1 giugno 2009

Sulla strada per il Cairo

Giovedì Obama sarà al Cairo (nella foto l'università di al-Azhar) per un discorso che si preannuncia molto importante in cui si rivolgerà non solo ai leader ma anche alle opinioni pubbliche arabe. L'arguto Michael Tomasky sostiene che lì capiremo se Obama è solo un realista oppure anche un liberale internazionalista con accenni neoconservatori. In altre parole, la prova del nove sarà se utilizzerà il discorso per rilanciare la questione della democrazia oppure solo per rilanciare il processo di pace. Speriamo abbia letto questo articolo di Steven Cook, esperto di mondo arabo del Council on Foreign Relations, in cui si dimostra come l'espansione della democrazia comporti la contrazione dei veri aiuti allo sviluppo e quindi crei più danni che benefici. Abbiamo già notato come la visita di giovedì sia strana perlomeno perchè non è prevista una tappa a Tel Aviv o Gerusalemme. I rapporti con Israele non sono più quelli di una volta, ma a perderci sarebbe anche lo stato ebraico: è questa la tesi di Alon Ben-Meir del Center for Global Affairs dell'NYU. I palestinesi (più che altro ciò che rimane di Fatah) invece si spellano le mani per il nuovo presidente: leggete cosa scrive l'ex-ministro Gassan Khatib sul Financial Times. Chi per ora se la gode è Oliver North che registra già il fallimento della strategia del dialogo globale lanciata da Obama. Il ragazzo fu uno dei maggiori organizzatori dell'affare Iran-Contra. Negli anni '90 fondò la Freedom Alliance che in italiano si può tradurre anche "casa delle libertà". E non dite che vi ricorda qualcosa.

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