4 giugno 2009

Obama al Cairo

"E' più facile iniziare le guerre che concluderle. E' più facile dare la colpa agli altri che guardarsi dentro; vedere ciò che è diverso piuttosto che cercare nell'altro ciò che condividiamo. Ma dovremmo scegliere la strada giusta, non quella più facile. C'è una regola che sta al cuore di ogni religione - che dobbiamo fare agli altri ciò che vorremmo che loro facessero a noi. E' una fede che trascende le nazioni e i popoli (..) una fede nelle altre persone ed è quello che mi ha portato qui oggi." I prossimi anni giudicheranno se il discorso di oggi al Cairo sarà studiato sui libri di storia, come quello di Philadelphia di cui vi parlammo qui. Come altre volte Obama ha parlato di politica parlando della vita. Ma già il fatto che fosse lì, a porgere una mano al mondo islamico, era un fatto storico. Non è stata solo retorica, c'era molta politica che proviamo a leggere anche sulla base di quello che abbiamo sentito dire da parte della foreign policy community americana.
1. "Nel combattere l'estremismo violento l'Islam non è parte del problema - è una parte importante nella promozione della pace". Gli Stati Uniti vengono presentati come una nazione anche islamica. L'Islam viene reinterpretato come fonte di tolleranza e innovazione. Viene recuperata la storia dell'Andalusia e vengono citati i grandi paesi mussulmani che hanno eletto donne alla loro guida.
2. I palestinesi "soffrono umiliazioni quotidiane - grandi e piccole - causate dall'occupazione. Che non ci siano dubbi: la loro situazione è intollerabile: l'America non volterà le spalle alla legittima aspirazione dei palestinesi per la dignità, le opportunità e un proprio stato". E poi parole molto dure contro la sofferenza inflitta a Gaza e contro la colonizzazione accanto a quelle contro chi nega l'Olocausto e il diritto di Israele ad esistere.
3."Hamas ha il sostegno di alcuni palestinesi, ma anche delle responsabilità". Dopo il riconoscimento politico tuttavia vengono ripetute le solite condizioni che hanno bloccato il processo fino ad oggi. Hamas ha però finora reagito positivamente al discorso, giudicandolo un'apertura.
4. Sull'Iran si fa un importante gesto simbolico riconoscendo il ruolo Usa nel rovesciamento di un governo "democraticamente eletto", cioè quello di Mossadeq negli anni '50. La risposta al problema nucleare è il rafforzamento del regime non-proliferatorio per tutti e la possibilità di usare l'energia a scopi pacifici. Parole che potrebbero avere un impatto sulla campagna per le presidenziali iraniane.
5. "Le elezioni da sole non fanno la democrazia". Ma non solo: "Ogni nazione da vita a questo principio basandosi sulle sue tradizioni" e poi cita le democrazie asiatiche e quelle islamiche.
6. "La questione femminile non è solo un problema dell'Islam". Non è importante la lotta al velo, anzi. E' importante la lotta all'analfabetismo femminile. "Non penso che le donne debbano fare le stesse scelte degli uomini per essere uguali a loro".
7. Sulla globalizzazione:"in tutti i paesi - compreso il mio - questo cambiamento può portare paura. Paura che a causa della modernità perderemo il controllo delle nostre scelte economiche, e politiche ma soprattutto che perderemo il controllo della nostra identità".

In generale, accanto alla ripetizione di alcuni mantra (vedi il post qui sotto sul tema dell'Afghanistan e dell'Iraq) un discorso che non solo tende una mano al mondo islamico ma che esclude che l'occidente abbia il monopolio della modernità e che ridefinisce la modernità occidentale in chiave liberal. Obama infatti indica anche una serie di problemi aperti all'interno della stessa civiltà occidentale: primo fra tutti quello dell'emancipazione femminile. Infine, un discorso che può rimanere nella storia come tentativo molto ambizioso di usare l'opinione pubblica e la costruzione di consenso di massa come fattore di accellerazione della diplomazia. Parlare all'opinione pubblica mediorientale per convincere certi leader a saltare l'ostacolo. Anche qui, forse, Obama supera una volta per tutte il Novecento.

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