è ottima perché copre una serie di possibili mancanze del candidato, offre un volto nuovo, fornisce un'immagine di cambiamento anche ai repubblicani e regala la speranza di rosicchiare tra l'elettorato femminile di Hillary Clinton. Palin è membro della National Rifle Association, sposata con un eschimese, è famosa per le posizioni antiabortiste e contraria ai matrimoni gay. Ha un buon record per quanto riguarda la pulizia della politica, avendo votato no alle scelte da Tangentopoli del suo partito in Alaska (dove il senatore più corrotto d'America ha appena vinto le primarie repubblicane e verrà ricandidato). Un buon aiuto al divorziato senatore con la lobby evangelica. Dal punto di vista politico, con questa scelta McCain si sposta più a destra di quanto non abbia già fatto durante la campagne elettorale. Palin ha cinque figli, l'ultimo è affetto da sindrome di down. C'è da sperare non venga usato in campagna elettorale. Certo che se cercate Palin su google immagini, la foto più riprodotta è proprio quella qua sopra. Del resto, ieri sera, le figlie di Obama erano sul palco. La politica americana (e il premier italiano l'ha studiata bene) è così.
Due difetti immediatamente rilevabili: il primo è l'inesperienza. Se Obama non va bene perché ha solo due anni di esperienza in Senato e due legislature in Illinois, che dire della governatore? Secondo, il marito lavora per la British Petroleum in Alaska. Non è un dirigente e si è preso una aspettativa, ma visto che la campagna è anche sul petrolio e sull'ambiente (e che le trivellazioni in Alaska sono un tema controverso), questa occupazione potrà essere usata contro il ticket repubblicano.

Emozioni e.. soldi (i vostri)

Obama ha appena concluso il suo discorso, firma le carte con le quali diviene il candidato ufficiale del partito democratico; con l'emozione che ancora attraversa il cielo del Colorado lui che fa? Ci chiede soldi.. quasi un colpo basso.. 30 secondi di video

ps. Esercizio fino a novembre: immaginare tutte queste cose fatte dai politici italiani e provare a vedere l'effetto che fa. Ora sostituire Biden e Obama con Veltroni e il suo vice (come si chiama quell'altro.. Franceschetti, Franceschini..) e immaginare i due che vi battono dieci euro stretti stretti uno accanto all'altro.

Il discorso di Obama

Ecco il link al video Vale la pena. Per ora il video a miglior definizione è questo di Nbc, nella galleria anche gli interventi di Gore, di un operaio disoccupato dell'Indiana ex repubblicano.

Arriva un uragano, New Orleans evacuata e i repubblicani considerano un rinvio della convention

Ecco il link all'articolo del Washington Post sulla notizia. La question è semplice: aprire la convention mentre ci sono gli sfollati in Lousiana sarebeb di cattivo gusto. E ricorderebbe a qualcuno il disastro della Fema e di Washington nella Gulf Coast qualche anno fa.

Obama diventa pragmatico, attacca McCain e resta evocativo. Ragazzi che discorso


Un elenco di questioni da affrontare che, se davvero dovessero essere affrontate nel modo in cui Barack Obama le ha affrontate, trasformerebbero la faccia degli Stati Uniti. Sanità, scuola, indipendenza energetica, fine della guerra. Duri attacchi a McCain: . E poi smettete di personalizzarla. Lo stadio strapieno, Stevie Wonder che canta, star nel retro (il coreano di Lost), persino i personaggi più famosi della CNN che scattavano foto. Fuori gadget a tonnellate e di ogni tipo e alla fine la possibile famiglia presidenziale sul palco. Sono quattro afroamericani! Goodness me! Il vecchio signore (bianco) davanti a me piangeva come un vitello.
La serata di Denver verrà ricordata e sarà mooolto difficile che il Grand Old Party trovi le parole per contrastare la ventata di novità e concretezza che è uscita dalle parole di Obama. Un discorso diverso dal solito, dove anche i riferimenti personali servono a dire: io sono cresciuto qua, se volete confrontarvi facciamolo su quello che ho detto e smettetela di sostenere che non sono americano.
Strategicamente la serata è perfetta. I big del partito parlano presto, Gore è il più applaudito, poi venti generali - uno solo parlerà - che spiegano perché Barack Obama è un buon Commander in chief. Seguono le testimonianze dal palco di un operaio, una piccola commerciante, una maestra, un ex operaio repubblicano, una signora che aveva ricevuto mail che spiegavano che Barack era amico di bin Laden, si era informata e si era messa a far campagna. Questi signori venivano da Ohio, Florida, Virginia, Indiana, North Carolina. Gli Stati che Obama vuole prendere ai repubblicani e dove i sondaggi lo danno alla pari, appena avanti o appena indietro. Sono gli Stati dove vive quella parte della popolazione che potrebbe essere scettica. Complimenti agli strateghi. Una serata, e che te lo dico a fare, memorabile.

28 agosto 2008

McCain ha scelto, ma non sappiamo chi è

Il tentativo è quello di far crescere la suspense e ripetere l'operazione sul vice fatta da Obama. L'annuncio è per venerdì. John McCain ha scelto il vice, ci sono due nomi in ballo, Mitt Romney, miliardario mormone che da governatore del Massachussets ha aperto ad aborto e diritti civili delle coppie omosessuali. Cosa direbbero gli evangelici? L'altro è il governatore del Minnesota Tim Pawlenty - un nome uscito adesso, la convention del Grand Old Party si tiene a casa sua e aiuterebbe a creare eccitazione in città (e magari a prendersi lo Stato). Ma Biden, se non tra i super addetti ai lavori, non era tra le prima scelte di Obama. Quindi ci potrebbero benissimo essere sorprese. Ad esempio l'ex democratico senatore ebreo Joe Liebermann, che ha rotto con il suo partito per colpa dell'Iraq (o meglio della sua posizione sbagliata sull'Iraq). Certo, la coppia McCain-Liebermann ricorderebbe un poco villa arzilla.

Plouffe: la mobilitazione ci aiuterà a vincere

Il direttore dell'edizione ameicana del Guardian Michael Tomasky, che è appena passato qui accanto circondato da una schiera di stagisti, ha passato il pomeriggio con l'organizzatore della campagna di Obama, David Plouffe. Fino ad ora, Plouffe ci ha preso sempre, ha saputo organizzare, trovare soldi, puntare sugli Stati giusti. E adesso spiega che la rete di mobilitazione dal basso costruita da Obama durante le primarie - e quella che si sta mettendo in piedi - aiuteranno a vincere le elezioni. Ecco il post di Tomasky

Maestoso (e ipocrita) Bill

Un oratore come ce ne sono pochi. Non vola alto, ma dice cose facendosi capire da tutti. Anche lui - e gli deve essere costato parecchio - ha spiegato ai democratici e agli americani che lo rimpiangono che Barack Obama è il presidente giusto. "Quando mi sono candidato i repubblicani mi attaccavano dicendo che non avevo esperienza. Non ha funzionato allora, non funziona stavolta". Già, verrebbe da dire che non ha funzionato nemmeno come argomento durante le primarie. Ecco il video.

Hillary incorona Obama. Grande coreografia, momento storico


Divisioni? Quali divisioni? Per dare una dimostrazione di unità, quelli del partito democratico hanno messo su una coreografia di quelle coi fiocchi. La nomination, quando non avviene per acclamazione, prevede che gli Stati vengano chiamati uno per uno e si esprimano (esempio: "Noi del grande Stato del Montana, patria delle mucche più belle e delle montagne stupende, dove scorre il fiume X e governati dal molto onorevole governatore Schweitzer diciamo 20 per Clinton, 30 per Obama"). Bene, il gioco è cominicato alle 4 e 30 circa, con i primi Stati che votavano. Alcuni davano il voto per come era stato espresso, altri davano meno voti a Hillary di quelli ottenuti alle primarie, altri ancora spiegavano “siccome Clinton ci chiede di farlo votiamo uniti per Barack Obama". Poi il colpo di scena, meglio di come si prevedesse. Quando viene il turno del New Mexico, il delegato incaricato di dichiarare il voto della sua delegazione dice, "Noi votiamo come fa l'Illinosi", Stato dove Obama ha preso più delegati, il suo. E l'Illinois che fa? "Noi votiamo come farà New York". Tutti hanno capito, è un tripudio. Da un corridoio laterale entra sua maestà Hillary Clinton, dirà lei a chi vanno i voti dei tre Stati sommati. Ha le occhiaie, ieri non le aveva. "New York vota per il prossimo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama". La sala esplode. Poi Hillary chiede di adottare la decisione per acclamazione, Nancy pelosi che presiede la seduta chiede: chi è d'accordo alzi la mano...YEAHH. Musica, tripudio, gioia è come si dice in America, un "historic moment". Ma stavolta forse lo è davvero. Il primo afroamericano candidato presidente. Maledetti americani, ne sanno una più del diavolo.

27 agosto 2008

Nazisti e varie

Oggi il Corriere titola in prima pagina "Un piano per uccidere Obama". Poco dopo che il quotidiano è stato mandato in stampa, in America la notizia si era completamente sgonfiata. Nella conferenza stampa di ieri il procuratore di Denver Troy Eid ha detto che il piano era "more aspirational than operational". La conferenza stampa si è tenuta quando in Italia era passata mezzanotte, a quotidiani (italiani) ultimati. I tre presunti attentatori sono accusati di possesso illegale di armi e di droga, nessuna menzione per i loro obiettivi terroristici. Per le autorità del Colorado non erano in grado di mettere in atto alcun piano. Bel colpo stampa italiana (mica solo il Corriere..).

Il partito è diviso, come raccontano tutti nonché il post qui sotto del nostro uomo a Denver. Tra tutti i commenti, scegliamo quello della solita Maureen Dowd:

"But this Democratic convention has a vibe so weird and jittery, so at odds with the early thrilling, fairy dust feel of the Obama revolution, that I had to consult Mike Murphy, the peppery Republican strategist and former McCain guru.“What is that feeling in the air?” I asked him.“Submerged hate,” he promptly replied.
E Bill Clinton, che parlerà oggi, a quanto pare non è stato accontentato sull'orario nel quale intervenire. Niente prime time, insomma. Al momento, manca ancora il programma definitivo della giornata: grande confusione sotto al cielo.

