Sul nucleare iraniano sembra che si sia vicini ad un accordo che permetterebbe all'amministrazione Obama di guadagnare tempo prezioso: una parte consistente dell'uranio verrebbe arricchito in Russia ed in Francia. Ci sono dei ma: bisogna vedere se l'Iran accetta e bisogna capire a che velocità verrebbe trasferito il materiale, onde evitare che gli iraniani giochino sporco mandandone un po' all'estero ma rimpiazzandolo subito per costruire una bomba. Sul processo di pace arabo-israeliano le cose vanno a rilento, come era lecito aspettarsi. Gli israeliani dicono che si è vicini ad un accordo ma attenzione: l'accordo sarebbe solo su cosa mettere alla base del negoziato e non sulla direzione dello stesso. Si partirebbe infatti dalle risoluzioni Onu 242 e 338, cioè da Adamo ed Eva. I palestinesi si aspettavano il congelamento degli insediamenti, ma Netanyahu sembra averla avuta vinta. Il problema è che su questo fronte l'amministrazione Obama misura tutta la debolezza americana in questo momento: non può permettersi di forzare la mano più di tanto con i recalcitranti alleati israeliani. C'è poi un'altra mina su questo fronte: la gestione del rapporto Goldstone che accusa gli israeliani di crimini di guerra. Il governo Netanyahu vuole addirittura cambiare le regole e affermare il diritto "all'autodifesa contro gli atti di terrorismo". Più o meno quanto sostenuto per giustificare tutte le passate operazioni militari dello Stato ebraico. Nel frattempo il neocon israeliano Michael Oren, oggi ambasciatore a Washington, snobba la conferenza di J-Street, la nuova lobby pro-Israele ma anche "pro-pace". A chi volesse saperne di più su come vanno le cose nei Territori Occupati suggeriamo la lettura di "Time for Responsibilities", il diario dell'ultima missione dei pacifisti italiani.
21 ottobre 2009
Quasi accordo sull'Iran, quasi stallo sul processo di pace
Pubblicato da mattia toaldo alle 21:28
Etichette: iran, israele, lobby, Medio Oriente, palestina, politica estera
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