22 settembre 2008

Numeri della crisi: i pensionati e Wall Street

Da un articolo di Anna Guaita sul Messaggero:

Gli americani sull’orlo della pensione che decidono di restare al loro posto aumentano a vista d’occhio. Il 16,4 per cento degli ultra 65enni continua a lavorare, la cifra più alta da 40 anni a questa parte. E buona parte della colpa di ciò è del crollo del mercato. E’ vero che un peso su questi trend l’hanno avuto anche l’inflazione e il crescere dei costi medici (è aumentato il ticket che si paga sui medicinali). Ma a causare l’ondata di ripensamenti è la botta che tanti hanno subito per colpa della crisi del mondo finanziario: i 401k, i piani di risparmio individuali che negli Usa hanno preso il posto delle pensioni aziendali, hanno registrato una perdita, e questo causerà un calo nel tenore di vita dei futuri pensionati. O meglio: chi non ha fretta e può continuare a lavorare, può sperare di vedere il mercato riprendersi e anche gli investimenti che hanno sofferto risalire la china.

I 401k sono di fatto un sistema di risparmio a tassazione differita in cui il lavoratore e il datore di lavoro depositano una parte dello stipendio (in genere si tratta del 5-8 per cento ciascuno). I piani di risparmio sono investiti in diversi settori: titoli di Stato, mercato monetario, azioni. Quando questo sistema ha cominciato a subentrare alle pensioni aziendali, negli anni Ottanta, si e raccomandato ai lavoratori di diversificare gli investimenti in modo da non riportare perdite eccessive nel caso - come succede adesso - alcuni settori entrino in crisi. Per anni i 401k hanno funzionato bene, al punto che George Bush nel 2005 aveva lanciato una campagna per privatizzare anche la Social Security, cercando di convincere gli americani che quel 12,5 per cento che depositano mensilmente nelle casse federali per avere una pensione sociale da anziani poteva essere investito a Wall Street. Inutile dire che oggi sono molti a rallegrarsi del fatto che il progetto di Bush sia affondato nella diffidenza generale.

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