Il video di Kucinich e quello di Hillary

Qui il video del discorso di Kucinich e qui quello di Clinton, ventitré minuti di urla del pubblico.

Se poi perdiamo non date la colpa a me... Hillary fa il suo dovere e chiede unità


Preceduta da un video celebrativo, introdotta da Chelsea, davanti a una platea che d'incanto si riempie di cartelli con la scritta Hillary - ma, attenzione, diversa graficamente da quella della campagna - la senatrice di New York ha chiamato i democratici all'unità. "Pensate al giorno delle elezioni non alle primarie". Nominando tanti dei suoi elettori, storie tragiche di sanità mancata, di veterani senza futuro, Hillary Rodham Clinton ha invitato i suoi sostenitori a fare quello che devono per "riprendersi il Paese". Ha celebrato se stessa, certo, ma ha cominciato dicendo di essere una madre orgogliosa, un'americana orgogliosa e un'orgogliosa sostenitrice di barack Obama. Ha scherzato su McCain: "lui e Bush terranno la convention nelle città gemelle (Minneapolis e Saint Paul, di fatto lo stesso nucleo urbano) perché in questo periodo sono difficili da distinguere". Non un attacco a caso il suo, il pericolo che una parte dei suoi sostenitori votino repubblicano c'è, in fondo la poco meno della metà degli spettatori in sala e 18 milioni di persone alle primarie hanno scelto lei. E a vederli di persona qui a Denver, molti sono proprio rappresentanti di quella middle class messa male che fa fatica a guardare al futuro, al cambiamento, ma vorrebbe tornarsene agli anni 90. Adesso sta a Obama trovarle un posto di qualche tipo e parlare di lei nel discorso di dopodomani. Se troverà le parole giuste, i reagan democrats e quelli che sono tornati a votare democratico nelle elezioni di mezzo termine del 2006, corteggiati per tutta la giornata con discorsi sull'economia, probabilmente torneranno all'ovile.

L'attesa per Hillary, l'economia, le donne, il sano populismo di Kucinich


Niente cattiverie. Ma oggi che si parla di economia, qualche contenuto e molte critiche al disastro economico di otto anni di George W. Bush sono arrivate. I delegati e gli ospiti con la spilla di Hillary sono più di ieri e tutti stanno con le antenne in funzione per cercare di capire cosa faranno domani, quando si vota. Il terrore è che qualcuno fischi, faccia casino in platea. Mostri un partito diviso (come in effetti è).
Sul palco le donne elette in Senato e alla Camera spiegano che rovina sono stati per le famiglie gli ultimi anni - il titolo è "Proteggiamo i bilanci delle famiglie", la colonna sonora Sisters are doing it for themselves. L'insistenza sui milioni di green collar jobs è ossessiva, quella sulle paghe uguali per donne e uomini pure. Ogni oratore parla del suo Stato, della sua situazione, delle necessità delle zone rurali, della decadenza industriale, della difficoltà di arrivare a fine mese. Dopo le donne, il lavoro, i sindacalisti, il lavoratore del Michigan licenziato, l'infermiera disoccupata, Ed Rendall, governatore della Pennsylvania, che parla del prezzo del petrolio, delle multinazionali degli idrocarburi e della politica di Bush-Cheney (che a Philadelphia, nel suo Stato, alla convention del 2004, aveva promesso indipendenza energetica). Rendall picchia duro su McCain. Lo aveva detto in Tv, dobbiamo picchiare duro sull'energia. "L'unica cosa verde della politica di McCain sono i dollari che regalerà alle multinazionali e l'unica cosa che riciclerà sono le politiche di Bush. Il leader della Afl-Cio racconta storie di licenziamenti, paghe basse, pensionati che hanno visto ridotta la loro pensione. Il premio per aver scaldato la platea, questo pomeriggio, va comunque a Dennis Kucinich, deputato di sinistra dell'Ohio. Al grido di svegliati America, attaccando Bush, la guerra e l'economia (viene da Cleveland, il posto dove la crisi ha picchiato più duro) ha scaldato un pubblico fino a quel momento sonnacchioso.
C'è un fatto interessante in questa convention: se si escludono le poche superstar del partito (Kennedy, Michelle, Hillary), la popolarità dell'oratore non va di pari passo con il suo successo, con il suo peso specifico nel partito. I senatori che decidono le cose vere sono grigi, quelli che piacciono al partito, magari non contano niente. Kucinich è uno di questi. Bisognava vederlo quasi ballare sul palco - se trovo il video lo carico.

