L'università del Minnesota ospita una serie di incontri paralleli alla conventione. Ieri era la volta di un convegno organizzato dal Council on Foreign Relations su Le sfide che aspettano il prossimo presidente. Energia, Iran e Russia, commercio internazionale sono i temi più trattati. Ecco il link al sommario della mattinata, chi vuole ed ha tempo può guardare queste discussioni on-line o, visto il fuso, guardare quello che è successo il giorno prima (il link è alla pagina sulla quale decidere cosa guardare). Ogni giorno si parla di un grande tema, poi si discute di politica con una serie di pundits e sondaggisti stranoti (una piccola comunità che si nutre di politica e nutre una comunità un po' più ampia di professionisti, studenti, giornalisti).
La discussione di ieri sui grandi temi impressionava per un particolare: c'è grande ansia per l'indipendenza energetica, un tema che si considera centrale anche per la sicurezza, ma non si discute MAI, di riduzione, anche minima dei consumi. L'altra cosa impressionante è l'attitudine verso l'Iran. Sia le domande che le risposte di alcuni panelists sono nette. Il problema è se è meglio bombardare direttamente, minacciare o lasciare il compito a Israele. Solo Richard Haass ha voluto ricordare cosa una bomba su Teheran significherebbe: più terrorismo, più caos in Iraq, ritardo ma non abbandono del programma nucleare e fine della possibilità di monitorarlo, crescita del consenso per il programma stesso in Iran e, magari, aumento della popolarità dell'ala estrema.
2 settembre 2008
Incontri mattutini: think-tanks, gli esperti, i membri del Congresso a confronto
Pubblicato da America2008 alle 20:47
Etichette: economia, politica estera, strategie elettorali, think-tanks
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1 commento:
Per fortuna il fronte realista, tanto sulla Russia che sull'Iran, è molto più ampio di quello che appare in queste elezioni. Non è detto che trovino il giusto ascolto nelle prossime elezioni, ma uno dei motivi per il quale Obama è apprezzato anche da una fetta dell'establishment più establishment è che un altro presidente "ideologico" non è più materialmente sostenibile, sotto tutti i punti di vista.
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