31 luglio 2008

La crisi economica e l'hamburger

In America li chiamano "casual dining", qualcosa in più del fast food, qualcosa in meno del glorioso diner - tavola calda alla Fonzie. Per molti un repellente fornitore dei soliti hamburger, per altri un accogliente ristoro dove ritrovare un amabile, economico e decente hamburger. Il New York Times racconta che uno di loro sta fallendo: si tratta del Bennigan's, una catena nazionale di "casual dining" in stile irlandese. I costi di gestione sono divenuti troppo alti - nonostante gli stipendi ridicoli garantiti ai camerieri - per colpa dell'aumento della benzina, dei prodotti alimentari ecc. ecc.

Altri franchising di questo tipo sono già falliti o sono in difficoltà (a cominciare dal famoso Starbuck Coffee, che ha appena chiuso 600 sedi in tutti gli Stati uniti). Questo tipo di catene vendono prodotti e soprattutto uno stile: si spende poco (anche se non sempre..), ma si può coltivare un'immagine di sè più articolata, grazie all'identificazione con il "carattere" del proprio fornitore di panini e bistecche. Un modo per non sentirsi anonima classe media, ma che risulta essere sempre meno sostenibile economicamente.

30 luglio 2008

Il vecchio senatore dell'Alaska, l'inchiesta e la maggioranza democratica

Il senatore Stevens è il più longevo tra quelli repubblicani. Il grande e spopolato Stato è un suo feudo e lui è un principe del pork barrel spending, le spese pubbliche, inutili o meno, che gli hanno consentito di mantenere il suo seggio tanto a lungo. Con la sua incriminazione, i democratici ottengono due risultati: possono sperare di strappare il seggio tra i ghiacci e, con esso, avvicinarsi, pericolosamente, alla maggioranza di due terzi in Senato. Così almeno pensano al Washington post

29 luglio 2008

Ancora l'economia, stupidi!


E' il titolo poco originale dell'ampio pezzo di Economist sui programmi economicico-fiscali dei due candidati. Non ci sono differenze abissali, sostiene il settimanale. Ma a guardare le cifre qualche differenza c'è. Il pezzo è tecnico e difficile (parla delle diverse tasse Usa) ma nella prima parte spiega bene il nocciolo dei due programmi. Più tasse ai ricchi e meno alla middle class, più spese sanitarie e infrastrutturali per Obama, lasciare più o meno il sistema fiscale com'è (tagli fiscali ai ricchi compresi, anche se sono gli unici ad aver guadagnato dalla poca crescita di questi anni) e tagli per McCain. Uno dei nodi importanti è il commercio internazionale. I due non divergono, nonostante una retorica diversa (pro Nafta e Wto, McCain, viceversa Obama), ma se domani il tavolo del Wto dovesse saltare, il nuovo presidente avrà comunque a che fare con un quadro cambiato e dovrà inventare e negoziare un nuova politica, che soddisfi i lavoratori impoveriti e non apra crisi con i nuovi giganti economici di India, Cina e Brasile (per non dire del Messico). La notizia, di ieri, è che otto anni di G.W. Bush lasciano un deficit record (ecco il Sole24ore e BbcNews)la destra, come spesso accade anche in Italia, predica bene e razzola male. I soldi Bush li ha persi abbassando le tasse ai ricchi e gettando bombe, non costruendo scuole inutili e mantenendo parassiti del welfare (per chi crede che esistano, naturalmente).

La caccia al VP


Tim Kaine, secondo quanto riporta il Washington Post, è il primo della lista di Obama, ma se la lista si riduce a tre, gli altri due sono i senatori di Indiana e Delaware, Evan Bayh e l'ex candidato Joe Biden. Dopo il tour mediorientale ed europeo e soprattutto con la crisi che morde gli americani alle caviglie, l'idea di scegliere un esperto di questioni militari o un veterano - Wensley Clark, Jim Webb, etc. - è al momento tramontata. Con Kaine e Bayh si sceglierebbe la strada del change, almeno di generazione. E poi quella della geografia: entrambi vengono da Stati conquistabili, con la Virginia che pesa di più dell'Indiana (simbolicamente e per numero di grandi elettori). Il senatore Bayh è però un fedelissimo di Clinton (un punto a favore o contro?). Ecco un vecchio post di Chris Cilizza sul "perché Kaine" e un articolo dal Boston Globe sullo stesso argomento (swing state, umili origini e larea ad Harvard). Kaine è anche uno dei primi pezzi importanti democratici ad aver appoggiato Obama da subito. Volete vedere com'é Kaine? Nella foto è quello a sinistra, assieme alle altre star politiche della Virginia, il senatore Webb e l'ex governatore e probabile futuro senatore Warner (un altro di cui si era fatto il nome). Ecco il video comizio in Virginia. Nella lista ci sono ancora Hillary, l'anziano e anti proliferazione nucleare Sam Nunn, il repubblicano Chuck Hagel, che è stato con Obama in Iraq ed ha di recente attaccato indirettamente McCain proprio sulla guerra. A metà agosto, prima della convention, il probabile annuncio. McCin dovrebbe annunciare prima, ha bisogno di una notizia e di usare bene la carta del VP.

