14 giugno 2009

Iran e Corea, i nodi vengono al pettine...

Corea del Nord e Iran sono le prime due gatte da pelare di politica estera per la nuova amministra- zione. La prima non rappresenta una vera minaccia, un nemico credibile, ma è però una sfida d'immagine per la nuova amministrazione. Nel caso di Pyongyang raggiungere l'unanimità in consiglio di sicurezza è un fatto scontato, avere la Cina che preme sul regime è una certezza (Pechino non vuole problemi ai confini e vorrebbe evitare di dover accogliere un flusso di profughi dalla Corea più grande di quanto già non accada). Eppure avere un dittatore da operetta che ti prende in giro e ti minaccia con il nucleare è una sfida di immagine terribile per un presidente democratico che cerca di intraprendere la strada del dialogo. Presto qualcuno chiederà conto a Obama della sua moribidezza. In questo caso, il democratico ha dalla sua un atteggiamento di Bush molto simile e multilaterale.
L'Iran è tutta un'altra cosa. Specie dopo le elezioni di ieri e il modo in cui se ne sta uscendo. Andare dietro a Mousavi con il rischio di far saltare ogni ipotesi di dialogo? Oppure chiudere gli occhi di fronte a un mezzo colpo di Stato? A questo punto vicenda iraniana somiglia molto alla libanese del dopo Hariri padre, ma senza le complicazioni religiose del piccolo Paese mediterraneo. C'è un pezzo di società urbana, giovane e aperta al mondo che spinge per un cambio di regime e una periferia del Paese che segue l'ala dura - per fede politica, religiosa, brogli e capacità di gestione clientelare del potere. Ahmadinejad, si disse, vinse la prima volta grazie al voto dei mostazafin, i senza scarpe, i diseredati, con la promessa di una riforma economica non arrivata. La reazione di Mousavi è nuova, così come la stretta dell'ala dura. Segno di una situazione diventata difficile da gestire all'interno di un regime democratico con forti caratteristiche autoritarie. Probabile che Obama resterà a guardare, lavorerà per aiutare Mousavi e i suoi nell'ombra ma trattando - se possibile - con Ahmadinejad. Nel frattempo aspettatevi pressioni su Israele e una mano tesissima alla Siria. Sfilare Damasco da gioco di Teheran sarebbe un buon risultato.

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