31 maggio 2009

Torna l'omicidio politico negli Usa? ucciso medico abortista

Qui la notizia sul New York Times. E' stato ucciso un simbolo, un nemico giurato degli anti- abortisti, George Tiller. Un personaggio controverso che era già stato gambizzato nella sua città - Wichita, Kansas - nel 1993. Un personaggio discusso perché nella sua clinica potevano abortire donne alla 28 settimana di gravidanza (in Kansas basta il consenso di due medici per procedere all'aborto, nel caso essi concordino sulla presenza di rischi gravi per la salute della donna); nella stessa clinica i feti potevano essere battezzati prima di un vero e proprio servizio funebre. Sono solo le tre le cliniche Usa dove è possibile abortire in uno stato così avanzato della gravidanza.

E' un fatto di enorme gravità. Tiller era stato scagionato dall'ennesimo processo contro di lui pochi giorni fa, e forse qualcuno ha pensato bene di "farsi giustizia". Tiller è stato ucciso mentre entrava nella chiesa luterana alla quale apparteneva: il colpevole è ricercato dalla polizia locale e da quella federale.

UPGRADE: il presunto colpevole è stato catturato, nelle prossime ore si avrà maggiore chiarezza sul movente. E forse toglieremo il punto interrogativo dal titolo.

La dura vita del Presidente: quanti amici tengono famiglia..

Una vecchia pratica di Washington è quella di inviare i finanziatori della campagna in importanti capitali del mondo - dove presumibilmente continueranno a promuovere i propri affari, oltre quelli degli Stati Uniti - con la carica di ambasciatori.
Obama non si sottrae a questa legge del lobbismo, nonostante le promesse di campagna elettorale. Certo, assume anche molti politici e accademici competenti, che rappresenteranno gli Usa all'estero. Dei 18 nuovi ambasciatori che si sposteranno in capitali piuttosto importanti - Nuova Delhi, Pechino, Parigi, Londra, Tokyo... - solo cinque sono diplomatici di carriera. Un grosso finanziatore di Obama, Charles Rivkin, andrà a Parigi.
Ha raccolto per la campagna elettorale del Presidente 800 mila dollari, altri 300 mila per pagare la cerimonia di insediamento di Obama. In realtà, per noi comuni mortali, il suo merito principale è quello di aver guidato la società che creò i Muppets. E questo ce lo rende molto simpatico (qui il link all'articolo del NYT che approfondisce questa storia).

La Timeline della crisi globale dell'economia, quella di oggi e degli ultimi 200 anni

CFR.org - Timeline: Global Economy in Crisis

Come sono bravi gli americani a fare queste cose.. Uno quasi si disinteressa del contenuto quanto è
piacevole la forma. In questo la grafica animata è del Council on Foreign Relations.

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29 maggio 2009

E se il dialogo fallisse?

Il presidente Obama ha lanciato una politica estera di "diplomatic engagement": si parla con tutti quelli con cui Bush non voleva parlare perchè la situazione è grave e bisogna uscirne in maniera realistica. Cominciano però ad affiorare dei dubbi e l'evolvere della situazione non è dei migliori. Time fa il punto della situazione di potere a Washington: Dennis Ross (di cui abbiamo già parlato qui) è l'uomo che si occupa di Iran al Dipartimento di Stato. Non è un gran fautore del dialogo vero e proprio ma solo in funzione strumentale per costruire consenso verso sanzioni più severe e, chissà, magari anche un attacco militare. Almeno così aveva dichiarato ai coniugi Leverett (leggete qui il loro articolo), due che hanno lavorato all'NSC proprio sull'Iran e che, dal loro ufficio alla New America Foundation, hanno sempre propugnato un "grande accordo" con Teheran sul modello di quello fatto da Nixon con la Cina. Secondo loro Obama non sta facendo abbastanza e il risultato sarà che gli iraniani si sentiranno messi nell'angolo e faranno saltare il tavolo. Anche Newsweek ha dei dubbi: in giro per il mondo mancano gli interlocutori mentre i nemici sono sempre più forti dalla Corea del Nord all'Iran passando per Pakistan e Afghanistan. Intanto i "cattivi" potrebbero avere la loro prima vittoria già tra qualche giorno nelle elezioni libanesi (si vota lo stesso giorno delle Europee): la coalizione tra Hizbullah e i cristiani anti-americani di Aoun è data per vincente. Anche se gli accordi di Doha obbligano tutti i concorrenti a fare un governo di unità nazionale, un maggiore peso dei fondamentalisti sciiti farebbe pendere l'ago della bilancia verso Teheran e Damasco. Gli americani hanno già fatto sapere che non è detto che gli aiuti al Paese rimangano invariati. Sarebbe un po' come ammettere la propria sconfitta.

28 maggio 2009

Storia di una vittoria

Questo post è dedicato a tutti quelli che non credono che le cose possano cambiare, soprattutto quando la situazione è disperata. Grazie ad Alessandro Coppola raccontiamo una vicenda che si ambienta a Baltimora, qui accanto vedete una foto di uno dei quartieri più degradati (ne parliamo anche nel libro). E' la storia di un gruppo di lavoratori di una ditta di pulizie in subappalto, come ce ne sono tante anche nelle nostre città. Gente che non aveva diritto alla pausa pranzo e ai quali la società diceva di mangiare dai sacchi della spazzatura che essi stessi raccoglievano. Guadagnavano la bellezza di 4 dollari e 50 l'ora, una miseria. Grazie all'impegno di una fondazione privata si è lavorato alla creazione di giovani leader sindacali che hanno creato United Workers, che poi è entrato nella confederazione Afl-Cio. Con il loro duro lavoro hanno convinto la città che era una vergogna che
a) che il lavoro non fosse retribuito (a volte non ricevevano lo stipendio)
b) che ciò accadesse in un luogo finanziato con soldi pubblici
E se pensate che questo riguardi solo l'America, fatevi un giro nel settore pubblico italiano e cioè nel più grande datore di lavoro precario del Paese. Alla fine hanno vinto: lo stato del Maryland ha stabilito che chiunque lavori per il settore pubblico deve guadagnare un salario minimo all'ora. Non vogliamo anticiparvi come hanno fatto perchè la storia è proprio commovente.