28 luglio 2008

A che punto è la corsa?

Pollster.com pubblica una cartina nella quale evidenzia lo stato geografico della corsa: secondo il sito, che è gestito da esperti e accumula dati su tutti i sondaggi, Obama sarebbe in vantaggio 282 grandi elettori a 147 (per 104 il margine di distacco dell'uno o dell'altro candidato è talmente piccolo da rimanere in ballo). Secondo questa cartina, la Florida e la Virginia sono alla pari, mentre hio e New Mexico sono democratiche. A Obama, insomma, non servirebbero né il Sud, né l'Ovest per vincere. Il sondaggio dei sondaggi nazionale prodotto dalla Cnn, regala ad Obama sei punti di vantaggio. Se così stessero davvero le cose, la battaglia sarebbe chiusa. Ma è luglio, le elezioni lontane e la campagna vera non è ancora cominciata. Ecco un pezzo sulla possibilità di Obama di raccogliere un pezzo di voto evangelico e un Robert Novak sulle possibilità di McCain di rientrare in partita. Ed uno sul senatore dell'Arizona e gli indecisi dal Wall street journal.

25 luglio 2008

Obama e l'Europa

Due obiettivi di Obama a Berlino: far vedere che potrebbe essere realtà un presidente americano che va in giro per il mondo senza ricevere sputi e insulti; continuare a fare le prove da presidente vero. Tutti fanno il paragone con Kennedy, ma Obama voleva parlare davanti alla porta di Magdeburgo come Reagan (la Merkel ha opposto resistenza: va bene l'ospitalità, ma non esageriamo, la Germania non può sostenere un candidato americano a scapito di un altro). L'ambizione di Obama è di cambiare la politica americana tanto quanto Reagan, di certo più infleunte di Kennedy nella storia del suo paese.
Due interventi di Obama entusiasti europei (anche noi, a quanto pare, vorremmo avere dei santi a cui appellarci): Sunder Katwala della Fabian Society e Thomas Bauer del CAP, un think tank di Monaco di Baviera. Gli esperti europei di cose americane fremono, ma dal discorso di Obama a Berlino si evince quanto attentamente gli europei dovranno valutare le richieste americane di maggiore coinvolgimento negli scenari di guerra. Da questo punto di vista Obama è un arma a doppio taglio: un pò aria fresca, un pò cavallo di Troia. Con realismo, un articolo del Guardian che ci ricorda come l'entusiasmo per Obama in Europa non sposti di un millimetro i problemi che riguardano la pace e la guerra in Medio oriente.

24 luglio 2008

Il mazzo di McCain: i VP del senatore

Bbc news, il miglior sito sobrio di notizie al mondo, ci fornisce un elenco dei possibili candidati alla vicepresidenza nel ticket repubblicano. C'è il governatore della Loisuana Jindal, indiano, in modo di portare un po' di colore, diversità, novità anche nelle casse ideali dell'esangue partito repubblicano (nella foto una maglietta con un Jindal Che con il simbolo della louisiana sul basco e uno slogan che richiama Ron Paul). C'è il miliardario mormone Romney (establishement e soldi, forse in pole position), passando per il senatore Lieberman, già democratico oggi indipendente e grande sostenitore, amico di McCain. Nei giorni scorsi si è anche gossippato su Rudy Giuliani. Assieme, con tutto il rispetto per entrambi, McCain e Giuliani sembrerebbero un po' Walther Matthau e Jack Lemmon, mattatori, certo, ma attempatelli. Se invece il vice fosse Lieberman e, si vocifera anche questo, il vice di Obama Chucl Hagel, senatore repubblicano, avremmo il paradosso dei VP incrociati. Bbc, comunque, non si sbilancia, non regala rumours o altro. Del resto, si dice informazione “british". A Londra, dopo gli attentati del 7 luglio 2005, con decine di scomparsi, Scotland Yard per ore forniva un bollettino dove gli unici numeri erano quelli dei cadaveri recuperati e riconosciuti.

23 luglio 2008

Cinque seggi democratici a rischio

Trovare posti rischio in un voto che si preannuncia come una valanga democratica (confermando il dato del 2006) sembra difficile. Ecco un'analisi di Politico su cinque seggi che i democratici potrebbero perdere.

22 luglio 2008

Iraq, la risposta di McCain e la mezza censura del New York Times

A questo blog piace un candidato, non serve essere esperti per capirlo. Ma cerchiamo di dare tutte le notizie che possiamo. Ecco il link a un breve filmato prodotto dalla campagna di John McCain sulle posizioni di Obama sulla guerra in Iraq. Il candidato repubblicano accusa anche il suo rivale di aver riferito troppi particolari dell'incontro con il premier iracheno al Maliki. “Abbiamo già un presidente" spiega la campagna di McCain, e con questo racconto, Obama dimostra di essere inesperto, di non rispettare le gerarchie. Ecco la risposta al viaggio di Obama, dal New York Times. E a proposito del quotidiano della Grande mela, la notizia è che la direzione ha cestinato un editoriale del senatore dell'Arizona sull'Iraq in risposta allo stesso pubblicato sullo stesso giornale da Obama. “Non c'è niente di nuovo, non ci sono proposte chiare" è l'argomentazione. L'articolo di Obama, invece, anticipava il piano presentato il giorno dopo la pubblicazione sul Times. Ovvero regalava uno scoop al giornale, che in cambio, concedeva la tribuna. In passato McCain ha scritto molte volte sul quotidiano - e del resto la stampa Usa ospita tutti negli spazi per le opinioni, tra gli editorialisti di punta del Times ce ne sono diversi smaccatamente antipatizzanti nei confronti del senatore dell'Illinois. McCain, insomma, non è vittima della censura, ma della scarsa capacità di programmare le sue uscite con criteri da campagna elettorale.

