26 agosto 2008

Michelle e le bambine, ancora l'american dream (ma non nominate Hillary)

L'unico momento difficile del discorso di Michelle Obama, che di fatto chiude questa prima giornata, è il momento in cui, facendo un elenco di grandi e piccoli personaggi che fanno grande l'America, la moglie del candidato nomina l'ex rivale. Applausi, qualche brusio e qualche fischio. Diretto a chi? Alla speaker, tanto sfrontata e tanto faccia di bronzo? Oppure all'ex first lady, che tutti continuano a ripetere non aver digerito lo scacco infertole da Obama? Il finale è un tripudio: con il senatore dell'Illinois che si collega in diretta da una casa di Kansas City - che, attenzione, è in Missouri, uno degli Stati da portare a casa, che cambia voto ogni volta che cambia il partito che vince le elezioni - e Michelle che accoglie sul palco le figlie. "Fate le brave, io arrivo giovedì". Stucchevole ma efficace, la gente, sulle scale mobili che portano all'uscita, commentava entusiasta. Sul discorso di Michelle c'è poco da dire. Un aspetto è importante, non ha parlato come una nera. Anzi, la sua storia di figlia di una famiglia di lavoratori, se la sentivi alla radio, poteva essere quella di un qualsiasi appartenente alla middle class. E questo era il compito che le è stato assegnato. Dev'essere stato difficile per una tanto combattiva, una che racconta degli anni universitari come anni di discriminazione.

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