Su Israele una sola voce a Washington

Se Bibi Netanyahu contava di usare divisioni in seno all'amministrazione per svicolare dalla pressione alla quale il suo governo è sottoposto, forse ha sbagliato indirizzo. Stanotte italiana anche Hillary Clinton ha spiegato a Israele che le colonie vanno fermate. E' la prima volta da molto tempo che viene detto in maniera tanto chiara: la nostra posizione è che ci deve essere uno stop agli insediamenti. Non un qualce stop a qualche tipo di insediamenti, ma a tutti. Ma forse è solo un modo per aiutare Mahmoud Abbas, che di guai con Hamas ne ha parecchi ed è più debole che mai, che è atteso nella capitale Usa per una visita ufficiale.

27 maggio 2009

La coppia che scoppia

Non tanto tempo fa gli Usa ed Israele erano una coppia perfetta, altro che Silvio e Veronica. Ora le cose sono cambiate: Obama ha grandi progetti per il Medio Oriente e Netanyahu si sente trascurato. La scorsa settimana si sono visti alla Casa Bianca, avrete già letto com'è andata. Quello che conta però è il cambiamento di clima nell'establishment di politica estera: in pochi a Washington sono ancora disposti a sopportare l'eccezionalità israeliana mandando in rovina il ruolo americano nella regione. Steven Cook, del think tank bipartisan Council on Foreign Relations, spiega perchè le posizioni di Netanyahu possono far deragliare il piano di Obama: non parla ancora di Stato palestinese; vuole una scadenza per i colloqui con l'Iran, cosa che li farebbe fallire da subito; "punisce" (parole testuali) la popolazione di Gaza. Se pensate che sia troppo duro, guardate cosa dicono gli altri. Cominciamo da chi è sempre stato parecchio filo-israeliano: Martin Indyk è passato dalla lobby AIPAC al think tank bipartisan Brookings. Ora scrive che Netanyahu - sugli insediamenti e sui colloqui con la Siria - sta mettendo Obama in una posizione impossibile. Conclude piuttosto duramente: "Non è il modo di costruire una nuova relazione Israelo-Americana basata sulla pace". Richard Murphy invece faceva l'Assistente Segretario di Stato, udite udite, con l'amministrazione Reagan. Senza troppi giri di parole ha detto già alcuni mesi fa che "è inevitabile" che si parli con Hamas. E non lo dice solo lui.

Obama presenta Sonia Sotomayor agli americani

E' arrivato via e-mail da Organizing for America. Dura quattro minuti.

La Sotomayor alla Corte Suprema. Obama sposa di nuovo un'idea con la tattica politica

L'idea di Obama è chiara: va alla Corte Suprema una donna che sa che effetto ha la legge sulla vita delle persone. Ha dichiarato che avrebbe cercato un profilo del genere, lo ha trovato. Per di più è la prima ispanica ad arrivare in quella posizione. E' una donna del "popolo" (viene dalla parte peggiore del Bronx, ha una storia familiare piuttosto difficile alle spalle) ma è anche una moderata, è considerata una centrista, però è una nemica dei repubblicani più conservatori, su alcuni specifici temi ha un profilo decisamente progressista. Comunque, una mezza rivoluzione.

E a Obama cosa ne viene in termini di "politica-politicista"? 1) da oggi si parla di lei, il caos di Guantanamo va in secondo piano (Obama stava perdendo ai punti con Cheney e con i suoi sotenitori liberal); 2) i repubblicani dovranno condurre una resistenza molto accorta: gli ispanici non li votano più e certo non li aiuterà attaccare il primo giudice della Corte Suprema che parla spagnolo. Lo faranno, è la trappola perfetta che permetterà a Obama di continuare ad avere ancora più consensi nella comunità che cresce più velocemente di tutte, e negli Stati chiave. Bingo

America2008. Back in town

Cari tutti/e,

dopo quasi un mese di silenzio e un lavoro a singhiozzo riprendiamo appieno le nostre attività. Il libro è andato benissimo, oltre ogni aspettativa. Non vogliamo esagerare nelle autocelebrazioni, ma le reazioni che abbiamo avuto a questo testo ci hanno convinto a continuare il lavoro. Adesso è più complicato: ne succedono troppe in Italia per non stare molto più attenti al cortile di casa nostra.. E comunque parleremo un po' di più anche di quello che accade da noi

La partita McCain - Bush era una faccenda più semplice, un "prodotto" più accattivante per tutti: una comunicazione seria su quello che sta accadendo ora è cosa ben più complessa, più faticosa da costruire e da seguire per chi ci legge, ma vale veramente la pena proseguire perché l'America di oggi non è per niente un posto banale.

Il nostro pensiero è sostenuto da tesi - speriamo - forti e ragionate, da un modo di pensare all'America del quale abbiamo dato conto nel libro: da quella base ripartiamo. Buona lettura.

5 maggio 2009

Tutti parlano di Chrysler, e noi parliamo di città senza auto

Chi è disposto a finanziare, con soldi pubblici, la de-automobilizzazione delle città? Cerchiamo qualcuno disposto a una politica neo-keynesiana di investimenti contro l'uso dell'automobile. Chiamateci.

Prima, leggete la nota di Alessandro Coppola, da Manhattan, su spazio urbano e mezzi di trasporto. Un diario da leggere.