Chissà se, oltre alle valutazioni elettorali, la scelta di Israele di colpire Gaza in maniera tanto dura oggi non sia dettata dal timore per la entrante amministrazione Obama (o comunque dalla finestra aperta dal vuoto di potere a Washington). Fatto sta che, oltra ai guai già esistenti, il presidente eletto si troverà ad avere a che fare con una disastrosa situazione in Pakistan/Afghanistan (e su questo la Cina sta mediando tra Islamabad e Delhi, rubando la scena) e con una catastrofe in Medio oriente. Ecco un interessante analisi di Huffington sul possibile ruolo degli ebrei progressisti nella prossima amministrazione. The Nation raccoglie una serie di voci pacifiste americane, mentre questo è il comunicato di J street, organizzazione ebraica che prende le distanze dall'Aipac, la lobby politica di Israele a Washington. Il Washington post critica la scelta di Tel Aviv con un editoriale dal titolo: Israele colpisce, l'Iran vince. E per finire roba colta, lunga e interessante, che in questi giorni vale la pena di leggere: un lungo articolo sulla New York Review of books precedente alla crisi. Il titolo è perfetto: come non fare la pace nel Medio oriente. Ecco un esempio perfetto: Nasrallah torna di moda in Libano, l'Anp è indebolita e in tutto il mondo si bruciano le bandiere di Israele. Un modo perfetto per sentirsi accerchiati come sempre, un modo perfetto per rimanerlo qualche anno ancora.
29 dicembre 2008
Una crisi fresca e terribile per la nuova presidenza
Pubblicato da America2008 alle 20:46
Etichette: amministrazione Obama, politica estera
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
1 commento:
Very good!
Posta un commento