Un giro d'orizzonte della regione dopo il discorso di Obama all'Iran. Se vi siete già abituati troppo allo stile del nuovo presidente fermatevi un attimo e pensate: Bush non ha fatto un discorso così, probabilmente, neanche per una nazione alleata. La regione è in fermento e gli USA cercano di segnare un punto a loro favore iniziando un'offensiva diplomatica e mediatica che se non gioverà con Teheran sicuramente li renderà un po' più popolari tra l'opinione pubblica araba. In Iraq, ce lo segnala il Washington Post, si stanno formando nuove alleanze tra gli sciiti al potere e i sunniti contrari all'occupazione americana: un problema solo apparente per gli USA perchè la parola d'ordine sembra essere il rafforzamento dello Stato centrale. Se va in porto, il ritiro americano diventa un po' più facile, forse. La Siria manda segnali positivi, a partire dall'intervista del presidente Asad ieri a Republica che viene analizzata da Stratfor: la strategia è quella non solo di uscire dall'isolamento ma di diventare lo "swing state" della regione. Gli israeliani sono indeboliti dal loro nuovo governo: troppo a destra per la nuova realtà regionale e con un ministro degli esteri (Lieberman) piuttosto impresentabile. Netanyahu programma di andare a Washington il 3 maggio, sempre che riesca a formare un governo. Ma non ha ancora ricevuto un invito ufficiale dalla Casa Bianca. Parlerà all'AIPAC ma sono lontani i tempi in cui bastava fare la voce grossa lì per influenzare la politica di Washington. Non sarà tutto facile per l'amministrazione Obama, anche perchè avvicinarsi a Teheran può voler dire allontanarsi dall'Arabia Saudita. Non ha caso la Rand fa uscire un rapporto sulla lotta iraniano-saudita per l'egemonia regionale proprio ora.
20 marzo 2009
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