21 luglio 2008

Obama, al Maliki e il ritiro dall'Iraq


Il premier iracheno e il candidato democratico giocano di sponda. Si era capito nei giorni scorsi, quando il governo di Baghdad aveva prima fatto saltare il tavolo sullo status delle truppe Usa nel Paese e poi siglato un accordo con Bush che prevede di stabilire una cornice temporale per il ritiro. Ieri Maliki ha rilasciato un'intervista a Der Spiegel nella quale appoggia il piano di Obama, senza appoggiare il candidato. Poi ha smentito su pressione dell'ambasciata Usa, ma come sempre in questi casi, la prima parola è quella che conta: il settimanale tedesco ha il nastro e la citazione è corretta (ecco la cronaca del New York Times e un commento-reportage da Baghdad di The Nation). Come spiega l'Associated press, con la sponda ad Obama, Maliki può alzare la posta con Bush e avere delle carte da giocare nel caso di una vittoria democratica alle presidenziali. Per fare il premier iracheno bisogna essere politici scaltri e Maliki è scaltro e duro. Di certo, la gaffe di McCain sul confine “Pachistano-iracheno" (confine che non c'è e che fa il doppio con la Cecoslovacchia, Paese del passato"), assieme alla presidenzialità del viaggio di Obama, hanno dato al democratico una patente internazionale coi fiocchi. Per essere uno bollato - Da Hillary prima, da McCain poi - privo di esperienza, ha saputo giocare bene le sue carte. Questo non vuol dire che saprà anche uscire bene dall'Iraq o sconfiggere al Qaeda smettendo di uccidere civili, come sta capitando con sempre maggior frequenza in Afghanistan. Ma per fare il presidente prima bisogna vincere le elezioni. E a fare quello Obama sembra molto bravo.

20 luglio 2008

Ciao Ivan

Ieri, non capiamo ancora perché, è morto Ivan Bonfanti. Mio collega e amico, mio capo a Liberazione. Non aveva quarant'anni, aveva visto le pallottole fischiare nei Territori palestinesi e visitato l'Afghanistan in guerra. Era rabbioso per le carenze del nostro mestiere, sempre pronto a discutere e invitarti a bere sulla sua terrazza di San Lorenzo a Roma e aveva una risata contagiosa. Era di quelli che, in un mestiere che in Italia si fa in maniera mediocre e servile, pensava che per farlo bisognasse cercare, leggere, parlare, respirare gli odori dei posti, capire. Era lui che aveva trovato uno dei titoli più brillanti (e ripresi) della storia recente, quello sul "Pastore tedesco" nel giorno dell'elezione di papa Ratzinger, passato a il Manifesto perché non consone ai titoli di Liberazione. Quando abbiamo cominciato questo blog ci siamo detti di non renderlo mai personale, non raccontare i fatti nostri. Ma per un amico che ci lascia più soli a fare il nostro lavoro, per uno capace di suggerire delle idee e di dire che il tuo articolo fa schifo, facciamo un'eccezione. Ciao amico Ivan

18 luglio 2008

Glossario della crisi economica/4. Fannie and Freddie

Se ancora avete dubbi su chi sono Fannie and Freddie, perché sono tanto importanti e volete tenere a mente cosa fanno, il post di approfondimento di Matteo Dian. Tanto per tenere a mente la gravità della situazione.

17 luglio 2008

Le barzellette di McCain e il vice di Obama

Politico dedica un ampio pezzo all'umorismo del candidato repubblicano. Le sue battute sono poco presidenziali e potrebbero risultare indigeste a una parte dell'elettorato (“La sapete l'ultima sul waterboarding"). Washington Post approfondisce sulla ricerca del vice per i democratici. C'è una commissione al lavoro di cui fa parte anche Caroline Kennedy. Esperto o giovane e fresco? Senz'altro non esperto di politica estera e militare. Almeno così sembra aver capito il Post. Il senatore Bayh dell'Indiana (gran sostenitore di Hillary) e Joe Biden, sono gli ultimi nomi forti. Sam Nunn è in stand-by. Poi una serie di governatori di Stati importanti (Kansas, Montana e soprattutto Virginia).

