10 febbraio 2009

Il possibile mal di testa israeliano

Oggi si vota in Israele, un voto importante per due motivi. Il primo è che, ad essere pessimisti, queste elezioni potrebbero essere un esempio di cosa potrebbe diventare il sistema politico italiano tra qualche anno: la sfida lì è tra il leader della destra del Likud e una ex del Likud come Tzipi Livni, con il corollario di un partito di ultradestra razzista (un po' peggio della nostra Lega) in forte ascesa e un partito laburista ideologicamente e politicamente allo sbando. Sul Los Angeles Times trovate una buona analisi della posta in gioco mentre qui trovate una sintesi degli ultimi sondaggi.
Il secondo motivo sono ovviamente i riflessi per la politica americana nella regione. Un bel articolo del Financial Times spiega perchè Obama è l'unica speranza per Israele: se vince la destra (come probabile) il peso sulle sue spalle per arrivare alla pace sarà ancora più pesante. Ma non ha alternative, non può permettersi di perdere 4 anni dietro a Netanyahu come fece Clinton. D'altronde le posizioni del leader del Likud potrebbero bloccare ogni processo diplomatico regionale, come si evince da questa sintesi: non solo promette al massimo "indipendenza economica" ai palestinesi ma è contrario a cedere il Golan ai siriani, unica possibilità di separarli dagli iraniani e ottenere la loro collaborazione sul Libano e sul sostegno ad Hamas. Sarà dura, e non è finita: il 12 giugno si vota in Iran, ecco una breve scheda con la promessa che ne riparleremo.

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