"Se Teheran avesse il mare sarebbe una piccola Miami" potrebbe concludere Lino Banfi a commento delle elezioni di oggi in Iran. Si vota di venerdì perchè ovviamente quello è il giorno del riposo per gli islamici anche se noi abitanti nella "civiltà cristiana" pensiamo che tutto il mondo si fermi la domenica. Su Al-Jazeera in inglese trovate la cronaca: pare che ci sia parecchia gente in fila per votare. Sarebbe una buona notizia, visto che l'altra volta la bassa affluenza favorì la vittoria di Ahmadinejad. Ma le elezioni iraniane non sono una cosa normale. L'esperto del Carnegie Karim Sadjadpour, uno dei migliori esperti di Iran a Washington, spiega su Foreign Policy la contesa in termini americani. Il candidato riformista in pole-position è Mousavì che può essere considerato il Kerry persiano, lo voteranno quelli che non sopportano più Ahmadinejad-Bush. Gli altri candidati sono rispettivamente il John McCain e il Ralph Nader della situazione. Ma il paragone con la Florida è dato dal fatto che le elezioni, comunque vada, saranno molto poco corrette: a Mousavì servirebbe un margine di 5 milioni di voti per superare tutti gli ostacoli e le truffe che metteranno in campo gli altri.
Ah, a proposito di paragoni con l'America, i poteri del presidente iraniano sono simili a quelli del vicepresidente Usa: ma non quelli che ha ora Biden, bensì quelli che aveva il suo predecessore. Chiunque sarà eletto, quindi, sarà solo un interlocutore minore per Obama che, volente o nolente, dovrà convincere prima di tutto il duro Khamenei.
Ah, a proposito di paragoni con l'America, i poteri del presidente iraniano sono simili a quelli del vicepresidente Usa: ma non quelli che ha ora Biden, bensì quelli che aveva il suo predecessore. Chiunque sarà eletto, quindi, sarà solo un interlocutore minore per Obama che, volente o nolente, dovrà convincere prima di tutto il duro Khamenei.
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