Cinquantadue milioni a giugno per Obama (e nuovi sondaggi positivi)

Lo scorso mese era stato il peggiore per il senatore democratico. Meno soldi e qualche sondaggio che dava McCain in forte recupero. Il ritiro di Hillary Clinton non è bastato, si diceva. A giugno le cose sono tornate a girare bene. Nonostante qualche cambio di posizione su diversi temi, Obama, per ora tiene. A giugno, è la notizia contenuta in una nota di David Plouffe, nelle casse del senatore sono entrati 52 milioni. Ecco l'analisi sul fundraising di Chris Cilizza. Anche nei sondaggi Obama ha di nuovo distaccato McCain, ecco una scheda con gli ultimi rilevamenti a livello nazionale. Valgono quel che valgono, essendo, appunto, nazionali e a tanti mesi di distanza. Ma il gioco dei sondaggi è questo e ci giochiamo anche noi. Ecco invece una ricerca del New York Times sulle relazioni tra razze. Segnala che Obama fa fatica a chiudere il racial divide. I neri lo sentono, i bianchi fanno finta di non vederlo (c'è anche chi non lo sente perché vive in aree del Paese dove gli afroamericani sono una rarità).

16 luglio 2008

Iran: una deriva pragmatica per l'amministrazione Bush?

Notizia di rilievo: il sottosegretario di stato William Burns incontrerà il negoziatore iraniano sul nucleare, Saeed Jalili, a Ginevra. Accadrà nel corso di un incontro tra Unione europea e Iran, previsto a seguito dell'incontro di giugno dei 5+1 (il Consiglio di sicurezza dell'Onu più la Germania) con Teheran. Questo incontro sarà una tappa importante del negoziato con l'Iran, e soprattutto sarà il più importante incontro diplomatico tra Stati uniti e Iran dal 1979. Se avete un pò di tempo, potete scaricarvi dal sito del Senato il testo dell'audizione di Burns sul problema iraniano. Un testo conciliante, che spiega con quale spirito l'amministrazione andrà a Ginevra.

Ancora Obama sull'Iraq: "a major speech on national security and the war in Iraq"

Il video (38 minuti ca.), e qui il testo integrale del discorso. Sarà il testo di riferimento con il quale si leggerà la politica estera di Obama. Ancora l'enfasi sulla chiusura di un fronte (quello iracheno) per concentrarsi su Afghanistan e Pakistan. Tra poco Obama sarà in Europa: attenzione, il richiamo all'Afghanistan ci chiama in causa ed è da prendere sul serio. Tra qualche mese, se Obama diventasse presidente, bisognerà discuterne con la sua nuova amministrazione.

Panico bancario, e la gente si mette in fila

Cominciano le code davanti alle banche. La polizia di Los Angeles staziona di fronte a due filiali della IndyMac Bank, dove si sono formate file di clienti che intendono chiudere il proprio conto e ritirare il denaro, il tutto a causa delle difficoltà finanziarie della banca. La cronaca dal Los Angeles Times.

14 luglio 2008

Quattro notizie importanti: petrolio, crisi, birra e satira

Giornata ricca di eventi importanti quella di oggi, li sintetizziamo per mancanza di tempo.
1. La prima notizia, l'unica vera, pesante, è quella che vede il governo statunitense intervenire pesantemente in aiuto di Fanni Mae e Freddie Mac, le due compagnie di mutui ipotecari che garantiscono assieme la grande maggioranza dei mutui degli americani. Nei giorni scorsi sono crollate in borsa e le notizie sul loro stato hanno spinto Paulson a metterci miliardi di dollari. La faccenda è molto complicata - ad esempio: il crollo dei titoli è dovuto proprio all'intervento pubblico, non alle voci sul cattivo stato delle compagnie. Di certo è che nessuno, nemmeno voi che leggete, si può permettere un crollo dei due colossi, la crisi economica globale che non accenna a lasciarci, troverebbe un nuovo moltiplicatore. E di certo c'è che Fannie&Freddie sono ben capitalizzate e dovrebbero sopravvivere (ecco Krugman dal NYT). Da ultimo c'è da registrare il fatto che lo Stato americano interviene pesantemente in economia, un segnale di più che il libero mercato non esiste e un interessante indicatore del passaggio di fase dal punto di vista della teoria economica imperante: il governo come grande prestatore di soldi, si chiede Peter Goodman. La Fed ha anche approvato nuove regole per i mutui. Addio subprime?
2. Sempre parlando di economia, la belga Stella Artois ha comprato la birra Usa per eccellenza Budweiser, un altro duro colpo all'immaginario dell'americano medio.
3. Venendo al petrolio, il presidente Bush autorizzerà la ripresa delle trivellazioni al largo della costa americana. Si tratta di una decisione simbolica, c'è un legge federale che le impedisce (si sommava a un bando presidenziale, tolto da Bush). La notizia è politica: McCain e Obama hanno una visione diversa di cosa fare in materia energetica, McCain vuole trivellare, Obama pensa a risparmio energetico e energie rinnovabili. Bush così interviene a favore di McCain.
4. Il New Yorker pubblica una copertina nella quale i coniugi Obama vengono ritratti come un islamista e una qualche Black Panther che si salutano con un pugno mentre nel caminetto brucia la bandiera a stelle&striscie. La campagna di Obama è furiosa. Attenzione, si tratta di satira sui denigratori del senatore, ma satira di tipo newyorchese, liberal e colta. L'articolo di Chris Lizza spiega: l'errore su Obama è che lo si pensa come un rivoluzionario. La paura della campagna del candidato, forse un po' eccessiva, degli obamas è che la vignetta venga usata dalla destra e da Fox come se fosse un quadro veritiero. Su Huffington Post la copertina, le notizie e un'intervista al direttore del New Yorker David Remnick.

