3 febbraio 2009

La crisi repubblicana

Come al solito i lavori peggiori finiscono ai neri, direbbe la rivista satirica The Onion. E così il compito di risollevare l'America da una profonda crisi economica e da due guerre (quasi) perse spetta al primo presidente afro-americano. Nel suo piccolo anche il partito repubblicano non se la passa bene: non è mai stato così ininfluente dal 1993 ma ora le cose vanno pure peggio perchè non ha più la supremazia ideologica che aveva allora. Ecco allora che a presiederlo viene chiamato un afroamericano, Micheal Steele, di cui abbiamo già parlato in questo post. Thomas Schaller, su Salon, ci spiega che i repubblicani sono in crisi di identità, di radicamento sociale e di "visione" sul futuro del paese. Un lungo articolo di The New Republic arriva addirittura a dire che "il conservatorismo è morto", perchè i suoi punti di forza ideologici sono stati sconfitti dalla realtà: il liberismo dalla crisi economica, il militarismo dalle guerre nel "Grande Medio Oriente". Noi nel nostro libro, che tra l'altro esce tra 2 giorni in libreria, diciamo più o meno la stessa cosa. C'è chi non si da per vinto però: Reihan Salam su Forbes spiega perchè il partito dell'elefantino sta risalendo la china. L'uomo è stato coautore di un libro importante uscito quest'estate e che suggeriva di riposizionare i repubblicani come il partito della classe media lavoratrice. Il problema come direbbe il comico Stephen Colbert è che la realtà è faziosamente di sinistra.

Nessun commento: