Oggi è l'11 settembre e i due candidati faranno i bravi senza attaccarsi, come avrebbe sempre voluto la grande stampa (vedi il Washington Post) e come prometteva Obama agli inizi della sua campagna. Poi ci si è accorti che non si porta la gente a votare senza parlare mai male dell'avversario: un po' com'è successo in Italia dove il centrosinistra che non ha mai chiamato per nome Berlusconi ha perso milioni di voti verso l'astensione, ma ancora non se n'è accorto. Negli USA invece le notizie sono di tutt'altro segno. L'ex stratega della campagna elettorale di Mondale (democratico che perse piuttosto male negli anni '80) ha imparato a fare i conti e in un magnifico articolo ci spiega che: l'effetto Palin sparirà presto; non bisogna guardare i sondaggi post-convention; se vanno a votare anche solo un po' più di giovani e neri in alcuni stati chiave Obama può colmare il gap che Kerry aveva con Bush 4 anni fa; che le nuove registrazioni in massa ai democratici ci sono proprio negli stati chiave (come Ohio e Pennsylvania) dove la battaglia per le primarie è stata più dura. Certo, bisogna proprio non guardarli i sondaggi post-convention: per esempio in New Mexico sembrerebbe che Obama si sia mangiato un grosso vantaggio nei confronti di McCain nel corso dell'estate, in Virginia la situazione è sempre in bilico ma ora pende un po' di più verso McCain. Il campionato è lungo e ci sono ancora molte partite da giocare.
11 settembre 2008
La demografia democratica
Pubblicato da America2008 alle 11:37
Etichette: analisi del voto, partito democratico
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2 commenti:
Beh, ci sono i dibattiti e questa cosa che dite sempre della macchina elettorale democratica che stavolta dovrebbe essere molto organizzata...no??????
La "macchina" democratica per la prima volta da molto tempo a questa parte funziona sul serio; lo si studia, lo si è visto sul campo ecc. ecc. Poi si tiene conto del fattore "razza", che conta sul serio, del fattore Bush (che conta sul serio anche quello) del fattore x e quello y... La verità è che il paese, comunque vada è spaccato a metà come nel 2000 e nel 2004. E' un paese ideologico, e nella convention i repubblicani sono stati bravi a galvanizzare i tifosi disamorati della propria squadra. Quanto durerà? Quanto conteranno gli elettori che decidono di andare a votare nelle ultime 48 ore? Si tratta degli elettori disinformati, non degli "indipendenti" (che è una categoria che mi fa sempre più ridere). Comunque sarà una battaglia, e in fondo ci stupiamo di nuovo che la "right nation" sia tutto sommato così in buona saluta, nonostante 8 anni terribili. Evidentemente le credenze costruite in questi ultimi 30 anni sono ben radicate: in politica vince chi semina; il lungo periodo, alla fine, conta più del breve (che pure ha il suo peso). Queste elezioni sono storiche per questo: se i democratici vincessero, potrebbero cominciare a seminare come fecero i repubblcani da Nixon in poi.
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