25 settembre 2008

Quando il gioco si fa duro.. si gioca in pochi campi

Prima di tornare sull'unico, vero grande tema di questa fine di campagna elettorale (la crisi e il crollo di Wall Street) una nota importante: in passato avevamo accennato all'ambiziosa strategia dei 50 stati di Obama, che richiamava quella del presidente del partito democratico Howard Dean.

Una strategia per competere in tutti gli stati, anche quelli dove i democratici sono naturalmente perdenti, con diversi obiettivi: impegnare i repubblicani su più fronti, avendo dalla propria più soldi, volontari, entusiasmo; guardare al futuro, a un partito più "compatto", più omogeneo nel messaggio e nell'identità in tutti gli stati; rafforzarsi dove i trend demografici mostrano grandi potenzialità per il partito democratico, come accade nell'ovest. Più in generale si trattava una strategia di rafforzamento "dell'apparato di partito democratico" (gli americani non userebbero mai un espressione del genere), non condivisa da tutti: una parte crede che risorse ed energie vadano utilizzate in pochi e strategici collegi elettorali che tradizionalmente garantiscono la vittoria in uno stato. Con l'avvicinarsi del 4 novembre si torna a questo approccio.

La notizia di un paio di giorno fa è che lo staff elettorale di Obama lasciava il Nord Dakota per spostarsi altrove, dandolo per perso dopo averci provato; osservando gli spostamenti di truppe e gli investimenti nella campagna elettorale (gli indicatori migliori della strategia elettorale di un candidato) si intuisce che nel prossimo mese e mezzo la campagna si concentrerà su: Michigan, Pennsylvania, New Hampshire, Virginia, North Carolina, Florida, forse la Georgia, ovviamente l'Ohio, Colorado, New Mexico e Nevada. Comunque non sono pochi gli stati nei quali si sceglie di giocare, ma ormai il dado è tratto. La strategia dei 50 stati, però, pagherà soprattutto al Congresso.

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