26 giugno 2009

La guerra di Obama (ma anche la nostra)


Mentre il mondo parla della morte di Michael Jackson, c'è un paese dell'Asia dove l'America di Obama combatte una guerra che molti ritengono già persa. Uno dei problemi è che quella guerra la sta combattendo anche il nostro paese, al costo di un milione di euro al giorno e di tante vite umane. Vale la pena di leggere l'articolo di Emanuele Giordana (Lettera 22 e Carta) che ci spiega, oltre ai costi, anche i motivi molteplici di imbarazzo: non c'è nessuna "missione di pace", non era così neanche ai tempi del governo Prodi che su questo tema ci stava perdendo le penne; gli americani non sottostanno a nessun accordo e i maggiori bombardamenti fuori bersaglio - con decine di vittime - li hanno fatti proprio nella zona sotto responsabilità italiana; noi non si capisce che missione e quali obiettivi abbiamo ma l'importante, per la sinistra di ieri come per la destra di oggi, è esserci. Insomma, la logica ottocentesca con cui partecipammo alla guerra di Crimea vale ancora per le nostre classi dirigenti. L'editorialista del Guardian Simon Jenkins parla piuttosto chiaro: quella in Afghanistan è un'escalation fin troppo simile nella sua inutilità e mortalità di quella del Vietnam. Con l'unica differenza che noi italiani in Vietnam non c'eravamo mentre lì ci siamo anche se i nostri giornali non ne parlano quasi mai. Sono più importanti le veline a destra e le regole per le primarie per il PD. Evviva.

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