26 agosto 2008

Nazisti dell'Illinois (pardon, del Colorado)/2

Ecco la notizia, dai toni assai più blandi, apparsa sul New York Times. In Italia le versioni on-line dei quotidiani ci hanno sfangato la giornata per un po' (e anche altri in giro per il mondo, in realtà). Però le autorità di Denver sostengono che "We're absolutely confident there is no credible threat to the candidate, the Democratic national convention or the people of Colorado". L'attentato a Obama è uno dei temi sotto traccia ma sempre presenti di questa campagna elettorale: un nazista ubriaco è bastato per dare le ali a un racconto già scritto nelle menti dei lettori. La mano del giornalista non ha potuto resistere all'idea di scrivere su "l'incubo attentato". Qualunque sia il grado effettivo di pericolo che corre Barack Obama. Al confine tra subconscio, informazione spettacolo, politica, realtà, leggenda metropolitana e le paure profonde che la storia americana porta con sé.

Nazisti dell'Illinois (pardon, del Colorado)

La prima notizia sui siti di informazione italiana come Repubblica e Corriere è l'arresto (domenica) di un presunto nazista del Colorado che intendeva colpire Obama con altri due complici; nei grandi siti di informazione americana al momento non c'è traccia. Come mai? Non bastava il dramma Hillary per avere una storia da raccontare? Oppure è vero? La dinamica è strana: il primo arresto è avvenuto perché l'attentatore era ubriaco, andava a zig zag con la sua auto, aveva le armi in macchina e ha dichiarato di preparare un attentato: un metodo infallibile per non farsi beccare. Un po' strano, bisognerebbe prendere tempo per verificare bene, ma in Italia la notizia è già verità. Tra un pò di ore capiremo meglio. Forse. O forse ce ne saremo scordati. Quali nazisti?

Oggi alla Convention si parla di economia; e poi prove di esorcismo su Hillary

Interverrà oggi la dissidente democratica Hillary Clinton.

Ci sono molti altri interventi interessanti: da tenere d'occhio il governatore dell'Ohio Ted Strickland, il potente Rahm Emanuel, il capo del sindacato John Sweeney, ovviamente Mark Warner, che sarà keynote speech come Obama nel 2004. Qui l'estenuante programma della giornata di Denver.

Dopo la Clinton il Reverendo Jin Ho Kang e il Reverendo Yoougsook Kang, due metodisti del Colorado, benediranno la folla e la Convention (non è uno scherzo): basterà a cacciare il fantasma di Hillary? Considerando che sono addirittura due..

ps. si parla di economia: e nel frattempo ha chiuso la nona banca americana dall'inizio dell'anno (la Columbian), mentre si aspetta di capire cosa accadrà alla Lehmann Brothers, che a quanto pare trova possibili acquirenti solo in Asia.

Michelle e le bambine, ancora l'american dream (ma non nominate Hillary)

L'unico momento difficile del discorso di Michelle Obama, che di fatto chiude questa prima giornata, è il momento in cui, facendo un elenco di grandi e piccoli personaggi che fanno grande l'America, la moglie del candidato nomina l'ex rivale. Applausi, qualche brusio e qualche fischio. Diretto a chi? Alla speaker, tanto sfrontata e tanto faccia di bronzo? Oppure all'ex first lady, che tutti continuano a ripetere non aver digerito lo scacco infertole da Obama? Il finale è un tripudio: con il senatore dell'Illinois che si collega in diretta da una casa di Kansas City - che, attenzione, è in Missouri, uno degli Stati da portare a casa, che cambia voto ogni volta che cambia il partito che vince le elezioni - e Michelle che accoglie sul palco le figlie. "Fate le brave, io arrivo giovedì". Stucchevole ma efficace, la gente, sulle scale mobili che portano all'uscita, commentava entusiasta. Sul discorso di Michelle c'è poco da dire. Un aspetto è importante, non ha parlato come una nera. Anzi, la sua storia di figlia di una famiglia di lavoratori, se la sentivi alla radio, poteva essere quella di un qualsiasi appartenente alla middle class. E questo era il compito che le è stato assegnato. Dev'essere stato difficile per una tanto combattiva, una che racconta degli anni universitari come anni di discriminazione.

Kennedy parla, passa la fiaccola e infiamma la platea


Ecco il link al video del vecchio leone liberal. Forse non è completo ma Nbc è la prima a caricarlo, prima di You tube che ha una pagina sulle convention e prima di Cnn che fa la diretta. "Niente, niente mi avrebbe potuto impedire di esserci" è la prima frase. La regia è perfetta, un video della sua carriera politica che finisce sul comizio fianco a fianco con Obama. Poi, l'apparizione sul podio e i cartelli Change we believe in che improvvisamente vengono sostituiti da quello con scritto sopra Kennedy. Il senatore è vanitoso e malato, perché avrebbe dovuto perdersi un'occasione simile? La giornata è quel che si prevedeva, il tentativo ossessivo di ribadire che Obama è un americano normale. Lo hanno ripetuto il sindacalista di Chicago e i familiari, Jesse Jackson jr, il clan Kennedy e l'ex repubblicano dell'Iowa Jim Leach. Tutta la giornata è farcita di storie edificanti, storie americane, di gente che ce l'ha fatta. Una diversa dall'altra (ricchi, poveri, neri, bianchi), tutte storie americane. Da domani si parla di politica. Forse.

La convention è aperta...e sembra un luna park

Eccoci qua, milioni di giornalisti disorientati, i delegati della Florida, quelli che quasi non dovevano esserci per via della scelta di rompere con il calendario delle primarie del partito, hanno un posto in prima fila, sotto il palco. E sono tutti vestiti sgargianti e si tirano un pallone da spiaggia. Sul palco una band suona degli stacchetti mentre nei corridoi di questo palasport deputati e senatori passeggiano tronfi, stringendo mani e salutando. Sul podio si alternano deputati sconosciuti e figure chiave del partito (Howard Dean, Nancy Pelosi e altri) che spiegano le regole. Su grandi schermi, nelle pause, scorrono filmati che presentano la piattaforma democratica per le elezioni o che raccontano di come il partito si sia preso il West (Colorado, Montana, Kansas e altri ancora che hanno eletto governatori del partito). I vari governatori, i maschi con il cappellone e/o il cravattino da mandiriani spiegano che ambiente, capacità imprenditoriali e voglia di lavorare sono la ricetta per il Paese. Il tentativo è quello di far passare l'idea che questa regione sia a portata di mano anche alle presidenziali. Staremo a vedere. Stasera è la notte di Michelle. Proverà a spiegare perché Obama è l'uomo da mandare alla Casa Bianca e a raccontare il sogno americano di famiglia. C'è incertezza sul discorso di Ted Kennedy. Di sicuro è a Denver, forse parlerà. Lo sapremo più tardi e lo racconteremo.

La vera baraonda


Leggete il programma della convention del 25 agosto nel dettaglio: chi di voi sopravviverebbe a una baraonda del genere? Meglio la liturgia di un ingessato - e rassicurante - Congresso del Pcus. Qui troppa gente, troppe cose, persone, musica, video.. Prima di arrivare al nome clou della giornata - Michelle Obama - ci sono decine di interventi di sconosciuti e siparietti di ogni tipo. Onore ai reporter sul campo.

25 agosto 2008

Ossessione Clinton

Il principale advisor di John McCain è Mark Penn, l'ex consigliere di Hillary Clinton in questa campagna elettorale. Ha fornito - gratis - idee e materiali ai repubblicani, come fece Ted Kennedy nel 1980 quando si battè con veemenza contro Carter fornendo spunti alla campagna di Ronald Reagan. Qui difende l'eredità del clintonismo, che sarebbe la più rilevante "dottrina" politica americana dai tempi del New Deal. L'importante è sminuire quello che accadra in questa convention. L'ossessione Clinton (lui è lei) non finirà presto. Nel frattempo McCain si è convinto di avere un territorio di caccia nel quale pescare: i Clinton democrats (li trovate anche qui, secondo il preoccupato Joe Trippi).

Sondaggi sull'effetto Biden

Nessuno. Per ora zero impatto sul voto pro-Obama, almeno secondo un sondaggio segnalato dal blog del Washington Post "Behind the Numbers", a cura dello stesso quotidiano e dell'Abc.

Denver, il giorno prima: Preti di tutte le fedi, Unitevi!

La migliore era la donna anglicana (sono quelli che hanno anche i vescovi omosessuali), poi c'era una rabbina riformata, l'imam, il rabbino ortodosso, il prete cattolico e un paio di evangelici. In mezzo i cori gospel e quelli cattolici e poi i tamburi degli indiani d'America. L'interfaith gathering, il raduno-preghiera di tutte le fedi è il primo appuntamento ufficiale della convention che apre domani. Un bel messaggio dopo le retate di musulmani, un altro pezzo dell'unità del Paese di cui parla Obama (la razza, le generazioni, eccetera), un po' di furbizia nel corteggiare ebrei ed evangelici, insospettiti da Obama i primi, in possibile libera uscita dai repubblicani i secondi. La sala era piena di gente, molti afroamericani, diversi bianchi. Tanta polizia, come ovunque a Denver da stamattina. Qualche antiabortista militante è stato portato via mentre urlava che Obama è un assassino di bambini. La tecnica usata da questi gruppi è uguale a quella dei pacifisti contro Bush, sono in sala, sparsi e si alzano uno alla volta urlando. Domani sera (alle quattro del mattino in Italia) parla Michelle, poi proiettano un film. Ma i timori di tutti gli analisti virano su due domande: che faranno i delegati di Clinton, quanto mostreranno il loro disappunto; quanto sarà bravo Obama a parlare finalmente di pane&salame e tenerlo assieme al convincente discorso sul cambiamento (e sulla sua epopea personale) che fa generalmente. Per adesso c'è il gospel e un sole che brucia la faccia.

24 agosto 2008

Benvenuti a Denver


Eccoci a Denver, la città perfetta per una convention democratica con Obama candidato. Ricca, turistica, piena di palestre di yoga e di negozi che vendono local food, la città è ricca di quei giovani contemporanei che tanto si entusiasmano per Barack. A Sud ovest la pianura ricca di prateria e mandrie, in città qualche impresa hi tech e tanto turismo di passaggio verso le Rocky mountains (o Colorado springs, il Vaticano evangelico d'America, la città delle mega chiese e dei mega raduni). Uno Stato tradizionalmente repubblicano (ha vinto Bush due volte e persino Bob Dole contro il secondo Clinton), ma governato dal democratico Bill Ritter, che ha preso voti tra i contadini, così come in città. I democratici dell'Ovest sono pieni di queste figure politiche capaci di strappare voti ai repubblicani (anche in Virginia, dall'altro capo degli States, sta andando così) e queste figure sembrano essere il volto emergente del partito, distante dai politici newyorchesi o del New England caricaturizzati dai repubblicani.
Denver è felice di accogliere la marea festante dei delegati, molti soldi pioveranno sulla città per una settimana, tutti affittano i loro appartamenti a caro prezzo, la stampa parlerà dei suoi bar e ristoranti e, forse, entrerà, come si dice facilmente in America, nella storia. All'aeroporto anziane signore col cappello da mandriano fanno volontariato per i democratici, tutti sono gentili e attorno al Pepsi centre dove si svolgerà la convention, ferve l'attività, piovono volontari e cani poliziotto annusano l'aria. Domani arrivano tutti, lunedì si parte. Benvenuti a Denver.

23 agosto 2008

Biden

Una buona battuta di Joe Biden di qualche tempo fa a proposito di McCain:

"Just because John served five years in POW (Prisoner Of War) camp doesn't mean he understands healthcare policy better than the rest of us, and he doesn't."

Chiuso il calcio mercato democratico: Biden con Obama, lunedì parte il campionato

.. é finita, non se ne poteva quasi più. Ora, finalmente, spazio al calcio giocato e allo sport più bello del mondo, le elezioni americane. Biden (il presidente del Committee on Foreign Relations del Senato) è il vice di Obama: posizioni molto tradizionali in politica estera (ma spesso è stato un falco anche lui, anche se non può essere considerato uno strano animale tipo "neo-liberal"), con un savoir faire e delle origini - è cattolico ed è nato dalla zona operaia della Pennsylvania - buone per la working class bianca della rust belt.

Obama continua a rassicurare tutti gli establishment possibili: quello di Washington che si può fidare di un senatore in carica da 35 anni, quello del partito democratico, quello della politica estera ecc. ecc. Nell'invasione dei profili che troverete in rete sul vice di Obama ve ne proponiamo uno breve ed efficace: quello di ieri del columnist conservatore del New York Times David Brooks. Torneremo in seguito su Biden e le sue posizioni in politica estera.

22 agosto 2008

E ora qualcosa di veramente divertente

Quattrocentomila visitatori per questo mix bollywoodiano-obamiano...

L'ora dei vice...per il McCain il Time dice Romney. Obama ha scelto

Un blog del Time Magazine sostiene che due fonti repubblicane abbiano assicurato che il VP di McCain sarà Mitt Romney, miliardario mormone, ex governatore del Massachussets, capo del comitato olimpico invernale di Salt Lake City (capitale dello Utah, lo Stato dei mormoni dove si svolge il serial Fox Big Love, che racconta di una famiglia poligama). Romney piace all'establishment, ha tanti soldi suoi e può sostenere di essere esperto di economia. Ma ha anche molti difetti: è mormone, è l'anti McCain se si prende il senatore dell'Arizona come l'outsider del partito di Bush e come governatore ha approvato leggi che non piacerebbero ai value voters. Mike Huckabee, predicatore-ex governatore dell'Arkansas e osso più duro da battere per McCain è già andato in TV a dire che Mitt non piace all'elettorato evangelico. Il Nyt ci dice che il generale Petraeus potrebbe essere arruolato a sorpresa nel ticket.
Quanto a Obama, il senatore ha dichiarato di avere scelto una persona indipendente, capace di aiutare a governare. Voci dalla campagna dicono che la scelta tra esperienza (che manca a Obama) e cambiamento è stata LA questione su cui si è discusso più a lungo. In un caso la scelta cadrebbe, si dice, su Joe Biden. Nell'altro su Tim Kaine, governatore dello Stato chiave della Virginia, incontrato ieri in privato, sostenitore della prima ora, bianco, religioso ma favorevole all'aborto (non personalmente, ma come figura pubblica). Terzo è il senatore Bayh, Indiana, Stato forse in ballo. Michael Tomasky, direttore del Guardian edizione americana, sostiene che sarebeb il migliore perché very middle american, very middle e very american, ottimo per un candidato esotico.

