Meir Javedanfar sul blog di RealClearWorld ci spiega quali sono gli interessi di Teheran nella guerra di Gaza: proteggere il proprio ruolo regionale e, per Ahmadinejad, far dimenticare il piano di austerità economica prima delle elezioni presidenziali. Due delle menti migliori di oltreoceano, Daniel Levy e Amjad Atallah della New America Foundation, spiegano cosa può fare l'America in questa crisi: non solo negoziare una tregua ma mettere in piedi un meccanismo serio di verifica, favorire un governo di unità nazionale palestinese e soprattutto lasciare che europei ed arabi parlino con Hamas. La politica dell'amministrazione Bush (perchè Obama sappiamo che sta facendo lo struzzo) è criticata dai realisti conservatori del National Interest che fanno notare che va bene sostenere Israele ma il sostegno non può essere incondizionato. Il rischio, secondo loro, è che a forza di legittimare il diritto di reazione al terrorismo diventi poi impossibile frenare la reazione indiana contro il Pakistan. Infine un articolo del teologo mussulmano atipico Tariq Ramadan sul Guardian invita i mussulmani a "farsi maggioranza" e a stringere alleanze transreligiose: Gaza non ha a che fare con l'Islam ma con la "prepotenza israeliana". Un tentativo di uscire dal guscio e rilanciare la palla in un brutto momento. Difficile che venga ascoltato.
3 gennaio 2009
Ancora su Gaza
Pubblicato da America2008 alle 14:58
Etichette: amministrazione Obama, politica estera
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3 commenti:
Ramadan appare anche sul Riformista. Polito gli replica dandogli dell'antisemita, praticamente. Una polemica molto dura. Ma voi che ne pensate? Ecco il link
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/42151/
Una risposta leggera, sebbene questo sia un discorso molto serio, è che sia ramadan che Polito sono dei paraculi. La piega strumentale presa dal discorso su Israele in Italia è brutta (e imposta in maniera geniale da Gianfranco Fini). Sull'Islam non ci siamo proprio, non sappiamo e non ragioniamo: i fratelli musulmani d'Egitto sono uguali ad Hamas che è uguale ad Hizbullah, che è uguale ai talebani in Pakistan; e Ramadan lo usiamo quando dice una frase scomoda per alzare polemiche. Le tragedie andrebbero affrontate in maniera più seria. Da noi il problema è posizionarsi nella polemica politica. Bruciare bandiere è un gioco per deficienti, ma è possibile che da noi abbiamo parlato più di quello che non di cosa possiamo fare come Paese per aiutare la pace?
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