17 novembre 2008

Le guerre di Obama/2

Ieri avevamo titolato al singolare, forse è il caso di titolare al plurale. Il candidato che si fece avanti nelle primarie ricordando ogni 5 minuti che lui si era opposto alla guerra in Iraq e Hillary no, è oggi di fronte ad una serie di temi sui quali se non ci sarà una guerra vera e propria comunque il confronto sarà duro. I vecchi inquilini (intellettuali) della Casa Bianca già ringhiano sull'Afghanistan: Danielle Pletka, l'antipatica vicepresidente del think tank di destra AEI, scrive su Forbes che bisogna esportare il modello iracheno dell'accordo coi capitribù anche a Kabul e che comunque Obama non ha gli attributi per vincere il conflitto. Un altro tema su cui la destra contesterà Obama, ma chissà con quale successo, sarà quello della "Freedom Agenda": e ora che abbiamo sostenuto tutti questi oppositori democratici nel mondo arabo che ci facciamo? Ecco la risposta di Jackson Diehl sul Washington Post. Nel frattempo è oramai di moda prefigurare un "grande accordo" tra Cina e USA per uscire dalla crisi. Oggi ne parla Niall Ferguson sempre sul Washington Post.
La questione più che altro sarà: di fronte a problemi nuovi e di inaudita portata, quanto cambierà il paradigma della politica estera americana? Noi crediamo in realtà non molto, ma il dibattito è aperto.

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