Il mondo cambia, i consiglieri un po' meno

La notizia del giorno (un po' nascosta) è che la Rice avrebbe raggiunto un accordo con il governo iracheno per il ritiro delle truppe USA entro il 2011. Può essere un ritiro col trucco però: se ne vanno solo le truppe "di combattimento" mentre gli altri vanno in basi permanenti fuori dalle città. Staremo a vedere. Nel frattempo Petraeus se ne va, per andare al CENTCOM: il comando militare che ha la responsabilità del Grande Medioriente cioè dell'Iraq, dell'Afghanistan e dell'Iran. In un'intervista a Newsweek ci spiega che la situazione è migliorata ma che non c'è la democrazia bensì l' "Iraqocrazia". Comunque vada una possibile amministrazione Obama dovrà vedersela con il suo potere e il suo prestigio. A proposito di democratici il National Journal sostiene che i democratici ancora non hanno adeguato il loro bagaglio culturale alla fine della fase guerreggiata della guerra al terrorismo. E' un mondo sempre più complicato, come ci spiega Ha'aretz: se si litiga con la Russia anche il dossier iraniano ne risente. In tutto questo le certezze del passato ci tranquillizzano: il nuovo aspirante presidente democratico si circonda di gente con un solido curriculum nel campo della teoria del dominio. L'uomo della foto accanto, Richard Holbrooke, iniziò la sua carriera diplomatica durante la guerra del Vietnam quando si diceva che non si poteva, proprio no, lasciare il sud del paese ai comunisti. Oggi cosa scrive sul Washington Post? Che non si può lasciare la Georgia ai sovietici, pardon, ai russi. E poi ci spiega le regole del mondo della guerra fredda, pardon, del post-guerra fredda. Su tutt'altra linea ci sono i realisti di National Interest che spiegano in un lungo e sofisticato articolo quanto ci sia bisogno di avere buoni rapporti con i russi.

21 agosto 2008

Una narrazione per Obama

Le convention si avvicinano e saranno il vero inizio della campagna. Da lì in poi i sondaggi cominceranno a dirci qualcosa di credibile, per ora i candidati sembrano quasi alla pari con un buon recupero di McCain in alcuni stati chiave che, se si votasse oggi, lo porterebbe alla Casa Bianca. Karl Rove, grande stratega di Bush, spiega perchè le convention sono importanti mentre Steven Stark consiglia ad Obama di prendere esempio da Bush padre: usare più il "noi" che l' "io" e connettersi con l'americano comune. Anderson Cooper della CNN individua 2 questioni-chiave ulteriori: scegliere un compagno di strada che dia l'idea dell'esperienza ma che "cambi il gioco" e rifocalizzare la campagna sull'economia. E proprio sull'economia, sulla questione cruciale dei "colletti blu", quelli che una volta da noi si chiamavano operai, si giocano le fortune di Obama che secondo Harold Meyerson ha lo stesso problema di tutto il partito democratico: ha costruito una narrazione coerente sulle donne e i neri, ma non sui lavoratori americani impoveriti negli ultimi 35 anni. I suoi piani fiscali, come nota il Los Angeles Times, hanno un'impronta redistributiva mentre quelli di McCain sono poco fuori il solco del repubblicanesimo reaganiano. Tuttavia, come spiega un lungo articolo del magazine del New York Times, non ha ancora scelto tra le due linee che si sono combattute negli anni '90: quella centrista di Rubin incentrata sul pareggio di bilancio e la salute dei mercati finanziari e quella a favore dell'intervento statale di Reich. Insomma, il pragmatismo e la "post-partisanship" di Obama rischiano di rendere il suo messaggio opaco e poco riconoscibile.

16 agosto 2008

Fango e politica: la guerra in Hillaryland, il libro anti Obama di Corsi


Ecco un lungo articolo da The Atlantic che ripercorre la storia della campagna eprsa da Hillary Clinton. Da qui, seguendo un link, troverete anche i memo di Mark Penn, lo stratega senza scrupoli che, con ogni probabilità, ha dato una mano alla senatrice a perdere le primarie. Ormai è storia, ma aiuta a capire come funziona la poltica americana dietro la facciata.

Aspettiamoci sporcizie di ogni tipo nei prossimi mesi. Non sarà direttamente McCain, che Obama accusa già di aver preso la strada dei colpi bassi, che in realtà sono solo estremizzazioni caricaturali delle sue posizioni politiche. I repubblicani, il partito, però, ha una lunga tradizione di cui ha fatto le spese lo stesso McCain contro Bush, in South Carolina nel 2000. In questi giorni è uscito un libro pieno di fango sul candidato Obama (è musulmano, non è americano, è di sinistra come tutti i negri). Lo ha scritto Jerome Corsi, lo stesso dei swift boat veterans anti Kerry nel 2004. Ecco la recensione del NYT, da qui, seguendo un link, anche degli estratti del volume.

13 agosto 2008

Warner il keynote speaker della convention

Il Keynote speech equivale in qualche modo alla relazione introduttiva in un congresso politico. La connvention non ha molto a che vedere con un congresso, ma il paragone potrebbe funzionare. A tenere il discorso Obama ha chiamato Mike Warner, ex governatore della Virginia e candidato senatore nello Stato. La Virginia serve eccome ai democratici. Tra gli altri speaker importanti cisaranno Michelle Obama, Nancy Pelosi, il governatore del Colorado, la senatrice McCaskill, tra le prie sostenitrci del senatore afroamericano e, last but not least, Hillary Clinton. Le voci sul fatto che Hillary si prepari a giocare qualche brutto scherzo si moltiplicano - far fischiare, occupare troppo spazio mediatico. Forse Obama si protegge e gioca in anticipo, forse la senatrice spera davvero di diventare presidente nel 2012.

