21 luglio 2008

Obama, al Maliki e il ritiro dall'Iraq


Il premier iracheno e il candidato democratico giocano di sponda. Si era capito nei giorni scorsi, quando il governo di Baghdad aveva prima fatto saltare il tavolo sullo status delle truppe Usa nel Paese e poi siglato un accordo con Bush che prevede di stabilire una cornice temporale per il ritiro. Ieri Maliki ha rilasciato un'intervista a Der Spiegel nella quale appoggia il piano di Obama, senza appoggiare il candidato. Poi ha smentito su pressione dell'ambasciata Usa, ma come sempre in questi casi, la prima parola è quella che conta: il settimanale tedesco ha il nastro e la citazione è corretta (ecco la cronaca del New York Times e un commento-reportage da Baghdad di The Nation). Come spiega l'Associated press, con la sponda ad Obama, Maliki può alzare la posta con Bush e avere delle carte da giocare nel caso di una vittoria democratica alle presidenziali. Per fare il premier iracheno bisogna essere politici scaltri e Maliki è scaltro e duro. Di certo, la gaffe di McCain sul confine “Pachistano-iracheno" (confine che non c'è e che fa il doppio con la Cecoslovacchia, Paese del passato"), assieme alla presidenzialità del viaggio di Obama, hanno dato al democratico una patente internazionale coi fiocchi. Per essere uno bollato - Da Hillary prima, da McCain poi - privo di esperienza, ha saputo giocare bene le sue carte. Questo non vuol dire che saprà anche uscire bene dall'Iraq o sconfiggere al Qaeda smettendo di uccidere civili, come sta capitando con sempre maggior frequenza in Afghanistan. Ma per fare il presidente prima bisogna vincere le elezioni. E a fare quello Obama sembra molto bravo.

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