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19 aprile 2009

Sull'Iran il Mit va oltre Obama

Avevamo scritto mesi fa - anche su Limes - di come la politica americana verso l'Iran avesse già cominciato a cambiare prima dell'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca. Piccoli movimenti di allontanamento dalla linea dell'isolamento e della contrapposizione ideologica seguita al discorso sull'asse del male del gennaio 2002: uno per tutti la partecipazione del sottosegretario agli esteri ai colloqui di Ginevra della scorsa estate. Iniziò il Princeton Project on National Security a dire che bisognava pensare diversamente e continuò l'Iraq Study Group di Hamilton e Baker. Oggi il presidente mostra di volere una politica diversa, basata sul riconoscimento della repubblica islamica e un confronto su tutti i dossier (Afghanistan e Iraq in primis) piuttosto che solo sul nucleare. Ma c'è chi va oltre e propone un approccio più coraggioso. E' il caso del Center for International Studies del prestigioso MIT, certo non un piccolo circolo culturale liberal. In un rapporto uscito nei giorni scorsi si propone di normalizzare le relazioni diplomatiche (interrotte nel 1979) ed abolire le sanzioni unilaterali. L'obiettivo è di rompere la politica del "carota e bastone" sostenuta anche da molti democratici finora e che ha isolato i dissidenti interni e rafforzato i conservatori. L'approccio qui proposto è l'inverso: prima la normalizzazione e la distensione e poi i cambiamenti nelle politiche. Nulla di molto diverso dallo spirito della diplomazia triangolare degli anni '70. Nessuno finora era arrivato a tanto, neanche nei think tank progressisti di Washington. Ecco il commento del Boston Globe e una scheda sintetica del rapporto.

2 settembre 2008

Incontri mattutini: think-tanks, gli esperti, i membri del Congresso a confronto

L'università del Minnesota ospita una serie di incontri paralleli alla conventione. Ieri era la volta di un convegno organizzato dal Council on Foreign Relations su Le sfide che aspettano il prossimo presidente. Energia, Iran e Russia, commercio internazionale sono i temi più trattati. Ecco il link al sommario della mattinata, chi vuole ed ha tempo può guardare queste discussioni on-line o, visto il fuso, guardare quello che è successo il giorno prima (il link è alla pagina sulla quale decidere cosa guardare). Ogni giorno si parla di un grande tema, poi si discute di politica con una serie di pundits e sondaggisti stranoti (una piccola comunità che si nutre di politica e nutre una comunità un po' più ampia di professionisti, studenti, giornalisti).
La discussione di ieri sui grandi temi impressionava per un particolare: c'è grande ansia per l'indipendenza energetica, un tema che si considera centrale anche per la sicurezza, ma non si discute MAI, di riduzione, anche minima dei consumi. L'altra cosa impressionante è l'attitudine verso l'Iran. Sia le domande che le risposte di alcuni panelists sono nette. Il problema è se è meglio bombardare direttamente, minacciare o lasciare il compito a Israele. Solo Richard Haass ha voluto ricordare cosa una bomba su Teheran significherebbe: più terrorismo, più caos in Iraq, ritardo ma non abbandono del programma nucleare e fine della possibilità di monitorarlo, crescita del consenso per il programma stesso in Iran e, magari, aumento della popolarità dell'ala estrema.