Un breve saggio sulla nuova guerra fredda

Tratto da un numero del 2006 da TheNation, ecco un saggio di Stephen Cohen che teorizza, partendo dall'idea che i rapporti tra Mosca e Washington sono in caduta libera, che la Guerra fredda è ricominciata (o mai finita). Cohen, sul sito, ribadisce il concetto sulla scorta degli ultimi accadimenti georgiani. Del resto, a Washington circola ancora tanta gente nostalgica, pronta a rileggere il mondo con le lenti diieri. E a Mosca hanno bisogno di far vedere che hanno i muscoli.

12 agosto 2008

Non starà mica cambiando il mondo proprio ora?

La guerra russo-georgiana richiede un'interruzione della nostra annunciata vacanza, giusto per porsi una domanda: come l'hanno presa negli USA? Malino. Come nota Dan Froomkin sul Washington Post, dai e dai a forza di provocare i russi nel loro "cortile di casa" l'amministrazione Bush ha risvegliato l'Orso. Da indagare è se Sakhashvili ha mai avuto il semaforo verde dall'amministrazione per iniziare le ostilità. Probabilmente, come sostiene il direttore del Nixon Center, tempio del realismo, nessuno gli ha mai detto chiaramente di non farlo. Ora le conseguenze spaventano in molti. Robert Kaplan conclude per esempio che questa guerra pone termine alla fase post-1991 in cui la Russia era innocua e la ristabilisce come un "Grande Avversario". Gerald Seib, sul Wall Street Journal, fa un'analisi ancora più profonda: la Russia attuale non solo ha un forte potere di ricatto energetico ma è uno dei più grandi investitori internazionali di denaro proveniente dal petrolio. Non resta allora che giocare la carta cinese, guardando come esempio alla distensione degli anni Settanta. A proposito di Guerra Fredda vale la pena dare un'occhiata a come la Heritage Foundation suoni la carica anti-russa chiedendo che non si torni ai vecchi confini sovietici. Chissà quanto cambierà il mondo quest'estate. Pensiamoci.

6 agosto 2008

Qualche giorno di pausa, arrivederci a Denver e Minneapolis

Già da un paio di settimane il nostro lavoro ha subito un rallentamento notevole. Andiamo in vacanza per qualche giorno e intorno al 20 riprenderemo con i post. Dal 22 saremo a Denver per la convention democratica e, poi, a Minneapolis per quella del Grand Old Party. Seguiremo Obama davanti a 75mila persone e McCain davanti alla sua platea. E nel frattempo continueremo a seguire i giornali, guardare i dati, postare video e quant'altro. Con più lena di quanto non abbiamo fatto nelle ultime, sudate, settimane.

1 agosto 2008

Webb critica Obama sull'Afghanistan


Le scelte in politica estera di Barack Obama vengono passate al microscopio. Interessante, per provenienza, l'intervista del senatore Webb (Virginia), considerato per un breve periodo un possibile vice del candidato democratico, al Financial times Secondo Webb, l'idea di mandare più truppe in Afghanistan è sbagliata perché stabilizzare la situazione sul terreno è impossibile. Webb invoca un'offensiva diplomatica ad ampio raggio, come suggerito sull'Iraq dall'Iraqi study group di Baker e Hamilton (quello a cui Bush a risposto con “the surge", l'aument delle truppe). Non ha tutti i torti, Webb, che di guerra se ne intende: è un eroe del Vietnam e suo figlio ha combattuto in Iraq, a differenza della maggior parte dei pargoli delel famiglie repubblicane del Congresso, che sostenevano la guerra da Washington. L'ex marine ed ex Reagan democrat, si è opposto ala guerra, ma il figlio ce l'ha mandato.

Suburbs e città, chi vince dove

Le indagini statistiche, i sondaggi, si conducon Stato per Stato. E' quella l'unità di misura importante, sono quelli i confini dentro ai quali si vince o si perde. Ma la geografia elettorale non è solo Nord contro Sud (o midwest), ci sono le divisioni culturali, razziali, di censo interne agli Stati. La Virginia, per fare un esempio di un territorio che sarà terreo di battaglia a novembre, è uno Stato bianco e tradizionale nel suo Sud, dove Obama può contare sui giovani ceti dinamici che vivono al Nord, a ridosso di Washington DC, e di una cospicua minoranza nera. Le campagne devono quindi lavorare a sezionare gli Stati in territori e studiare dove, come e perché parlare in che modo in ogni contea. Durante le primarie è più facile, si vota Stato per Stato. Ma oggi, almeno nei cosiddetti battelground states, la cosa serve. Poi, ci sono le differenze tra città e sobborghi. Questo interessante pezzo pubblicato su Politico parla proprio di queste. In città, qualsiasi città, per come è organizzato il territorio negli States, Obama ha grandi possibilità. Ma spesso la chiave delle elezioni sono i suburbs