23 settembre 2009

Afghanistan, si cambia?


Il New York Times pubblica un articolo nel quale si segnala la possibilità che gli Usa cambino drasticamente strategia nella guerra afghana. Un cambio c'è già stato nei mesi passati, dopo l'offensiva anti-talebana e la scelta di spostare le truppe verso le zone abitate, per proteggere quelle, anziché incalzare gli studenti di religione nelle loro valli montane. Il generale McCrystal ha anche chiesto più attenzione ai rapporti con i civili (una nuova forma di relazione con la società, che serva a reneder meno odiosa la presenza straniera: la classica ricetta dei contingenti italiani). Oggi però si parla di qualcosa di davvero nuovo. Il Nyt dice sia un'idea di Joe Biden: meno truppe, dedite a dare la caccia ai gruppi legati ad al Qaeda. E che i talebani e l'Afghanistan si fottano. Ovvero, torniamo alla natura originaria della presenza Usa laggiù. Sarebbe molto popolare, negli Usa e altrove, si risparmierebbero molti soldi e vite umane...ma, con la situazione regionale così cambiata dal 2001 ad oggi, possono gli Usa permettersi di non rimanere in quel quadrante della Terra? Sarà interessante vederlo. Comunque non sarà una scelta dei prossimi giorni. Aspettatevi scintille con il Pentagono e i generali. “Maledetti colletti bianchi di Washington", imprecava John Wayne ne "I berretti verdi".

1 commento:

Anonimo ha detto...

Francamente le proposte sull'Afghanistan mi lasciano sempre più perplesso.

Quella guerra fu un grave errore sin dall'inizio, non solo nell'idea "facciamo la guerra" ma anche nel modo "invadiamo", che oggettivamente costringeva Al quaeda e i Talebani a diventare una cosa sola. Si poteva semmai fare la guerra ad Al quaeda senza invadere l'Afghanistan. Non era un'opzione difficile dal punto di vista puramente militare.

Oggi come oggi, con la situazione degenerata, una politica realista potrebbe essere il "surge" (che l'US army propone apertamente e in maniera molto visibile, spia del malessere dei militari), unito all'abbandono del "air power" (con tutto ciò che implica.

Il nodo della questione è che la guerra in Afghanistan non deve diventare una guerra del mondo contro l'Afghanistan.

Tre dati mi colpiscono:
1)i Talebani pagano le loro truppe 3 volte quello che paga il governo di Kabul. In un paese dove si fa la guerra dal 1979, e dove quindi la guerra è economia e lavoro tradizionale questo dato è sintomo di sconfitta, aiuterebbe aumentargli lo stipendio. Si consideri che nel 2002 lo stipendio era circa lo stesso, nel 2005 i talebani pagavano già il doppio di Karzai, se va avanti così l'esercito regolare afghano collasserà.
2) non vi è stato, almeno in apparenza, alcun spettacolare trasformazione del tessuto sociale afghano, se l'occidente vuole vincere questa guerra dovrebbe costruire case popolari, strade asfaltate, scuole, fabbriche, dighe, canali, ferrovie e fognature oltre che favorire una riforma agraria, un effetto shock insomma. Fintanto che l'Afghanistan avrà un economia medioevale i partigiani dell'islam medioevale non avranno problemi a sembrare politicamente moderni.
3)sembra che ai soldati sul campo non interessi molto interagire con la vita dei civili afghani, questo è un tratto tipico delle guerre degli ultimi 30 anni, c'è pochissimo scambio e mescolamento tra civili e militari stranieri. Dalle poche informazioni che escono da quel paese non si vedono militari usa o onu che entrano in un ristorante afghano a cena, oppure circoli ufficiali che giocano a polo con aristocratici locali. Sono tutte cose che sembrano stupide, ma l'impero britannico (che pure era istituzionalmente razzista) le praticava e su questo si basava la sua capacità di penetrazione culturale. (e le sue vittorie in Malesia e Kenia sono tra le poche di un esercito occidentale su una guerriglia moderna, ma stranamente nei programmi di storia militare per ufficiali, per il "caso guerriglia" non si studiano questi conflitti ma quelli in Indocina e Algeria, e le opere di Mao, Chu Te e Che Guevara!!!).
Quando i GI sbarcarono in Sicilia avevano, come dotazione individuale, un vocabolario inglese-italiano e una guida di mediazione culturale(per non parlare dell'alta percentuale di militari italoamericani).

Coinvolgere i Talebani o almeno dividerli, e non solo sconfiggerli, aiuterebbe molto, anche se non è la panacea politica che Dalema pensa.

Comunque non credo che per Al quaeda l'Afghanistan sia così importante. Possono costruire basi in tante nazioni (Somalia, Pkistan, certe zone del Sudan, dello Yemen, dell'Iraq) e negli scantinati di tutto il mondo. Per tenere in piedi un "brend" del terrore bastano una connessione adsl, un bel po' di denaro e reclute pronte al sacrificio. L'invasione e la guerra in Afghanistan ha costretto Al quaeda a diventare meno terroristica e più "brigata internazionale" (come era a cavallo degli anni '80-'90 quando è nata), questo è l'unico successo (parzialissimo) della strategia occidentale, controbilanciato dal fatto che questa guerra (e ancor di più quella in Iraq) hanno "dimostrato" la giustezza di alcune affermazioni propagandistiche fatte a suo tempo dall'islam radicale.

P.S. Il metodo usato dalla Cia per distruggere Al quaeda in Algeria (un epidemia di peste! non stò scerzando)è brutale e disumano, ma almeno funziona.

Valerio.