12 novembre 2009

Abbiamo finalmente cambiato casa


Ci abbiamo messo ben più del previsto e non siamo ancora al risultato finale. Ma da un paio di giorni è attivo america2012.it. Da li continueremo a tenere d'occhio come e quanto cambiano gli Stati Uniti e quanto quei cambiamenti toccano noi e il resto del mondo. Nei nostri desideri il sito sarà più ricco di un semplice blog: oltre alla colonna di post rapidi, conterrà i nostri lavori migliori e anche quelli di altri collaboratori. E se ci riusciremo anche degli speciali. Dopo più di mille post, nottate insonni a caricare video e migliaia di visitatori, salutiamo e ringraziamo tutti quelli che ci hanno letto ed hanno commentato il nostro lavoro. Veniteci presto a trovarci!

8 novembre 2009

Approvata la proposta riforma sanitaria alla Camera (primo round). E' davvero un fatto storico? Sì

Una legge onnicomprensiva di riforma del sistema sanitario non arrivava al voto da quasi un secolo. Questo dovrebbe rendere l'idea (anche dell'arretratezza della legislazione sociale degli Usa).

La legge è passata con un margine molto ristretto - 220 a 215 - ma era difficile ipotizzare che i democratici non ce la facessero. 37 dei 52 deputati bluedog democrats (la corrente conservatrice del partito) si è opposta e ha votato con i repubblicani; un membro del GOP - Anh Cao, eletto in Louisiana e primo membro della Camera dei Rappresentanti di origine vietnamita, qui accanto nella foto - ha votato a favore.

Era dagli anni '60 - quando il presidente Johnson aveva allargato la copertura sanitaria per poveri e anziani - che negli Stati Uniti non era in ballo una riforma sociale di questa portata. Come sappiamo il modello non si avvicinerà a quello europeo, ma la proposta approvata dalla Camera (2 mila pagine) prevede la presenza di un fornitore pubblico di polizze assicurative (la public option) e una borsa delle assicurazioni nella quale cercare le più economiche.

Saranno 36 milioni i nuovi "assicurati"; chi non volesse procurarsi una polizza dovrà pagare una multa; si elimina la pratica odiosa delle pre-existing condition; per coprire il costo della riforma (che supera il "trillione") verranno aumentate le tasse ad alcune categorie di super-ricchi ed eliminati alcuni benefit fiscali per le multinazionali. Per ottenere il voto di alcuni democratici conservatori non sono state introdotte alcune misure che avrebbero garantito il ricorso gratuito all'interruzione di gravidanza per alcune fasce di assicurati, facendo così infuriare i democratici liberal.

Ora la pressione sul Senato aumenta, un'istituzione molto diversa da quella della Camera, molto più consensuale e dove conta ancora meno la disciplina di partito. La partita è ancora lunga, ma c'è in gioco l'anima dell'America: più pubblica e più equa. Per i repubblicani è il mondo all'incontrario, dove il governo può tassare il cittadino che non si vuole curare e si finanzia l'espansione del governo federale attraverso le tasse.

Prima la notizia cattiva.. su tasse e finanza

Qualcuno di voi ricorderà la cosiddetta Tobin Tax, una proposta vecchia di quasi 40 anni avanzata dal nobel per l'economia James Tobin: tassare tutte le transazioni finanziarie con un'aliquota non superiore all'1%. In tempi normali, una semplice proposta di buon senso.

Il premier britannico Gordon Brown ha proposto l'istituzione di uno strumento molto simile alla Tobin Tax al G-20 che si è appena tenuto nella sua Scozia (la notizia è ripresa da tutti i quotidiani). Un'inversione a U rispetto al passato recente di Brown e alle posizioni che ha mantenuto nel passato recente da Cancelliere dello Scacchiere. Come tutti i governi in difficoltà, l'obiettivo elettorale è quello di insidiare il nuovo nemico di tutte le opinioni pubbliche, le banche.

Le sue parole sono state populiste come quelle che Obama utilizza quando si parla della finanza e dei finanziari, ma la differenza è nei fatti: Brown, con l'acqua alla gola, si spinge a proporre la Tobin Tax, l'amministrazione Obama (e Tremonti) vi si oppongono. Adesso toccherà al FMI vagliare la praticabilità della proposta, ma il no di Geithner ha già messo un'ipoteca su questa ipotesi, che a questo punto assume un valore tutto britannico e tutto elettorale. Il problema è americano: da dove vuole cominciare a opporsi alle "lobby di Wall Street" il presidente? Dove vuole tassare? E in che modo? La discussione su questo punto sarà lunga e complessa quanto quella sulla riforma sanitaria.

4 novembre 2009

La non sconfitta di Obama ieri e il nostro blog domani

I giornali di oggi (primo anniversario della vittoria di Obama) hanno molte analisi sul perchè della sconfitta elettorale subita dai democratici nella tornata elettorale di ieri con la perdita dei governatori di New Jersey e Virginia, nonchè delle elezioni per il sindaco di New York. Certo non una buona notizia, tanto che il Washington Post oggi dice che "non è più il 2008 per i democratici". Lo spostamento più significativo è quello che riguarda gli elettori "indipendenti" che avevano premiato il partito dell'asinello nel 2006 e nelle ultime elezioni presidenziali e invece in Virginia e in New Jersey si sono spostati in massa verso i repubblicani, anche perchè in disaccordo con l'amministrazione sulla politica sanitaria e sull'eccessiva spesa pubblica. Si trattava però in entrambi i casi di candidati repubblicani "anomali": in Virginia c'era un candidato a suo modo centrista che, come avevamo scritto qui, aveva cercato con successo di sfondare in settori tradizionalmente democratici; in New Jersey il candidato democratico era troppo legato a Wall Street mentre quello repubblicano era un po' il Di Pietro locale, diventato famoso per aver mandato in prigione molti corrotti. Importante anche leggere ciò che viene dall'analisi degli exit poll: chi ha votato ha detto che non lo riteneva un referendum sul presidente; soprattutto in New Jersey il tasso di approvazione per Obama è ancora alto (il 57% di chi ha risposto al sondaggio all'uscita dei seggi); gli elettori sono molto preoccupati per lo stato dell'economia e più sono preoccupati più hanno scelto i repubblicani. Obama però si era molto esposto per il candidato democratico nel New Jersey e non è servito a farlo vincere: chi lo ha votato l'anno scorso non sceglie un cattivo candidato solo perchè glielo dice Barack. Ci sono poi delle buone notizie: i democratici hanno vinto nelle due elezioni suppletive per due deputati dello stato della California e di New York. Soprattutto nel secondo caso i repubblicani avevano scaricato la loro candidata moderata per appoggiare quello del "partito conservatore" molto estremista. E hanno perso un seggio sicuro. Se il partito continuerà la sua deriva estremista non è detto che le elezioni di ieri siano di buon auspicio per il midterm del 2010. Per i democratici ci sono diverse lezioni, un po' hanno a che fare con la timidezza nel realizzare le riforme a Washington come dicono vari analisti al Corriere della Sera. Altre riguardano la capacità di mobilitare costantemente quell'elettorato giovane e delle minoranze che aveva portato Obama alla Casa Bianca. Finora non ci sono riusciti, Organizing for America, il partito del presidente, non è decollato.
A proposito di decolli, tra qualche giorno sarà online la nuova versione del nostro blog, oramai proiettato verso il 2012. Intanto, per chi passa per Roma, ci vediamo venerdì sera alla libreria Flexi in via Clementina,9.