Obama e l'Iraq, l'ultima parola

Il New York Times aveva attaccato pochi giorni fa Obama per le sue giravolte politiche: sull'Iraq il senatore rispondee oggi sullo stesso giornale. Dopo l'intervista di Zakaria (vedi il post più sotto) appare evidente che per Obama è partita la campagna del chiarimento. Qui la conclusione dell'articolo:

In this campaign, there are honest differences over Iraq, and we should discuss them with the thoroughness they deserve. Unlike Senator McCain, I would make it absolutely clear that we seek no presence in Iraq similar to our permanent bases in South Korea, and would redeploy our troops out of Iraq and focus on the broader security challenges that we face. But for far too long, those responsible for the greatest strategic blunder in the recent history of American foreign policy have ignored useful debate in favor of making false charges about flip-flops and surrender.

It’s not going to work this time. It’s time to end this war.

Editoriali che preoccupano

Da questo editoriale del Washington Post, preoccupante volontà di affermare che con l'Iran non si discute attraverso la diplomazia: leggete bene il finale.

Zakaria e Obama: una lunga intervista sulla politica estera

Un'intervista utile sulle proposta di politica estera del candidato democratico (la trascrizione è riportata da Politico). E' di Fareed Zakaria, all'interno del suo programma "Gps" (in onda la domenica all'una su Cnn). Si capisce che:

- il ritorno a un certo pragmatismo che apparteneva all'establishment della politica estera di Washington è inevitabile, su molte cose si navigherà a vista;

- il Darfur a un certo punto sarà per forza in agenda;

- le alleanze potrebbero essere a geometria variabile anche con Obama (ormai è una dato strutturale della politica estera Usa);

- per fortuna l'idea della "Lega delle democrazie" di McCain e anche di alcuni democratici dell'entourage di Obama non fa parte del vocabolario del candidato democratico;

- con la Russia è conciliante, al contrario di McCain;

- Obama crede che terrorismo e crisi politiche si combattono sul piano economico, attraverso la diffusione del benessere (sembra una banalità a dirsi, non lo è a Washington);

- sul conflitto Israele - Palestina è ambiguo e non vuole scottarsi;

- sull'Iraq parla un linguaggio sempre più sfumato, e del ritiro completo delle truppe non parlerà mai più (qui dice di mantenere una "forza residuale");

- è contrario allo spappolamento dell'Iraq in tre stati e vuole che i proventi del petrolio vengano ripartiti tra tutte le regioni dal governo centrale iracheno.

Dell'Iran quasi non si è parlato, pur essendo così centrale questi giorni. Nell'inizio dell'intervista la parte autobiografica. Poteva essere l'intervista a qualsiasi candidato democratico di buon senso; il format della trasmissione di Zakaria non permette di andare molto in profondità. Molto dipenderà da quale crisi si avrà in gennaio all'insediarsi del nuovo presidente: l'agenda potrebbe essere fatta da altri.

13 luglio 2008

Se la piccola Havana sceglie i democratici

Ecco un lungo reportage da Miami uscito oggi sul Magazine del NYT. Si avanza l'ipotesi che la nuova generazione di cubani, meno ideologica e anticastrista, potrebbe cambiare partito. All'inizio delle primarie Obama propose di allentare l'embargo, consentire i viaggi e l'invio di beni e regali ai parenti.

La sinistra, le intercettazioni e il flip-flop di Obama

Il senatore democratico e candidato del cambiamento aveva promesso di fare ostruzionismo in senato contro una misura che espande la possibilità di sorvegliare le conversazioni elettroniche. Poi ha cambiato idea e prendendo le distanze dalla maggioranza dei suoi, ha scelto di votare a favore. Una scelta sbagliata su un tema delicato. Forse Obama aveva paura di essere attaccato per non essere abbastanza antiterrorista? Forse, ma ha sbagliato comunque. The Nation e l'Aclu hanno deciso di citare in giudizio l'amministrazione Bush per l'incostituzionalità della misura (Fisa si chiama la legge). Ma come hanno reagito bloggers e giovani obamaentusiasti alla scelta? In maniera diversa, spiega il New York Times, dividendosi tra indignati e realisti.

12 luglio 2008

Reggae per Obama (e Jesse Jackson che dice?)

Ecco il video pro Obama di Cocoa Tea, popolare cantante reggae. La rabbia di Jesse Jackson (“Voglio tagliare le palle a Obama") si spiega più con il dispiacere per aver perso lo scettro di primo politico nero del Paese che non con il dissidio sulle singole questioni riguardanti gli afroamericani o la svolta moderata di Barack dopo la nomination (che pure c'è e nel caso del mancato voto sulle intercettazioni è più che sbagliata). Questo video (o quello di Mighty Sparrow, rivolto agli americani africani o molti altri ancora) racconta di una popolazione nera d'America che guarda alla candidatura di Obama come a un momento di svolta storico. Spike Lee ieri ha detto parleremo della storia americana usando il prima e dopo Obama.

