11 anni fa alcuni fuorisciti dal Partito LiberalDemocratico (LDP, centrodestra, al governo per 55 anni) si unirono ad alcuni ammiratori nipponici del nostro Ulivo per fondare il Partito Democratico del Giappone. Poco a che vedere con il nostro PD, tanto che la stampa informata definisce il DPJ come un partito centrista e basta.
Uno dei migliori conoscitori italiani del Giappone, Francesco Sisci, spiega le implicazioni interne ed internazionali di questo cambio di governo a Tokyo: mentre sul fronte interno si tratterà di scrivere un nuovo patto sociale (anche il Giappone, tra l'altro, è afflitto dal precariato su larga scala), su quello esterno si tratta di venire a patti con il nuovo ruolo della Cina su scala asiatica. Il nuovo governo di Tokyo punta quindi a ricostruire una dimensione continentale e a fare da ponte tra Obama e la Repubblica Popolare. Per ora ci si muove con poca esperienza, basta leggere la cronaca dei primi atti di politica estera di Hatoyama, il futuro premier. In discussione il rapporto con gli Usa ma, in prospettiva, un Giappone di nuovo dotato di un progetto non farebbe che comodo all'amministrazione. E poi dei democratici che vincono non si trovano mica dappertutto: se ci vogliono 11 anni dalla fondazione vuol dire che il PD italiano può farcela nel 2018.
Uno dei migliori conoscitori italiani del Giappone, Francesco Sisci, spiega le implicazioni interne ed internazionali di questo cambio di governo a Tokyo: mentre sul fronte interno si tratterà di scrivere un nuovo patto sociale (anche il Giappone, tra l'altro, è afflitto dal precariato su larga scala), su quello esterno si tratta di venire a patti con il nuovo ruolo della Cina su scala asiatica. Il nuovo governo di Tokyo punta quindi a ricostruire una dimensione continentale e a fare da ponte tra Obama e la Repubblica Popolare. Per ora ci si muove con poca esperienza, basta leggere la cronaca dei primi atti di politica estera di Hatoyama, il futuro premier. In discussione il rapporto con gli Usa ma, in prospettiva, un Giappone di nuovo dotato di un progetto non farebbe che comodo all'amministrazione. E poi dei democratici che vincono non si trovano mica dappertutto: se ci vogliono 11 anni dalla fondazione vuol dire che il PD italiano può farcela nel 2018.
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