24 maggio 2008

Il grande Satana, Obama e la politica estera

Ricordate? Ci fu un tempo in cui Obama non era abbastanza nero. Poi era troppo liberal e per finire troppo negro, così negro da essere un discepolo di Jeremiah Wright. Che a sua volta è naturalmente un affiliato di Farrakhan. La nuova debolezza, il nuovo punto su cui gli editorialisti americani insistono in questi giorni è quello di voler finire a letto con Ahmadinejad, Assad e Kim Jong il (per non parlare di quel pericolo pubblico di Raul Castro). L'argomento usato è: Obama ha dichiarato di voler dialogare incondizionatamente con i nemici dell'America, un segno di debolezza. Obama, nei giorni scorsi ha corretto il tiro, sostenendo che quell'incondizionatamente significa che l'obbiettivo è il dialogo e che questo va preparato. Peter Wehner sulla National Review gli rimprovera di essere impegnato a far dimenticare tutti gli elementi di novità, di essere come gli altri, di rimangiarsi gli annunci. Charles Krauthammer è ancora più duro sul Washington post di ieri. Lo scontro sul dialogo - e sul modo in cui ad esso si accenna nei comizi - sta diventando il centro degli scambi tra McCain e il senatore dell'Illinois e i suoi alleati politici si mobilitano (ecco la risposta di John Kerry a Krauthammer). Del resto la polemica l'ha cominciata il presidente Bush a Tel Aviv uno che sta progressivamente prendendo un ruolo nella campagna repubblicana. Ecco l'opinione del New York Times in materia e un commento del Christian Science Monitor che formula domande ai due candidati presidente. E poi una riflessione sull'importanza del dialogo di un altro presidente Bush ripreso da Mother Jones. Sullo sfondo, sarà bene non dimenticarlo, la ripresa dei colloqui tra Siria e Israele e la probabile risoluzione della infinita vicenda della presidenza libanese. Questa seconda non è disgiunta dalla prima. Il contesto mediorientale si muove appena, l'amministrazione Bush, come spiega un'analisi informata, sempre da Mother Jones, sta a guardare.

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