10 luglio 2008

I missili di Teheran e le dichiarazioni di McCain

McCain commenta il test missilistico iraniano, con il quale Teheran vuole dimostrare di poter colpire Israele. Leggete bene:

ARLINGTON, VA -- U.S. Senator John McCain issued the following statement on Iran's missile tests today:

"Iran's most recent missile tests demonstrate again the dangers it poses to its neighbors and to the wider region, especially Israel. Ballistic missile testing coupled with Iran's continued refusal to cease its nuclear activities should unite the international community in efforts to counter Iran's dangerous ambitions. Iran's missile tests also demonstrate the need for effective missile defense now and in the future, and this includes missile defense in Europe as is planned with the Czech Republic and Poland. Working with our European and regional allies is the best way to meet the threat posed by Iran, not unilateral concessions that undermine multilateral diplomacy."


Avete capito? Proteggere l'Europa dai missili a lunga gittata con i sistemi di difesa da piazzare in Polonia e Repubblica Ceca. Dritto al cuore del problema di ieri: insomma, se vi fa male un piede prendete le gocce per il naso.

L'importante è fare deficit tagliando le tasse

Questa settimana McCain ha scelto di lanciare il suo messaggio sull'economia, il tema del quale capisce di meno. E' la settimana nella quale l'America doveva comprendere cosa McCain propone. Su questo punto lo slogan "McCain-McSame" non fa una piega: deficit oltre i 440 miliardi di dollari nel il 2013 se i tagli alle tasse i Bush si faranno permanenti come dice McCain. E' il mondo delle favole della supply-side economy, dove si dà ai ricchi: e basta. Aiutatevi per capire quello che sta accadendo nell'economia americana seguendo Robert Reich, che commenta le esilaranti proposte di McCain in termini di economia.

8 luglio 2008

Il Santo di Denver nella notte del sogno di Martin Luther King

Obama continua nell'opera di evangelizzazione delle sue masse. In modo irrituale, ricordando però il JFK del Memorial Coliseum di Los Angeles, Obama ha chiesto alla sua gente di incontrarsi nello stadio dei Denver Broncos l'ultima notte della Convention democratica, dove riceverà il vero bagno di folla attraverso il quale sarà investito del compito di rovesciare il dominio repubblicano. Saranno presenti 75 mila persone, tre volte quelle della sede ufficiale del raduno democratico. Una notte che sancirà il rapporto diretto tra il capo e la sua gente, lo stesso giorno - il 28 agosto - nel quale Martin Luther King disse all'America "I have a dream". Esattamente 45 anni dopo parlerà alla nazione il primo candidato nero alle elezioni presidenziali degli Stati uniti. Qui di seguito l'e-mail attraverso la quale lo staff di Obama invita i suoi sostenitori a partecipare a questo evento storico. L'inizio è molto confidenziale, la fine prospetta persino una sera a tu per tu con Obama nel backstage della Convention. Per noi europei un po' cinici è anche troppo: nessuno di noi è mai stato una groupie. Però sarà un grande evento.

Mattia --

I wanted you to be the first to hear the news.

At the Democratic National Convention next month, we're going to kick off the general election with an event that opens up the political process the same way we've opened it up throughout this campaign.

Barack has made it clear that this is your convention, not his.

On Thursday, August 28th, he's scheduled to formally accept the Democratic nomination in a speech at the convention hall in front of the assembled delegates.

Instead, Barack will leave the convention hall and join more than 75,000 people for a huge, free, open-air event where he will deliver his acceptance speech to the American people.

It's going to be an amazing event, and Barack would like you to join him. Free tickets will become available as the date approaches, but we've reserved a special place for a few of the people who brought us this far and who continue to drive this campaign.

If you make a donation of $5 or more between now and midnight on July 31st, you could be one of 10 supporters chosen to fly to Denver and spend two days and nights at the convention, meet Barack backstage, and watch his acceptance speech in person. Each of the ten supporters who are selected will be able to bring one guest to join them.

We'll follow up with more details on this and other convention activities as we get closer, but please take a moment and pass this note to someone you know who might like to be there.

It will be an event you'll never forget.

Thank you,

David

David Plouffe
Campaign Manager
Obama for America

5 luglio 2008

L'indipendenza verde di Barack Obama

Ieri, giorno dell'indipendenza negli USA, Barack Obama è stato in Montana, uno stato dell'Ovest dove Bush e i repubblicani sono andati forte. Ecco un passaggio del suo discorso:
"Dichiareremo l'indipendenza dagli interessi particolari, dalle compagnie petrolifere e del gas che ci stanno impedendo di creare quella politica energetica che salverà l'ambiente? Ci libereremo dalla dipendenza dal petrolio straniero investendo sul solare, sull'eolico e sul biodiesel? Questa è l'indipendenza che dobbiamo dichiarare oggi".
Vale la pena di dare un'occhiata al "piano verde" del candidato democratico. Ne sentiremo parlare ancora.

