Qualcuno se lo è dimenticato, ma prima delle primarie della South Carolina, Obama non era black enough, abbastanza nero e doveva correre contro la moglie del primo presidente nero d'America - uno dei nomignoli di Bill. Fu allora che scese in campo Michelle e che, nello Stato del Sud, Obama di quando in quando accentuava una calata strascicata per ricordare ai fratelli di essere nero. Ora siamo all'estremo opposto. Sarà l'effetto Wright o l'effetto di una efficace quanto pericolosa campagna di Clinton? E poi, siamo certi che in Ohio e Pennsylvania, per citarne due importanti, gli elettori democratici impauriti dal “nigga" sceglieranno il candidato del partito che ha portato il Paese nel punto più basso? La domanda se la fanno anche su New Republic. E' molto presto per sparare sentenze, ma di certo (guardate i numeri dal blog del Washington post) Obama ha un problema. Qui Clinton spiega in un'intervista perché è lei la persona adatta a convincere i bianchi (a destra due tasti con l'audio) e qui un commento stizzito di Mother Jones (Hillary resta in corsa per poter dire: ve l'avevo detto?). Chris Cilizza suggerisce qualche mossa alla campagna del senatore dell'Illinois. Una cosa certa è che l'atteggiamento scelto da Hillary è catastrofico per il partito democratico. E che probabilmente non le servirà se non a danneggiare Obama e se stessa: se perde nessuno la vorrà più come leader al Senato. Come spiega Dana Milbank in questo più che divertente reportage da camp Clinton in West Virginia, Hillary è un ex candidato.
14 maggio 2008
Obama, la razza e la testardaggine controproducente di Clinton
Pubblicato da America2008 alle 12:26
Etichette: afroamericani, Clinton, Obama, questione razziale, strategie elettorali
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