4 luglio 2008

La politica estera dopo le primarie

In un lungo ma fondamentale articolo di Robert Dreyfuss, The Nation ci fa un chiaro quadro di quali sono le maggiori idee sulla politica estera di Barack Obama ora che, finite le primarie, si comincia a fare sul serio. La tesi fondamentale è che, accanto alla retorica del cambiamento, ci sarà la pratica politica della continuità e del pragmatismo. Dreyfuss trae queste conclusioni da una serie di interviste con i maggiori consiglieri di politica estera di Obama. Le spese militari non caleranno: anzi. La diffusione della democrazia non cesserà di essere un obiettivo della politica estera americana: tutt'altro, semplicemente però lo si farà integrando forze militari e civili e scegliendo gli "stati falliti" come terreno di intervento. Una fascia che va dal Sahel all'Afghanistan passando per il Sudan, il Kenya e lo Yemen.
Contro l'Iran, l'opzione militare sarà sempre sul tavolo nel momento in cui si deciderà di negoziare direttamente. Israele riceverà parecchi aiuti ma allo stesso tempo sarà portata seriamente nel processo di pace attraverso strumenti di pressione più rigorosi. La gara è appena iniziata, su questo fronte ne vedremo delle belle: Obama gestirà la rottura con l'approccio di Bush e al tempo stesso manterrà alcuni elementi di continuità con la politica estera americana di sempre. Comunque vada, l'importante è farla finita con la politica "muscoli e poco cervello" dell'era Bush.

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