4 luglio 2008

Troppo presto per le delusioni

Il New York Times ci va giù duro nel suo editoriale contro Barack Obama, a cominciare dal titolo: "nuovo ma non migliorato". Gli si rimproverano tutti i suoi "tradimenti" degli ultimi giorni: sulle pistole, sulla pena di morte, sulle intercettazioni, sui fondi pubblici per la campagna elettorale e da ultimo quello sul ritiro dall'Iraq. Su quest'ultimo tema almeno questo giornale non può certo rimproverare gli altri: nei primi tempi dell'invasione ne era piuttosto entusiasta. Oggi la situazione sembra essere cambiata sul terreno, come ci spiega l'Herald Tribune, e un conto era andarsene da una situazione allo sfascio, un conto lo è ora in un quadro che apparentemente (ma solo apparentemente) migliora grazie all'intervento americano. Il neoconservatore Charles Krauthammer ha gioco fin troppo facile nel chiedersi cosa pensi davvero Barack Obama e chi sia veramente: se il candidato di rottura che abbiamo visto nelle primarie o il più centrista candidato alle presidenziali di questi giorni. E' una tesi vecchia però quella che si è più radicali nelle primarie e più moderati nelle presidenziali. Forse c'è anche qualcos'altro: la "Right Nation" è moribonda e si possono contrastare le sue politiche, ma ci sono alcune cose (la pena di morte, le pistole, l'eccezionalismo in politica estera) che hanno radici più profonde. E che non ci si può aspettare che cambino così presto.

La politica estera dopo le primarie

In un lungo ma fondamentale articolo di Robert Dreyfuss, The Nation ci fa un chiaro quadro di quali sono le maggiori idee sulla politica estera di Barack Obama ora che, finite le primarie, si comincia a fare sul serio. La tesi fondamentale è che, accanto alla retorica del cambiamento, ci sarà la pratica politica della continuità e del pragmatismo. Dreyfuss trae queste conclusioni da una serie di interviste con i maggiori consiglieri di politica estera di Obama. Le spese militari non caleranno: anzi. La diffusione della democrazia non cesserà di essere un obiettivo della politica estera americana: tutt'altro, semplicemente però lo si farà integrando forze militari e civili e scegliendo gli "stati falliti" come terreno di intervento. Una fascia che va dal Sahel all'Afghanistan passando per il Sudan, il Kenya e lo Yemen.
Contro l'Iran, l'opzione militare sarà sempre sul tavolo nel momento in cui si deciderà di negoziare direttamente. Israele riceverà parecchi aiuti ma allo stesso tempo sarà portata seriamente nel processo di pace attraverso strumenti di pressione più rigorosi. La gara è appena iniziata, su questo fronte ne vedremo delle belle: Obama gestirà la rottura con l'approccio di Bush e al tempo stesso manterrà alcuni elementi di continuità con la politica estera americana di sempre. Comunque vada, l'importante è farla finita con la politica "muscoli e poco cervello" dell'era Bush.

3 luglio 2008

Una guerra ma anche un ritiro

Ritirarsi dall'Iraq è un po' più difficile del previsto, e allora Barack Obama precisa meglio le sue promesse: gli USA se ne andranno dall'Iraq ma solo dopo una consultazione tra presidente e militari. Politico fa il confronto tra queste dichiarazioni e quelle precedenti: un cambiamento c'è stato e i repubblicani cominciano ad avere più di qualche argomento per sostenere che il senatore è ondivago (per gli americani: "flip-flopper"). A proposito di Iraq, Douglas Feith sul Wall Street Journal ci racconta come si arrivò alla decisione dell'attacco e quali altre opzioni vennero prese in considerazione. Interessante la tesi dell'inevitabilità della guerra visto il build-up negli anni di Clinton.
Nel frattempo si parla sempre con più insistenza di un attacco americano o israeliano all'Iran: Dana Milbank sul Washington Post oscilla tra la conferma di questi piani e l'idea che si stia solo facendo la voce grossa. Per i militari si tratterebbe di un "terzo fronte" dopo l'Iraq e l'Afghanistan dove già si soffre la sovraestensione. Normale che non ne siano entusiasti. George W. Bush e i suoi amichetti di Tel Aviv non si stancano di mandare segnali poco amichevoli agli invasati di Teheran, il New York Times mette tutto in fila e fa un po' paura. Ma la strategia USA potrebbe essere vecchia come il cucco: far pensare al nemico che c'è un "uomo pazzo" alla Casa Bianca disposto a distruggere tutto se non ci si dimostra più disponibili. Ma è ancora credibile quest' "uomo pazzo" qui?

Le e-mail di Obama

Ne arriva uno al giorno, il mittente che appare è "Barack Obama" ma si sospetta che non sia lui personalmente a spedirle. Solo che adesso siamo in Virginia, quindi arrivano anche quelle dai direttori locali della campagna elettorale. Qui di seguito un esempio di una delle tante e-mail. Ovviamente potete iscrivervi anche voi alla newsletter dei candidati. Intanto guardate questa, giusto per farvi un'idea.


Mattia

My name is Mitch Stewart, and I'm the State Director for the Obama campaign in Virginia.

