29 settembre 2008

Quando il candidato è uno di noi

L'articolo del New Yorker è molto lungo, ma chi ama studiare e capire l'America lo leggerà con piacere. Si chiama "Il problema degli Appalacchi" e ci racconta come va la campagna elettorale in un angolo di Virginia che ruota attorno alla città di Lebanon: zona di montagne, campagne e miniere dove i discendenti degli scozzesi e degli irlandesi hanno da sempre fatto a botte (politicamente ma non solo) con i discendenti degli schiavi africani. Mentre questi ultimi non votavano, ai primi il partito repubblicano di Karl Rove ha detto: “It’s just three things: He’s not like you, he doesn’t understand you, you can’t trust him. Our guy is like you, our guy understands you, you can trust him."Oggi Jim Webb e altri democratici "veraci" hanno cominciato ad invertire questa tendenza, attraverso un messaggio populista che rimanda alle radici del partito democratico e che oggi fa presa bene, nella contrapposizione tra Main Street e Wall Street. Obama ha imparato bene la lezione, basta leggere cosa ha detto un po' di tempo fa proprio a Lebanon: “They call it the ownership society in Washington. What they really mean is, You’re on your own. Your plant closes up and you lose your job, you’re on your own. You’re sailing along, trying to look after your kids, if you want to go back to college, you’re on your own. You’re a poor kid, lift yourself up by your bootstraps, you’re on your own. . . . Now, I guess if you think that somebody making four million dollars is still middle class, maybe you think it’s worked. But if you’re like an ordinary person, making thirty or forty or fifty thousand dollars, then you realize how tough things are. And that’s why I’m running for President, because that’s what I come from, that’s where I’ve been.”
E questo è quello che dovremo stare a guardare, se una volta tanto nell'era della televisione "la gente comune" volterà le spalle alla destra.

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