Ieri, per sostenere la necessità di rimanere in gara, Hillary Clinton ha spiegato che il marito ha vinto le primarie a giugno e che un altro candidato, Bob Kennedy, è stato ammazzato proprio a giugno, mentre era ancora a caccia della nomination. L'esempio non è piaciuto, se c'è un candidato che corre qualche rischio serio, questi non è la senatrice. ed ha scatenato reazioni di ogni sorta. La campagna di Hillary si è scusata. Ma tolte le schermaglie e il balletto sul comitato democratico destinato a decidere cosa fare con le delegazioni di Florida e Michigan, è bene guardare i numeri. Il direttore di Guardian America Michael Tomasky fa i conti di delegati, superdelegati e prossime primarie e senza trarre conclusioni, ci lascia intendere, come sappiamo da mesi, che Clinton ha poche frecce al suo arco (nel pezzo di Tomasky una serie di link a scenari prodotti da diversi bloggers). In estrema sintesi, se la senatrice vincesse di molto a Portorico e Obama di poco in South Dakota e Montana, a Clinton servirebebro comunque il 91% dei superdelegati rimasti (il calcolo precede qualche nuovo schieramento). Nel complesso al senatore dell'Illinois mancano 61 delegati per superare di uno quota 2025, mentre a Clinton ne servono 247. Attenzione: Clinton in Florida ha preso il 50% dei voti, mentre Edwards e Obama, sommati fanno 47%. Il distacco è dunque molto relativo, anche nel caso i delegati dello Stato venissero ammessi (sul Michigan difficile pensare una soluzione identica).
24 maggio 2008
A che punto è la corsa democratica?
Pubblicato da America2008 alle 11:01
Etichette: Clinton, Obama, partito democratico, superdelegati
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