I want to thank you for everything you've done so far to build our movement. Supporters like you answered the call for change in all 50 states and helped secure the Democratic nomination for Barack Obama.

Virginia will play a crucial role in our general election strategy. We have a great opportunity to succeed here, so we're rapidly gearing up for the months ahead.

But only you can make this happen.

This Independence Day weekend, Obama supporters are coming together to help bring even more people into our political process by attending voter registration drives, walking in parades, and reaching out to folks in our communities.

Sign up to attend a July 4th weekend Vote for Change event in your community:

http://va.barackobama.com/VAjuly4th


The election will be here before we know it, and we cannot afford to wait to get started.

In fact, our work on the ground is already underway. Right now, Obama supporters are gathering weekly to help in voter registration events across the state.

And in the coming weeks, volunteers across Virginia will make important contact with friends, family, and neighbors to spread the word about this campaign.

Our campaign has proven the power of grassroots organizing. Now it's up to you to continue building this movement.

Attend a July 4th weekend Vote for Change event near you:

http://va.barackobama.com/VAjuly4th

I look forward to working alongside you in the weeks to come.

Thanks,

Mitch

Mitch Stewart
Virginia State Director
Obama for America

P.S. -- Can't make it to a Vote for Change event this Independence Day? There will be plenty of opportunities to get involved as the campaign grows. Sign up now and learn how you can make a difference in Virginia:

http://va.barackobama.com/VAvolunteer

2 luglio 2008

Obama non va a Sud

Ancora sulle mappe elettorali. Ieri il New York Times ha pubblicato un intervento di di Thomas Schaller, autore del volume “Whistling Past Dixie: How Democrats Can Win Without the South”. Schaller contesta uno dei miti di questa campagna elettorale: secondo lui la mobilitazione democratica nel Sud non permetterà comunque di vincere in stati quali la Georgia, il Mississippi o la North Carolina. Nell'articolo, molto interessante, trovate i numeri e le argomentazioni a supporto della sua tesi (un esempio: non è vero che a Sud i neri votano meno dei bianchi e non è vero che si possono rovesciare i risultati elettorali del 2004 portandoli in massa ai seggi).

Discorso a parte per la Virginia, dove Obama potrebbe effettivamente vincere: lo stato del generale Lee non è più Sud per motivi socio demografici chiari, che riguardano l'espansione urbanistica ed economica del nord dello stato, divenuto ormai un polo di sviluppo dell'economia dei servizi che ruota attorno a Washington DC.

La razza e gli strangolamenti in carcere

La notizia è già stata ripresa in Italia. Un diciannovenne nero di nome Ronnie White è stato strangolato in cella 36 ore dopo il suo arresto nella contea di Prince George (Maryland), a due passi da Washington. White era accusato di aver ucciso un poliziotto bianco, Richard Findley. E' evidente che si tratti di una vendetta, poiché White si trovava in isolamento. Il dibattito malato a proposito della razza che contraddistingue gli Stati uniti ha trasformato questa vicenda in una farsa grottesca. Il problema non riguarda l'assurdità del fatto in sè (poter essere uccisi in carcere per mano di un funzionario pubblico), ma se si tratti o meno di una questione che comporta implicazioni razziali. Il columnist Courtland Milloy (un giornalista di colore che scrive per il Post) ci tiene a precisare quali siano le colpe dei leader neri della Contea nella gestione di questa vicenda (Prince George è a netta maggioranza afro-americana: neri sono gli amministratori pubblici e la maggior parte dei poliziotti). Non si parla però della vera notizia: si può essere strangolati in carcere.

1 luglio 2008

Perché Hillary ha perso. La guerra interna a Hillaryland

Ecco un lunghissimo reportage sugli scontri interni alla campagna di Hillary Clinton e sul perché è andata così male. Da Vanity Fair.

Se Obama si sposta al centro, McCain dove va?

Politico racconta due storie che spiegano un po' dei sommovimenti di questi giorni. La svolta di McCain sulla ricerca del petrolio nel Golfo del Messico e in Alaska, mette il candidato in sintonia con il suo partito sul tema ambiente, questione sulla quale il maverick ha un curriculum migliore della media dei suoi colleghi repubblicani. Del resto, se sono vere le voci secondo le quali, in testa alla attuale lista dei Vice presidenti ci sarebbe Mitt Romney, la svolta di McCain sarebbe completa. Sia a destra che in direzione dei poteri che dominano Washington. Il terrore di Obama di farsi etichettare come liberal viene forse dall'idea che dopo agosto la sua storia personale verrà sottoposta a bordate di ogni tipo da parte delle varie lobby repubblicane (dai pro life, ai difensori della pena di morte, passando per la lobby delle armi). L'Nra, la più potente, ricca e ramificata lobby conservatrice prevede di spendere 40 milioni di dollari per spiegare che Obama è una minaccia per il diritto alla pistola sotto il cuscino. Probabilmente per vincere in alcuni Stati, Obama ha bisogno dei famosi voti dei Reagan democrats. Deve stare attento a non perdere quelli dei liberal (o dei giovani disillusi da una svolta che rischia di farlo apparire molto meno come l'uomo del cambiamento.